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Sarà Alessandro Preziosi il padrino del Concorso “La libellula”

lola-e-preziosi-cava-de-tirreni-maggio-2018-vivimediaCAVA DE’ TIRRENI (SA). Una bellissima notizia per Lolita d’Arienzo e il Comitato Organizzatore del Concorso La libellula, indetto dall’Associazione “Amici di Lola” di Cava de’ Tirreni e patrocinato dal Comune di Cava de’ Tirreni e incentrato sul tema obbligatorio Resilienza: la risalita, dopo la caduta

Per la premiazione, che avverrà il 28 giugno, a Cava, probabilmente nei bellissimi ambienti appena recuperati del Chiostro di San Giovanni, ha infatti dichiarato la sua disponibilità ad esserne il padrino Alessandro Preziosi, magnifico e ben noto attore di teatro e televisione.

È una ciliegina sulla torta che può rendere ancora più gustoso il battesimo di un Concorso originale, su un tema importante. Un concorso che non c’era. 

Il Premio, dall’evocativo titolo di “Libellula”, come già accennato riguarderà infatti poesie, racconti brevi, produzioni di arti visive anche estemporanee sul tema obbligato “La resilienza”, cioè la capacità di recupero, personale o collettiva, dopo una situazione tragica o semplicemente critica, sul piano fisico, psicologico, sociale.

L’idea di partenza è venuta dall’Associazione che fa capo a Lolita D’Arienzo, la nota ex ballerina cavese da vent’anni immobilizzata dalla SLA eppure capace di reagire, organizzare momenti pubblici e perfino di scrivere ben quattro libri. Una campionessa di resilienza, quindi.

Per coloro che intendessero partecipare (c’è ancora quasi un mese di tempo), ricordiamo qui gli elementi essenziali del bando, la cui versione integrale è recuperabile sul sito del Comune di Cava de’ Tirreni. 

Il Concorso si articola nelle seguenti sezioni: Sezione APoesia edita e/o inedita in lingua italiana o in vernacolo; Sezione B 1 Racconto breve in lingua italiana; Sezione C Arti visive (Pittura, Scultura, Fotografia, Disegno)

Possono partecipare tutte le persone, di qualsiasi sesso e nazionalità, che abbiano raggiunto l’età di quattordici anni.

Ognuna delle tre sezioni è divisa in due sottosezioni: 1) Giovani fino a diciotto anni; 2) Adulti di età superiore a diciotto anni. (N.B. Vale l’età al momento della consegna)

Per la sezione A ogni autore può inviare max due poesie edite e/o inedite in lingua italiana e/o vernacolo (con obbligo di traslitterazione in calce in lingua italiana). Le poesie, di lunghezza non superiore a 35 versi, dovranno essere dattiloscritte e inviate in cinque copie, delle quali quattro anonime e una firmata in busta chiusa (recante chiara indicazione di nome, cognome, indirizzo, e-mail, telefono e/o fax dell’autore).

Per la sezione B, ogni autore può inviare al massimo due opere, di lunghezza non superiore a 6000 (seimila) caratteri, spazi esclusi.. Di questi dovranno essere inviate cinque copie dattiloscritte, delle quali solo una firmata (con indicazione di nome, cognome, indirizzo, e-mail, telefono e/o fax dell’autore).

Per la Sezione C, ogni autore può mandare al massimo un’opera, allegando in busta aperta la descrizione specifica e le informazioni sull’autore. Può anche inviare una riproduzione fotografica, con l’impegno a rendere disponibile l’opera per l’eventuale premiazione.

La partecipazione al Concorso è gratuita per i giovani fino a diciotto anni, per gli adulti si richiede un contributo per le spese di segreteria di Euro 10.(per le modalità di pagamento vedi copia integrale del bando).

Gli elaborati devono essere inviati per mezzo posta, entro e non oltre il 31 maggio 2018 (farà fede il timbro postale), all’indirizzo Associazione “Amici di Lola”- Via Onofrio Di Giordano n. 11 – 84013 Cava de’ Tirreni (Salerno), con la dicitura: Concorso di Poesia, Prosa e Arti visive “La libellula”. In alternativa, possono essere inviati via posta elettronica, all’indirizzo loladarienzo@hotmail.it, oppure consegnati a mano, concordando la consegna, allo stesso indirizzo (Citofono D’Arienzo De Marinis – n. 1003), sempre entro la data del 31 maggio 2018.

