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Franco Bruno Vitolo | 7 Febbraio, 2022
Cava de’ Tirreni (SA). Camminare il paesaggio a Monte Castello sulla scia di Mamma Lucia: natura, storia, radici, teatro e tante emozioni.
Un paesaggio si può guardare, ma è preferibile “vederlo”, con tutti gli occhi possibili, esplorando e apprezzando quello che appare e quello che traspare. Il meglio è camminarlo, percorrerlo a piedi e con tutti i sensi, respirarne l’anima e, quando la camminata è collettiva, anche riviverne insieme la storia e l’identità, grazie alle spiegazioni degli esperti ed alle immaginifiche suggestioni di un teatro itinerante sul territorio. .
È questo l’obiettivo della magnifica iniziativa nata quest’anno a Cava de’ Tirreni, sulla scia e ad ampliamento degli storici “Itinerari d’ambiente”. Promotori e organizzatori, Aniello Ragone e Dario Cantarella, due tra le perle della nuova generazione di ricercatori metelliani, con la collaborazione sempre fermentante e coinvolgente di Geltrude Barba e del suo gruppo teatrale.
Dopo i primi assaggi già di successo, il grande decollo è avvenuto con la tappa del 30 gennaio, incentrata sul “parco” di Monte Castello e sulla figura di Mamma Lucia, che da lì cominciò la sua opera di ritrovamento delle salme dei soldati caduti durante la Battaglia di Cava del 1943. È stata un’esplosione di folla (al top, circa duecento persone!), riscaldata da uno splendente sole invernale, illuminata da un mix emozionante ed emozionato di radici, di storia, di umanità e culminata in un teatro itinerante, durato oltre tre ore, che sono letteralmente volate, grazie all’impasto sapiente di linguaggi show e argomenti “tosti”
Prima tappa, manco a dirlo, davanti alla grotta dove Mamma Lucia ritrovò e raccolse i primi cadaveri dopo il famoso sogno ammonitore. Qui Felice Scermino, Presidente del Comitato “Figli di Mamma Lucia”, con lo slancio passionale e l’intensità attoriale che lo contraddistinguono ha delineato la figura della nostra “Madre dei caduti”, il suo messaggio di Pace, Amore e Solidarietà, la sua dimensione di Maternità universale, concludendo con l’invito a dare ognuno un personale contributo perché il Museo a lei dedicato possa realizzarsi. Un contributo buono e giusto, spontaneamente germinabile dalla luce che emana “la più amata dei cavesi” e dalla consapevolezza che, come ha recentemente scritto un autorevole giornale tedesco, un popolo che ha tra i suoi figli una figura così alta non può che essere un grande popolo…
Poi, con la guida dinamica di Aniello ragone e Dario Cantarella, passeggiata nel sempreverde tra le pittoresche, storiche torri della Serra e tappa a Santa Maria a Toro, la chiesetta amata dai pittori, che conserva tuttora tracce di una vita millenaria, quando era un punto di riferimento per i viandanti che da Nocera andavano verso Salerno, passando per le colline dove si snodava la via Maggiore.
Qui, Carolina Damiani, deliziosamente vestita di Ottocento, ha letto un passo a tema metelliano della scrittrice Pauline Craven, che, prima di tornare in Francia ed essere accolta nell’Accademia, aveva soggiornato tanti anni nella nostra valle, animando cenacoli culturali e riempiendo pagine di “parole a colori” per descriverla. Alla fine della lettura, tanto per gradire, un simpatico break a colpi di crostata di mandorle targata Liberti, vino lacrima Christi dal sapore vintage e soprattutto il saporito e ben gradito recupero del pan pepato, il dolce con miele, cioccolato, canditi e frutta secca tanto in voga ai tempi della Craven e da lei esaltato nel suo scritto.
Poi, costeggiando uno scenario panoramico a gioia di pupille, che si estende per circa quaranta chilometri dal Vesuvio alla Gola di Vietri sul mare, da Santa Maria a Toro ci si è avviati lentamente verso il Castello, con una fermata affollatissima a metà strada, dove i Cavalieri della Bolla Pontificia, guidati da Umberto Ferrigno, hanno da tempo arredato, curandola con costante amore, una grotta in onore di Mamma Lucia, alla quale è stato “idealmente” offerto un bellissimo mazzo di fiori reali. Qui la riflessione, oltre che su Mamma Lucia è stata stimolante anche per il recupero di un’antica leggenda con la storia di una strega e di un tesoro giacenti in fondo alla grotta.
