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Cava de’ Tirreni (I), Brema (D). È sempre verde il messaggio d’amore di Mamma Lucia, la Madre dei Caduti.

Il prestigioso giornale tedesco “Die Welt” le ha dedicato un’intera pagina.


Sono passati settant’anni, ma è più vivo che mai il grande segno d’Amore, di Pace e di cristiana Maternità Universale lanciato dalla nostra Mamma Lucia, al secolo Lucia Pisapia, la popolana di Cava de’ Tirreni che dopo la Seconda Guerra Mondiale recuperò sui luoghi dello Sbarco i corpi di centinaia di caduti tedeschi (nemici, ma “figli di mamma”) e li fece pervenire alle famiglie. Fu un fecondo segno di Pietà, un gesto forte di rottura in tempi di odio e di rancori, che le valse qualche anno dopo anche un’onorificenza da parte del Presidente della Repubblica Tedesca Theodor Heuss e che, con una certa forzatura rispetto alle intenzioni preminentemente umanitarie ed “evangeliche”di Mamma Lucia, da alcuni fu considerato in Germania un segno del “perdono” da parte degli Italiani per le nefandezze subite nei terribili anni del conflitto.

Tutto questo è stato ricordato poche settimane fa, con un articolo illustrato e a tutta pagina, dal prestigioso periodico tedesco Die Welt, firmato dal prestigioso prof. Dieter Richter, già docente universitario ed esperto di storia e di lingua italiana. Nel titolo e nel sottotitolo vengono ricordati, oltre all’origine cavese (una cittadina nei pressi di Napoli…), il contatto che lei ebbe in sogno con le anime dei soldati defunti (Le anime… la chiamarono), l’azione di scavo e recupero da lei svolta, la sua frase sui figli di mamma (li considerava tutti figli suoi). Quindi, è ancora e sempre per i tedeschi il tempo della gratitudine. Tra le foto, proprio l’incontro, emozionantissimo, col Presidente Heuss.

Nel corso dell’articolo, dopo aver rievocato la storia e l’incidenza dello Sbarco degli Alleati, avvenuto a Salerno nel settembre 1943, proprio di fronte alle colline della Valle di Cava, il prof. Richter, per rimarcare l’incidenza morale della sua lezione di Pace e solidarietà, cita l’istituzione nel 2008 del Premio Mamma Lucia alle Donne Coraggio, che ha visto tra le premiate anche figure di rilievo internazionale, testimoni attive di Pace e Solidarietà e, nell’ambito della Sezione dedicata a Carmela Matonti, compagna di Mamma Lucia delle prime escursioni di scavo, operatrici di Pace nel mondo dei media.

Solo per fare un esempio, nella prima edizione il riconoscimento fu dato, insieme, a una israeliana e ad una palestinese-libanese, che nei loro territori al confine erano impegnate a tutto campo per la creazione di una cultura di Pace. L’articolo cita al riguardo l’ultima edizione, in cui Donne Coraggio sono state proclamate le Madri della Terra dei Fuochi, impegnate contro la criminale contaminazione del terreno con rifiuti tossici, e una nigeriana salvata dalla schiavitù per l’opera “angelica” della casertana “Casa Rut” fondata da Suor Rita Giaretta. Nella sua ampia disamina, il prof. Richter apre un varco perfino sulla “nobile provocazione” del Sindaco di allora Marco Galdi, che, in tempi di rifiuto generalizzato della salma del criminale nazista Priebke, uno dei boia delle Fosse Ardeatine, propose di mettere a disposizione la nostra Città, proprio perché è “La città di Mamma Lucia”. Insomma Mamma Lucia è proprio entrata in pieno a Cava nel Volkgeist, nello spirito del suo popolo.

Il prof. Richter è stato recentemente a Cava (è amico da anni della nostra Città…) ed ha avuto, nel bel giardino dell’Hotel Victoria, un incontro affettuoso, profondo e stimolante con alcuni esponenti del Comitato Figli di Mamma Lucia (Lucia Avigliano, Annamaria Apicella e il sottoscritto scrivente- vedi foto), che, con il sostegno esterno dell’Amministrazione guidata dal Sindaco Vincenzo Servalli, si occupa del nascente museo dedicato alla carissima figura della Madre dei caduti. Un’operazione, questa, a suo tempo lanciata proprio dal già citato Sindaco Marco Galdi.