I vincitori e i segnalati delle 3 sezioni saranno premiati il 28 giugno 2018. I premi consisteranno: a) nella pubblicazione delle opere premiate su un libretto che sarà in distribuzione la sera stessa della premiazione; b) relativamente solo all’autore primo classificato di ogni sezione, in vitto ed alloggio per due persone, per max una notte e due giorni; c) in coppe e diplomi per i primi tre classificati di ogni sezione; d) in diplomi per eventuali segnalati.

Per ogni altra ulteriore ed eventuale informazione inviare una e-mail a loladarienzo@hotmail.it oppure telefonaread uno seguenti numeri telefonici: 089443960 – 3358374944 – 3287546314.

Premiazione del Concorso chiusura alla grande, con tante “aperture”, per la kermesse Disarmiamo l’ignoranza – AnimArte

SALERNO. A Palazzo Fruscione, storico palazzo collocato nel cuore della Salerno antica, sii è chiusa il 15 aprile scorso la manifestazione AnimArte – Disarmiamo l’ignoranza, kermesse artistica, fotografica e letteraria organizzata dal Maric (Movimento Artistico per il Recupero delle Identità Culturali, fondato e presieduto dal maestro Vincenzo Vavuso).

Al centro della serata finale, la premiazione del I Concorso nazionale “Disarmiamo l’ignoranza”, con opere incentrate su un tema spesso implicito, troppo spesso trascurato, eppure fondamentale: “La Cultura e i suoi valori”. Ed ha avuto valore la proposta, sia per il numero e la qualità delle opere (circa cento), sia per gli stimoli offerti dai vincitori della Sezione Letteraria: il poeta siriano Amarji, autore di un’emozionante lirica inviata “dalla Siria con dolore”, ed il giovanissimo talento Raffaele D’Elia, liceale di Cava de’ Tirreni, che ha elaborato un fulminante monologo in prosa sul tema del dialogo. Nella Sezione Fotografia, affermazione di Gaetano De Rosa, artista salernitano dello scatto. Sul podio, anche Teresa D’Amico, Alessandro Bruno, Antonio Barracato, Alfonso Tramontano Guerritore (Poesia), Carmine Montella, Giuseppe Zarrella, Salvatore La Moglie, Giulia Reale, la Classe III dell’IC “Lettieri” di Rofrano, guidata dalla prof. Luigia Sica (Prosa), Teresa Carrella, Loredana Mollo, Daniela Saglioli, Roberta Manzin, Rossella Sicilia (Fotografia). Dopo la premiazione, un avvolgente concerto rock con due campioni della PM Records, prima il ventitreenne Pyer e poi la band di Antonya, una prodigiosa quindicenne già in grado di tenere con sicurezza la scena e di catturare tutti con la sua voce pastosa e matura due gradini oltre la sua età.

Anche l’apertura, il 6 aprile, era stata alla grande, con gli artisti giunti in loco vestiti di soli giornali, in cammino su uno strato di libri e giornali, a testimoniare la capacità della Cultura di essere un “vestito del cuore” e nello stesso tempo anche il colpevole calpestamento che la nostra società ne fa quotidianamente.

Tra il 6 e il 15 aprile, quasi centocinquanta opere in esposizione (dipinti, sculture, fotografie, poesie), circa quindici eventi di alto profilo spettacolare e culturale (come ad esempio il concerto del grande chitarrista cantante Espedito De Marino, la performance del gruppo di danze arabe, la produzione in diretta di una ceramica al suono del violoncello ad opera di Anna Maria Panariello, il work shop del fotografo Enzo Truppo, la presentazione del libro di Claudio Grattacaso “La notte che ci viene incontro”, le conferenze del prestigioso critico Rosario Pinto… e via dicendo). Nel cuore della manifestazione, il punto fermo del Maric, cioè la raccolta di fondi per la Costruzione di una Casa della Cultura nella ricostruenda Accumoli, devastata dal sisma dell’agosto 2016.

Insomma, una chiusura ricca di aperture: a talenti nuovi o consolidati, a valori di ampio respiro umano e sociale… e naturalmente all’Arte e alla Cultura, armi irrinunciabili per disarmare l’ignoranza. Come è nel DNA del Maric, un moto perpetuo già capace di costruire quaranta eventi in meno di due anni di vita.

Dolce, inquieta e polemica la “Sintonia poetica di Vittorio Pesca” – Alla presentazione, anche il compianto prof. Luigi Crescibene: quasi un commiato

SALERNO. La sintonia con la natura, l’abbandono filiale a Dio ed alla religione, la polemica contro lo l’attuale crisi etica e la perdita dei valori tradizionali, la sospensione tra affettuose memorie e lo spiazzante galoppare del tempo. Quattro filoni diversi e convergenti, una coinvolgente “Sintonia poetica”, come evoca il titolo dell’ultima raccolta di Vittorio Pesca, presentata lo scorso dicembre nella Grande Sala “Bottiglieri” della Provincia di Salerno, nel corso di una serata che ha lasciato una scia di emozione, per l’impatto del cuore che il poeta salernitano imprime costantemente nelle sue opere (siamo giunti oramai alla settima perla della sua collana di poesie, racconti, memorie) e nelle sue presentazioni. Oggi, a distanza di un po’ di tempo, la scia è diventata un’onda lunga perché essa ha rappresentato una delle ultime apparizioni pubbliche del caro prof. Luigi Crescibene, scomparso lo scorso 29 marzo dopo una lunga malattia.

Come al solito, il professore si era distinto per le sue dotte e stimolanti riflessioni sul senso e il significato della poesia, infiorate di colorite citazioni critiche. E non ha mancato di evidenziare la novità di questa produzione di Pesca, che stavolta non si è concentrato tanto sul tronco robusto della memoria familiare e delle sue esperienze da emigrante quanto nel lirico intimismo e nella tensione umana suscitata da quei già citati filoni legati alla natura, alla religione, alla crisi dei valori, alla fugacità del tempo. Per Crescibene, nella resa lirica di Pesca non trova comunque spazio l celebrazione del crudo dolore, ma tutto poi sfuma nella tenerezza agrodolce dell’elegia.

E gli hanno fatto eco gli altri relatori della serata: l’Assessore provinciale Pasquale Sorrentino, la Presidente del Centro Artisti Salernitani Elena Ostrica, la prof. Antonella Sparano, il conduttore Michele Sessa, il Sindaco di Orria Mauro Inverso, il sottoscritto scrivente Franco Bruno Vitolo, nel corso di una manifestazione lunga e intensa, addolcita dal canto delicato di Imma Russo, dalle melodiche chitarrate di Joe Chiariello, dalle numerose letture di testi, non solo in italiano, ma alcuni anche in inglese, secondo la contestuale e fedele traduzione che nel libro ne ha fatto Rosetta Monteforte.

In effetti, è in queste direzioni che procede la sintonia peschiana, trasformandosi in una pluritonale sinfonia interiore, ben interpretata, oltre che dai versi stessi, semplici e comunicativi, dalla suggestione visiva delle aeree evocazioni di Maria Grazia Mancino, ricche di coloriture tonali, di vaghezze espressive e vibrazioni emozionali.

La natura è stretta “quasi in un abbraccio”, da cui emerge la “fanciullina” meraviglia di contemplazione e il personale cantico delle creature che risuona nello spirito francescano di Vittorio Pesca. Davanti alle sue pupille dilatate, si espande l’incanto del firmamento, nello splendore di Fratello Sole, che dona il pane della vita, di Sorella Luna, che tra le foglie di tenerezza e pianto indora il cielo di mistero, e delle sorelle Stelle, teneri diamanti del cielo, di quel cielo che bacia le belle impalcature del creato: i grandi monti, vicini a Dio e luccicanti come diamanti, e i piccoli fiori, che a loro volta con la boccuccia baciano l’aurora del sole. In mezzo, il laborioso fermento dei campi, concreta realtà che segna il passaggio e firma il paesaggio, e il lirico fremito della natura, che in un lieve frusciare di vento e di foglie accarezza il sogno dell’uomo.