Dopo aver conversato e “scavato” sulla storia dello Sbarco e con tutta la calda umanità della sua lucida sapienza, Richter ha promesso che seguirà gli sviluppi dei lavori con la più grande attenzione e proseguirà nella sua opera di divulgazione e di ponte tra i due popoli.

Ci speriamo e ci contiamo. Il ricordo di Mamma Lucia è una luce da tenere sempre accesa, per vedere meglio il Cammino dell’Amore…

“Le vite di Villa Galise” il 30 luglio alla Basilica dell’Olmo

Il volume presenta un dipinto inedito di Matteo Apicella … e tante aperture nel verde.


In un suggestivo connubio tra Arte, Storia e Società, giovedì 30 luglio 2020 a Cava de’ Tirreni saranno al centro dell’attenzione un dipinto inedito del prestigioso pittore metelliano Matteo Apicella, l’evocazione della storica dimora di Villa Galise, la proposta di nuovi itinerari turistico-culturali.

Alle ore 18,30, tra le suggestioni del chiostro cinquecentesco della Basilica di Maria Santissima dell’Olmo, sita al termine di Corso Umberto I di Cava de’ Tirreni, su iniziativa del Comune di Cava e con il patrocinio dell’Associazione Giornalisti di Cava de’ Tirreni e Costa d’Amalfi “Lucio Barone”, sarà presentato il volume “Le Vite di Villa Galise – Atti e risultanze del Convegno del 17 maggio 2018”, curato da Giuseppe Apicella (figlio del pittore), Lucia Avigliano (studiosa della storia di Cava), Eugenio Canora (consigliere comunale e ideatore dell’iniziativa), Stefano Esposito e Anna Ferrara (scopritori del quadro e rispettivamente esperto d’arte e nipote della donna rappresentata nel dipinto), Gaetano Guida (autore dell’impaginazione e della grafica), Franco Bruno Vitolo, operatore culturale e editor del volume.

Interverranno, oltre agli autori, il Sindaco di Cava de’ Tirreni Vincenzo Servalli, il Vicesindaco e Assessore alla Cultura Armando Lamberti, il Rettore della Basilica di Maria SS. dell’Olmo Padre Adriano Castagna, il Presidente dell’Associazione Giornalisti “Lucio Barone” Emiliano Amato. La manifestazione sarà condotta da Franco Bruno Vitolo.

Oggetto del Convegno e del libro è la scoperta di un quadro inedito del Maestro Matteo Apicella, rappresentante una giovane che ricama. L’opera fu realizzata all’interno della storica Villa Galise in frazione Rotolo di Cava de’ Tirreni negli anni quaranta del secolo scorso e la ricamatrice si rivelò essere Ersilia Manzo, la figlia del fattore operante nella Villa. Al momento della scoperta, avvenuta a casa di sua nipote Anna Ferrara e grazie al riconoscimento operato dal prof. Stefano Esposito, Ersilia Manzo, oramai novantenne, era ancora in vita, per cui poté testimoniare e confermare di persona la genesi del quadro e partecipare al convegno, tenutosi il 17 maggio nella Sala di Rappresentanza del Comune di Cava. Purtroppo, l’anno dopo è scomparsa e all’incontro di giovedì 30 luglio sarà presente solo nei cuori e nel ricordo…

L’iniziativa sarà anche l’occasione sia per rievocare la figura artistica di Matteo Apicella, non solo poetico cantore delle suggestioni della Valle Metelliana e del Borgo, ma anche pittore il cui prestigio ha anche valicato i confini nazionale, sia per proporre una serie di itinerari apicelliani, alla scoperta e riscoperta dei luoghi e degli angoli rappresentati dal nostro “signore dei pennelli”.