Consequenziale per Pesca è vedere nella Natura, perla del creato, il segno più limpido della Creazione, che fa scattare lodi dirette del cuore a Dio, a Gesù, alla Madre di Gesù. A Dio, con la sua purezza, egli si affida come un bambino che gioca innocente alla fonte, a Dio Padre e a Cristo figlio egli chiede di farsi abbracciare e sempre più amare.

Da qui il connubio emozionato tra Fede e Abbraccio, che gli permette di assaporare sia il miele della vita che il pane salato, conquistabile solo col sacrificio e il dolciastro aspro gusto del cuore.

Tutto questo variegato sapore non si assapora senza il gusto dei grandi valori della vita sociale e della “lotta quotidiana”: senso del dovere e della giustizia, bontà del cuore, rispetto della famiglia e del lavoro, di sé e degli altri. Valori che la nostra squinternata epoca sembra aver colpevolmente annacquato e disperso. Pesca al riguardo mette sul banco degli imputati l’egoismo, individuale e sociale, di un mondo incosciente dominato dall’uomo Caino, contaminato ulteriormente dal pessimo esempio dei grandi che ci avvelenano il cielo e la terra che brucia e s’oscura ovunque languente.

Contro i “grandi caini” e senza escludere la responsabilità dell’uomo comune grida forte, il poeta, che di rimando si affida alla poesia e all’arte come strumenti per recuperare l’umanità perduta, nel nome della Bellezza e della Pace. A loro, al suo ideale più puro, egli vuole dedicare la sua poesia, un verso fatto di sentimento, di fuoco ardente, un verso forse senza parole nel silenzio utopico dell’amore.

Già, utopia… è questo il frutto amaro dei suoi delusi sogni abbandonati al suo tramonto e lui si sente come un solitario colombo nero che sbatte le ali sulla ringhiera e non riesce più a volare, invischiato nella nostalgia di sogni del cuore. È un colombo che soffre, travolto dalla malinconia, ma in lui non smette mai di tacere l’uomo che dalla vita ha imparato prima di tutto a combattere, con l’illusione, o almeno il flebile sospiro della speranza, di poter abbracciare il mondo intero, pieno di gioia pieno d’incanto.

Pieno di tutti i coloridel cuore. Un cuore fragile triste emozionato, ma, proprio perché combattente, alla fine vincente. Comunque vada …

Artisti vestiti di soli giornali in cammino su uno strato di libri, per disarmare l’ignoranza

maric-fruscione-locandina-salerno-aprile-2018-vivimediaSALERNO. La Mostra Disarmiamo l’IgnoranzaAnimArte, patrocinata dal Comune di Salerno, organizzata dall’Associazione MARIC (Movimento Artistico per il Recupero delle Identità Culturali) ed in esposizione a Salerno, nel centralissimo Palazzo Fruscione, sarà inaugurata il 6 aprile p. v., alle ore 18, con una provocatoria e spettacolare performance. Infatti gli artisti, guidati dal Fondatore e Presidente del Maric, il maestro Vincenzo Vavuso, arriveranno dall’adiacente via Mercanti al vicolo Adalberga, sede dell’esposizione, camminando su uno strato di libri e vestiti di soli giornali, in tema con lo slogan permanente del MARIC, cioè Disarmiamo l’Ignoranza, ed in linea con il principale obiettivo, che è la difesa della Cultura e dell’Arte dall’Indifferenza e dal Degrado che le stanno soffocando. La Mostra sarà presentata dal critico d’arte Rosario Pinto. Porteranno il saluto istituzionale rappresentanti del Comune e la dottoressa Mariarosaria Vitiello, consigliere politico del Presidente della Provincia di Salerno per le politiche Culturali Educative e Scolastiche.

La Mostra, che prevede anche una sezione poetico-letteraria, sarà esposta al pubblico, con ingresso gratuito, dal 6 fino al 15 aprile (apertura ore 10,00 – 13 e dalle 16,00 alle 22,00 tutti i giorni, compresi festivi e prefestivi).

Nel corso dell’esposizione, sono previste numerose performance di natura artistica, letteraria, musicale e gastronomica.

Una sezione sarà dedicata al paese di Accumoli, distrutto dal sisma dell’agosto 2016, a beneficio del quale, il Maric ha lanciato quindici mesi fa una raccolta di fondi per una Casa della Cultura inserita nell’opera di ricostruzione. Raccolta oramai vicina all’ultimo sforzo per il traguardo finale.

Gli artisti e letterati del Maric, che parteciperanno all’iniziativa sono i seguenti:

Valentino Annunziata, Emanuele Biagioni, Gaetano Clemente, Gabriella Corrente, Rosalia Cozza, Teresa D’Amico, Giuseppe De Michele, Lucia De Santis, Rosanna Di Marino, Andrea Dubbini, Claudio Fezza, Mario Formica, Alfonso Gargano, Gerardo Iorio, Stefania Maffei, Anna Morra, Giorgio Eros Morandini, Annamaria Panariello, Gaetano Patalano, Franco Porcasi, Maria Raffaele, Marina Romiti, Piero Sani, Grazia Taliani, Vincenzo Vavuso, Angela Vigorito, Franco Bruno Vitolo.


Il calendario delle iniziative è il seguente:

Venerdì 6 aprile, ore 18,00 Performance Disarmiamo l’Ignoranza a cura di Stefania Maffei,

Rosanna Di Marino, Annamaria Panariello, Annunziata Valentino e Vincenzo Vavuso. A seguire:

  • Apertura della mostra Disarmiamo l’Ignoranza– AnimArte.

  • Saluti istituzionali – Relazione introduttiva del critico d’Arte Rosario Pinto.

  • Presentazione del libro Around me di Stefania Maffei – Interventi di Mariarosaria Vitiello e Franco Bruno Vitolo.

Promozione dell’antologia “Oltre le Pietre”, a beneficio della raccolta per una Casa della Cultura ad Accumoli.

Buffet offerto dai ristoranti Il Cantastorie ed Il Pescatore di Vietri sul Mare.

Sabato 7, ore 19,00 – Presentazione del libro La notte che ci viene incontro di Claudio Grattacaso, interventi di Rosalia Cozza e Franco Bruno Vitolo. 

Domenica 8, ore 10,30 Conferenza sul tema Lo stato dell’arte e i suoi valori, a cura di Rosario

Pinto.

Lunedì 9, ore 18,00 Performance dal vivo Dall’argilla al vaso, a cura di Annamaria Panariello, con accompagnamento musicale di Valerio Di Nardo, al violoncello elettrico.

Ore 19,00 Presentazione dei libri Non solo come sono, di Teresa D’Amico, Una disperata ricerca, di Gianni Scudieri – Antologia poetica, con liriche di Antonio Di Riso.

Martedi 10, ore 15,00 visita guidata della mostra per gli alunni dell’Istituto comprensivo Statale”Don Antonio Lettieri” di Rofrano (SA) con laboratorio didattico in lingua inglese a cura della British School International di Salerno “Let’s Paly with Art”.

Mercoledì 11, ore 18,00Concerto di Espedito De Marino: “Se potessi” – Recital per voce e chitarra dalla tradizione messicana al folk napoletano… Omaggio a Dalla, Endrigo, Tenco, De André, Murolo, Totò, Gragnaniello, Pino Daniele.

Giovedì 12, ore 18,00Workshop fotografico a cura di Enzo Truppo: Identità Partenopea.

Venerdì 13, ore 18,30Presentazione del libro I quadri che suonano, di Romeo Mario Pepe.

Sabato 14, ore 18,00 Performance poetica: Le parole della poesia e della narrativa. Incontro con i poeti e gli scrittori del M.A.R.I.C. (Gabriella Corrente, Rosalia Cozza, Teresa D’Amico, Lucia De Santis, Alfonso Gargano, Franco Bruno Vitolo).

Ore 19,30 La danza araba “oltre gli stereotipi”. Si esibiranno le danzatrici: Sara Salvati, Ilaria Picarone, Natalja Misina, Annachiara Milo.