Insomma, un ponte tra passato, presente e futuro, un’occasione da non perdere per aggiungere un prezioso tassello all’identità della Vallata Metelliana… e ottenere in omaggio quel colorato gioiellino della memoria che è il volume “Le vite di Villa Galise”…

CAVA DE’ TIRRENI (SA). La scomparsa di Agnello Baldi, “erede” di Della Corte e colonna di Cultura

Docente autorevole e stimato, appassionato cultore della conoscenza e della ricerca, acuto indagatore delle antiche epigrafi, saggista di livello nazionale, critico letterario di profondo respiro e certosina attenzione, storico competente delle vicende legate al nostro territorio, conferenziere dotto, eloquente e prestigioso, punto di riferimento della vita culturale cittadina e non solo, persona affabile e disponibile. Insomma, una colonna che ha dato sostegno e linfa alla vita della nostra comunità nei decenni appena trascorsi.

Per questo, pur nonostante la delicatezza e la discrezione con cui è stata annunciata la scomparsa del prof. Agnello Baldi, che è spirato nella “sua” Cava de’ Tirreni l’8 luglio scorso all’età di ottantaquattro anni, non può naturalmente essere “silenzioso” anche il ricordo della sua figura. Giusto allora ripercorrere, almeno per grandi linee, le tappe di una prestigiosa carriera “letteraria e culturale” che lo ha visto protagonista per oltre mezzo secolo.

Laureato in Lettere Classiche presso l’Università di Napoli con una tesi sull’archeologia pompeiana, fu allievo di Matteo Della Corte, pompeiani sta di livello internazionale, cavese anche lui, che lo designò nel testamento morale come continuatore dei suoi studi.

Ordinario di Italiano e Latino nei Licei, ultimo dei quali il “Marco Galdi” di Cava de’ Tirreni, dal 1987 fino al pensionamento il prof. Baldi è stato Ispettore Ordinario del Ministero della Pubblica Istruzione. E per anni ha collaborato al Dipartimento di Italianistica dell’Università di Salerno; tra i risultati prodotti, la scoperta a Malta e lo studio di una rara edizione dei sonetti italici di Enrico Poerio.

Come studioso, ha prodotto oltre duecento pubblicazioni, tra cui spiccano le sue preziose ricerche in campo archeologico, punto di riferimento per gli studiosi di tutto il mondo (soprattutto quelli di lingua tedesca, una lingua che per lui era, se non madre, almeno “sorella”): La Pompei giudaico-cristiana (1964), Iscrizioni pompeiane (1982), L’anatema e la croce (1983).

Molto alto anche il livello dei suoi lavori di critica letteraria, tra cui ricordiamo gli studi e le iniziative sull’amatissimo Dante Alighieri, da Dante nella prospettiva del Risorgimento (1961) a Nel regno del maledetto lupo (Inferno- Canto VII – 1993).

Ha collaborato a riviste specialistiche nazionali e, nella sua qualità di giornalista, ha scritto vari articoli anche sull’Osservatore Romano.

Nel 1973 ha fondato a Cava con Fernando Salsano e Padre Attilio Melloni la Lectura Dantis Metelliana, tuttora viva e vegeta, che è una delle poche “Lecturae” dantesche italiane dove, oltre a conferenze specifiche, vanno “in scena” a cicli tutti i canti della Divina Commedia. Per tutto l’arco della sua vita Baldi ha curato, diretto e seguito con amore e immutata passione questa “sua” creatura, diventata con gli anni una della stelle polari delle stagioni culturali metelliane.

Negli ultimi tempi ha partecipato al Comitato Scientifico del Premio Letterario Nazionale “Badia di Cava de’ Tirreni”, riservato agli studenti, e, ultima carica attiva, è stato tra i componenti del Comitato Scientifico del neonato Centro Studi per la Storia di Cava, oggi composto dal fior fiore degli intellettuali cavesi, diretto dal prof. Giuseppe Foscari e già in grado di segnare profondamente la vita culturale della nostra Città.

Proprio al Centro Studi, oltre che alla Lectura Dantis metelliana e naturalmente all’Amministrazione Comunale, la scomparsa del prof. Baldi lascia idealmente il testimone delle prossime commemorazioni e della memoria futura di un uomo che tanto ha dato e che merita di “vivere” nell’immaginario collettivo della nostra Città.