Ore 20,15 Poesie in lingua napoletana – con Alessandro Bruno, Lucia De Santis, Alfonso Gargano,Stefania Russo, Pina Sozio eFranco Bruno Vitolo. Promozione dell’antologia Oltre le pietre.

Domenica 15, ore 18,00Premiazione dei finalisti del Concorso di poesia, prosa e fotografia Disarmiamo l’Ignoranza. Modera Rosalia Cozza. Interventi di Claudio Grattacaso, Maurizio Isacco, Enzo Truppo, Mariarosaria Vitiello, Franco Bruno Vitolo e Vincenzo Vavuso. Lettura dei testi ed esposizione fotografica delle opere finaliste.

Ore 20,00 – PM Records presenta Pjero e Antonya in “Questa è la mia musica”. 

Cerimonia di finissage della Mostra Disarmiamo l’Ignoranza.

Tra TV e attenzione critica decolla “Il segreto di Nonna Ninna”

C AVA DE’ TIRRENI (SA). Ci fa particolarmente piacere sapere che sta ricevendo consensi e riconoscimenti “Il segreto di Nonna Ninna” (Europa Edizioni), della cavese Anna Maria Santoriello, che Vivimedia aveva già presentato in anteprima, dopo l’emozionato ed emozionante battesimo per immagini, voci, suoni, canzoni, ricordi, pensieri e versi, avvenuto nella Sala di Rappresentanza del Palazzo di Città il 24 novembre scorso. Nel “sacco bello” potremmo già inserire la prefazione del prestigioso scrittore Andrea Pinketts, l’intervista televisiva a Roma per Caos Film, i vari servizi per Quarta Rete RTC, compresa la recente “Cena con l’autore”, oltre naturalmente ai numerosi complimenti ricevuti a pieno cuore dall’autrice per aver saputo rappresentare in versi con chiarezza, vivacità e intensità le vicende di una bambina cresciuta da una nonna che non è sua nonna, ma con la sua famiglia vera distante appena un tiro di cannocchiale. Una situazione non rara nell’Italia difficile del dopoguerra, il che permette alla poetessa anche uno spaccato di quella nostra società… e della nostra Cava, in cui è ambientata la vicenda.

Al sacco bello, ultima ma non meno importante perlina, aggiungiamo oggi l’acuta recensione che del romanzo ha fatto una critica di lusso, cioè la prof. Maria Olmina D’Arienzo, già benemerita della Città per volere del Sindaco Galdi e attualmente benvoluta e benestimata Dirigente del nostro Liceo Scientifico “Genoino”, che già era intervenuta nel giorno del “battesimo” (nella foto del momento finale, è al centro, ditro Anna Maria che suona il pianoforte). La pubblichiamo integralmente, con l’augurio che rappresenti un’ulteriore folata di vento per la nostra scrittrice e il suo brillante poemetto dell’anima.(FBV)

Un caleidoscopio d’amore e di dolore

Mentre la sabbia alla clessidra / lenta scorre e insegue il tempo, / Silvia va a ritroso: intorpidita, / cheta cheta s’addormenta / e nei labirinti della psiche / s’insinua a pieni sensi, / tra misteri, bizzarrie, / gioiosità e aneddoti. / E anche l’impercettibile / si concretizza e si presenta”.

Questi versi, che concludono il Prologo del romanzo Il segreto di Nonna Ninna di Annamaria Santoriello, danno immediatamente senso e significato a tutta la narrazione e ne suggeriscono la chiave interpretativa: dopo l’ouverture o, se si vuole, l’incipit, accompagnato dalle note vibranti di un Notturno di Chopin, e il riferimento al caffè e alla crostatina calda, che richiama senza dubbio la madeleinette proustiana della Récherche (in Dalla parte di Swan) ed innesca il recupero memoriale, irrompe sulla scena Silvia/Annamaria, il personaggio narrante, che à rébours ripercorre la storia del suo passato, “tra misteri, bizzarrie, gioiosità e aneddoti”, penetrando “nei labirinti della psiche”, per farne emergere e concretizzare “anche l’impercettibile”, i fremiti più nascosti e i palpiti più reconditi.

Un romanzo composito e complesso, difficile da ricondurre ad un solo genere o tipologia, perché ricchissimo di sentimenti, di contenuti, di spunti, di sfaccettature: un vero caleidoscopio, che porta dentro impresso tutto il dolore del mondo e tutto l’amore del mondo. Una favola, come quelle di cui “mai una la mamma ne aveva letta o detta” a Silvia, di quelle che ti fanno ritornare bambina, ma sono terribilmente da grandi. “C’era una volta” … e subito si avvertono la tenerezza e il calore, capaci di creare un cerchio magico, come “intorno a quel braciere” del cap. 11.

Un mito: per tutto quello che di misterioso e ancestrale si porta dietro e dentro, come racconto capace di superare le barriere del tempo e dello spazio, per vivere in una dimensione altra, surreale ed archetipica o, se si vuole, epos fantastico e straordinario, storia/romanzo intrigante e fascinosa.

Favola – mito – epos, con un unico indicatore semantico, che rimanda alla Parola, che non solo dice, né è semplicemente forma di un contenuto, ma è essa stessa sostanza, res concreta e palpabile.

Poi ancora romanzo, per di più in versi: una scelta coraggiosa e originale, quasi a rappresentare l’andamento e lo stile della ninna nanna, della filastrocca o cantilena, tipica del linguaggio infantile, di quel fanciullino pascoliano, che fa grandi le cose piccole e piccole le cose grandi, che dà nome alle cose e ne coglie l’essenza.

Parola e Poesia: un binomio vincente, perché alle suggestioni della parola si abbinano e si connettono intimamente quelle della poesia che, nella valenza semantica del termine, (dal greco poiéo = fare), ha il potere di plasmare, creare, rappresentare, in una modalità straordinariamente efficace e plastica, la realtà e il mondo.

Autobiografia e memoriale: Silvia è certamente l’alter ego di Annamaria, che attraverso i suoi occhi rivede il proprio passato, lo ricostruisce, per poi sublimarlo e trasfigurarlo. Questo processo fa sì che la scrittura diventi possibilità di catarsi, redenzione, discesa agli inferi per riuscire a risalirvi, dopo aver “riunito le giunture spezzate” (come direbbe Salvatore Quasimodo).

Il recupero della storia personale è una sorta di visione, come fa intendere la radice del termine storia, che è conoscenza di sé, sia a livello della coscienza che dell’inconscio.

Un romanzo sicuramente psicologico, che sonda le profondità della psiche, ma anche didascalico, per il profondo ethos che lo permea e i riferimenti gnomici che ne attraversano le pagine: “seppur piccola io fossi, / avevo già imparato / a non piangermi addosso, / a voltare pagina, / a lasciar dietro il grigiore / e a sognare l’alba / d’infiniti, caldi colori”.

È la chiusa del cap. 19, o ancora quella del cap. 24:

Così, la tenera traversata / scorreva liscia come l’olio / per occhi distratti, / ma nessuno teneva conto / che il vestire, il mangiare, / sono priorità di coda / per un cuore che palpita”.

Un Bildungroman, un romanzo di formazione, dove si cresce attraverso il dolore e le prove difficili della vita, si impara ad accogliere e condividere la sofferenza dell’umanità tutta, attraverso esperienze forti ed intense.

Non manca neppure un pizzico di giallo, di noir, di fantasy… e un segreto da scoprire, come preannunciato dal titolo stesso.

Disseminati qua e là, oggetti- simbolo, ora inquietanti, ora rivelatori, allusivi o evocativi: la bambola “che di mamma aveva ruolo” e il braciere del cap. 11; la larva acciambellata, il cane, il cavallo inesistente e la ruspa del cap. 17; il binocolo proibito del cap. 20; il cavolfiore del cap. 38; la cristalliera del cap. 26, già ricordata nel cap. 14, dove magicamente centro tavolo, calici, lattiere e gialle tazze oro zecchino si animano e diventano parlanti nell’immaginario della piccola Silvia, ricreando l’atmosfera della fiaba, e fanno pensare alla Pisana delle Confessioni di Ippolito Nievo, nel castello di Fratta.