Parafrasando Ugo Foscolo, uno dei poeti a lui più cari, i suoi lavori e il ricordo della sua presenza attiva a egregie cose il forte animo accenderanno. E per fortuna, a Cava, crediamo proprio che i “forti animi” in questo senso non manchino. Bisogna solo stimolarli e “accenderli”…

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Dal colore con emozione: riapre San Giovanni con la Mostra dell’Accademia “Arte e Cultura”

Dove eravamo rimasti? Queste le celebri parole con le quali Enzo Tortora riprese le trasmissioni di Portobello dopo il calvario che lo aveva portato al carcere e alla gogna mediatica e dopo la successiva riabilitazione morale, civile e pensale, quando fu consacrata la sua innocenza e verificata l’ingiustizia subita.

Con queste parole, rievocate opportunamente dall’Assessore e Vicesindaco Armando Lamberti, con la conduzione del sottoscritto scrivente ed alla presenza del fondatore Michelangelo Angrisani, dell’ex Commissario dell’AST Carmine Salsano e del critico prof. Fabio Dainotti, il 27 giugno scorso è stata aperta, anzi riaperta, nel magnifico Complesso di San Giovanni lungo il Corso di Cava de’ Tirreni, la Mostra L’emozione nel segno, nella colore, nella parola, organizzata dall’Accademia Arte e Cultura di Michelangelo Angrisani.

La prima inaugurazione era avvenuta infatti il 3 marzo scorso e ha rappresentato l’ultimo incontro pubblico prima della proclamazione del lockdown e mentre era in atto l’esplosione totale della pandemia e dei cento giorni che sconvolsero il mondo. Dopo la lunga e “svangante” parentesi del lockdown e all’alba dell’Italia nuova del “(quasi) dopo-COVID”, la vita pubblica culturale ricomincia proprio sotto il segno di quella mostra. Un arco ideale tra a.C e d.C (che oggi purtroppo significano non più solo avanti Cristo e dopo Cristo ma anche avanti Covid e dopo Covid); un arco che evoca la continuità ma contiene in sé la piena coscienza della rottura.

Per tale ragione nel corso della serata in uno dei quadri della Mostra, autrice Stefania Siani, è stato identificato il simbolo di questi tempi di ombre striscianti sulla luce splendente, di pessimismo dell’intelligenza e ottimismo della volontà, di disperante ma incrollabile speranza. Non avendo il quadro ancora un nome, lo chiameremo “Brivido di Bellezza”. Un volto armonioso di donna, una testa coronata di mille colori, un collo da esposizione, ma uno sguardo che fatica a trovare la luce, obliquamente smarrito negli intimi pensieri della sua fragilità, timoroso e quasi rabbrividente nell’affacciata su un’ombra immaginaria che viene dal domani. È la Bellezza ferita di noi italiani, ma è anche la Bellezza ferita del mondo e di un’umanità che non è aliena dal ferire le grandi bellezze ma che stavolta ha dovuto subire l’assalto della Natura, principale vittima delle sue smanie. Eppure in quel quadro domina il colore e la Bellezza rimane intatta, a dare alla speranza l’ultima parola.

Potenza dell’Arte, che sa comunicare la complessità dell’indicibile.

Bellezza dell’Arte, che più di ogni altra cosa meritava di fare da arco tra questi due tempi così antiteticamente combacianti della nostra vita.

Bellezza dell’Accademia Arte e Cultura, che, guidata da un quarto di secolo da Michelangelo Angrisani, è diventata una realtà radicata non solo a Cava ma nel territorio, con le sue iniziative artistiche e letterarie e con il suo saper accomunare artisti di tutte le generazioni e dimensioni ed esaltare qualità riconosciute e coltivare talenti.

La qualità infatti è stata proprio lo stigma di questa mostra, alla quale hanno partecipato una ventina di artisti provenienti dalla regione e dalla nazione ma anche dall’estero (Israele, Spagna, Algeria). Era la prima volta per Arte e Cultura a San Giovanni, dopo varie esperienze a Santa Maria al Rifugio e al Comune. Una consacrazione buona e giusta, che ha ricevuto anche un ulteriore avallo col prolungamento dei tempi dell’esposizione, la quale si chiuderà non domenica 5 ma domenica 12 e si sta arricchendo anche di eventi interni, come la presentazione del libro di Paola La Valle “Una donna a foglietti”.