Ovviamente vari sono i toni stilistici e i registri espressivi, riconducibili alle matrici del logos e del pathos: riflessivo, meditabondo, razionale, dolente, emozionale, intimistico, elegiaco, tragico, comico, ironico, umoristico nel senso pirandelliano di sentimento del contrario, per citarne alcuni. Un sapiente mélange per dare forma alle innumerevoli suggestioni, reminiscenze, memorie, ricordi, frammenti e spaccati di storie e di vite, tra sorrisi e fantasmi.

Tanti sono i personaggi, protagonisti e non, presenti nel racconto, tutti ugualmente delineati e descritti con cura e attenzione e, perciò, resi indimenticabili. Uno in particolare risulta estremamente incisivo e accompagna, costantemente e romanticamente inteso, il dipanarsi della storia: si tratta del paesaggio, che spesso coincide con il luogo reale e interiore più caro ad Annamaria Santoriello, la sua Cava:

Spazio lo sguardo sul maestoso Monte Castello, / sulla viuzza serpeggiante / che verso valle si disperde; / su Santa Maria al Quadruviale, / sulle indistinte case immerse / nel verde lussureggiante / di orticelli, di vigneti, /in un silenzio spezzato / dal trascinìo d’un carretto” (cap. 02, pag. 23).

Mi trovo al lato opposto / del Borgo Scacciaventi / e corro, quanto corro! / lungo il Corso Umberto,/ sotto i secolari portici / del Millequattrocento. La respiro quella quiete / e penso che tra verde e pulizia, / quel paesaggio elvetico / la denominazione non tradisce: / l’Avvocata, Monte Finestra, / la meravigliosa Abbazia Benedettina / …Sento che la mia Cava de’ Tirreni / è la più bella cittadina che esista” (cap. 35, pag. 204).

Il paesaggio, o per analogia o per contrasto, sottolinea e fa da sfondo agli stati d’animo. Così a pag. 62, cap. 10: “La notte aveva calato /il velo scuro dappertutto / e ancora più rendeva fragile / il mio equilibrio di fanciulla”.

O a pag. 195 del cap. 33: “Sento addosso un fremito,/ leggero. Sarà l’oro del sole / che sfiora la mia pelle; / sarà l’azzurro della volta /ferito da un aereo; /o sarà la solarità di nonna / che nel cuor mi si riflette? / Impervia era la china / in quella tiepida giornata di maggio / e un profumo di rose, di gelsomini, / di arrampicati fior d’arancio,/ ci inebriava lo spirito /ci invitava a respirare”.

Come non ricordare “… quel ritorno / in quelle sere stellate! /Quella luna in pallore / colla faccia schiacciata, / colle sue luci ed ombre” del cap. 37, pag. 215, che Leopardi definirebbe poeticissimi.

O le lucciole che “a sprazzi ferivano il buio / ed io a passo ovattato,/mani a coppe, a canguro, / a salti cercavo / di catturarle a insaputa / e in un mini barattolo / le deponevo al sicuro: / in quell’habitat coatto / gustavo i piccoli lampi di luce / come stelline a Natale / in ambienti un po’ scuri”.

Un’ultima notazione per le illustrazioni di Chiara Savarese, che accompagnano con delicatezza e levità le pagine del libro, attagliandosi perfettamente allo spirito della scrittura e al sentire dell’autrice.

La parola di Annamaria Santoriello sapit, ha sapore, ha gusto nella sua immediatezza espressiva e nella sua pregnanza narrativa, è sempre lucida, calibrata, curata, nonostante l’empito e il pathos forte, tremendo che rappresenta. E questo è prerogativa della grande arte, della grande scrittura che, sola, di fronte alla incommensurabilità del dolore, alla lacerazione straziante del cuore, riesce a far intravedere il “varco” e a proiettare la provvisorietà fragile dell’esistenza terrena in una dimensione “più certa e più grande” (per dirla con Manzoni), lassù, dove tutto si ricapitola e s’ “illumina d’immenso”. (Maria Olmina D’Arienzo)