Vale come un riconoscimento e un applauso, non solo per il fondatore Angrisani ma anche per tutti i partecipanti, che ci piace accomunare in un unico, avvolgente abbraccio, indicando qui in basso i nomi di ognuno degli artisti espositori. Buona continuazione a voi, cari artisti… e che la rinascita post Covid sia anch’essa un’opera d’arte, per tutti noi…

Michelangelo Angrisani, Manuela Borrelli, Maria Teresa Kindjarsky, Giuseppe Di Mauro, Pasquale Esposito, Stefania Siani, Antonietta Ciancone, Giuseppe Citro, Davide Pollina, Daniela Cannella (che ha anche fatto una piccola perfomance di danza orientale durante la presentazione), Maria Raffaele, Carlo Pepe, Liliana Scocco Cilla, Eugenia Di Leva, Fiorello Doglia, Lina Di Lorenzo, Luigi Paolo D’Angelo, Paola Paesano, Rosetta Vitale, Gennaro Pascale, Mimma Artuos, Mohammed Larachiche da Khemissiliana, Pilar Segura Badia, Dina Zilberberg,

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Spremuta d’amore, di Annamaria Santoriello: poesie di una vita, una rapsodia dell’anima

Sarà presentato martedì 7 luglio nel Chiostro della Basilica di Maria SS. dell’Olmo.


Gran ritorno alla “normalità”, sia pure “in libertà condizionata”, anche per le presentazioni di libri: martedì 7 luglio, alle ore 19, nella suggestiva cornice cinquecentesca del Chiostro della Basilica di Maria SS. dell’Olmo di Cava de’ Tirreni, sarà presentato il libro Spremuta d’amore, di Annamaria Santoriello.

Dopo i saluti del Rettore della Basilica Padre Adriano Castagna, del Sindaco di Cava de’ Tirreni Vincenzo Servalli, del Vicesindaco e Assessore alla Cultura Armando Lamberti, del Presidente dell’Associazione Giornalisti “Lucio Barone” Emiliano Amatodell’illustratrice Chiara Savaresepresenteranno il libro i proff. Maria Olmina D’Arienzo, già Dirigente Scolastica del Liceo Scientifico “A. Genoino”, e Franco Bruno Vitolo (che ne è anche editor e prefatore, oltre che conduttore della manifestazione) . Le poesie saranno lette dall’attore Mariano Mastuccino, con inserimenti dell’autrice e di Franco Bruno Vitolo. Durante l’incontro sarà cantata dalla soprano Dorothy Manzo una delle poesie della raccolta, “Adagio”, musicata dalla stessa Annamaria Santoriello, musicista e docente, dedicata al figlio primogenito prematuramente scomparso.

Spremuta d’Amore (seconda opera dell’autrice dopo Il segreto di Nonna Ninna, appassionante romanzo in versi, recensito anche da un grande della Letteratura come Andrea G. Pinketts) è una raccolta di cento poesie, composte nell’arco di una vita. Come è scritto anche nella presentazione critica del libro, sono “cento poesie di miele amaro, spalmato con lirica elettricità e dettato da una voglia di amare ed essere amata che è stata prosciugata, “spremuta” da alcune traversie esistenziali (in primis la perdita del figlio), ma un cuore che non rinuncia a “spremere”, a sprigionare da se stesso, con delicata intensità, la carica d’amore possibile”. E nello stesso tempo non rinuncia a guardarsi allo specchio ed a meditare su se stesso, sulle persone, sul mondo, sul senso della vita e del divino nell’umano. Da qui appassionate aperture sui disastri ecologici, polemiche sulle chiusure e sugli egoismi dell’uomo, incantate descrizioni della natura, pungenti riflessioni sulle violenze dell’attualità e della storia, un ammirato abbandono al ricordo della figura di Mamma Lucia che raccolse i corpi dei caduti dopo la guerra, un caldo accoccolarsi nella luce degli affetti familiari.

Sono emozioni solo apparentemente contraddittorie, ma di fatto convergenti nella carica sentimentale e nell’anima fremente di Annamaria Santoriello, generatrice inesauribile di vibrazioni con alti e bassi, per cui il libro nel suo insieme può essere definito una vera e propria rapsodia dell’anima, che aiuta il lettore ad esplorare il canto del cuore… ed ha aiutato la poetessa a farsi esplorare e ad esplorarsi lei stessa.