Non è leggenda ma storia, invece, quella presentata dall’architetto Enrico De Nicola, quando, giunti sulla sommità del Castello, ha fatto prima vedere i ruderi millenari emersi dagli scavi, poi ha raccontato di una moneta rarissima lì trovata, quindi ha prospettato l’errore profondo che si commetterà se, come nel progetto approvato, il previsto restauro del Castello partirà dal pavimento di oggi e non dalla cinta muraria di ieri, che contiene le radici del monumento e l’ulteriore riprova che si tratta di una costruzione normanna e non longobarda, come invece si vuole riaffermare, ignorando le risultanze delle ultime ricerche.
Dopo l’importante excursus di De Nicola, che del Castello è esperto avendo curato i lavori fino al momento recente in cui il restauro è stato affidato ad altri, Aniello Ragone ha ricordato che la storica processione anti-peste sul Castello, a cui si ispira l’attuale Sagra religiosa, in realtà non è stato il prodromo di nessun miracolo di liberazione dalla malattia, perché avvenuta nel 1657, cioè l’anno dopo l’esaurimento dell’epidemia, proprio a titolo di ringraziamento per la “fine della nottata”.
A questo punto, via alla fase due, il teatro itinerante in discesa dal Castello.
Sono state quattro le fasi. Nella prima, il cui copione è stato tratto da un diario di guerra della mamma elaborato e consegnato da Patrizia Seguino, un gruppo di popolani (Gerardo Caputo, Michele Agneta, Gennaro Pisapia, Nicola Della Porta, Valeria Palladino) si scambia informazioni , timori e speranze sull’Armistizio, sullo sbarco degli Alleati e sulla battaglia conseguente: una serie di brevi battute, molto partecipate, che culmina nel monologo finale di una ben ispirata Valeria Palladino sulle prime reazioni della gente di fronte al grande e “strano” gesto di quella donna vestita di nero che andava in giro a disseppellire cadaveri.
Nella seconda, in due intensi e avvolgenti monologhi alla Spoon River scritti uno da Alfredo Vitaliano e l’altro da Geltrude Barba, due soldati morti sul campo (Giuseppe Cardamone su testo di Alfredo Vitaliano, e Mario Odato), giacenti sotto un albero, lamentano la loro giovinezza tarpata denunciando l’orrore criminale delle guerre e invocando almeno il ritorno a casa grazie all’opera materna di Mamma Lucia. Parole amare, le loro, “troppo gelate per sciogliersi al sole”…
Più in là nella discesa, ecco un gruppo di mamme: Teresa Accarino, Tiziana Memoli, Teresa Morena, Fabiana Penna, Angela Vitaliano, Rosalba Vitale, Paola Avagliano, Cristina Vitale. Devastate dal dolore, leggono le lettere a Mamma Lucia con la preghiera di ritrovare il corpo del figlio caduto e di restituirlo alle loro carezze. Un momento di alta commozione, acuito dal fatto che quelle parole e quelle lettere sono autenticamente vere.
Infine, la scena madre, madre nel senso reale della parola. In una spoglia radura, vestita di nero, raccolta su se stessa, con gesti lenti, solenni e carezzevoli, con una voce ora sommessa nella preghiera ora tremante, una magnifica Geltrude Barba-Mamma Lucia rievoca lo scavo di un teschio, dal primo colpo di zappa alla prima pèulitura, dal bacio materno al mesto ritorno a fondo valle con l’urna tra le braccia. Intorno a lei, un pubblico travolto dall’emozione tra le onde di un commosso silenzio… Quella realtà tanto dichiaratamente finta era diventata una finzione terribilmente vera…
Alla fine, tutti uniti in un plaudente abbraccio a Geltrude a ai suoi magnifici attori e con loro ai super organizzatori Ragone e Cantarella, all’architetto De Nicola ed alla Musa ispiratrice di queste iniziative Lucia Avigliano, che per anni ha guidato centinaia di persone intorno alla Valle Metelliana con i suoi illuminanti Itinerari d’Ambiente.
Un abbraccio che è anche un grazie sincero e sentito: per il segno del ritorno “quasi pieno” alla normalità, per il dono fatto ad un’intera collettività, per la continuità che esprime rispetto al passato ed alle sue tradizioni, per le prospettive di vitalità che apre per il futuro.
Ed è anche un invito a non fermarsi. Quando si parte così…
Alla prossima, amici!
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Franco Bruno Vitolo | 3 Febbraio, 2022
Cava de’ Tirreni (SA). Nel nome di Betty Sabatino: riparte il Concorso “Le parole sono ponti”, gemellato con i piemontesi di Refrancore
È ancora viva nella memoria l’eco di quel pomeriggio di sabato 16 settembre dello scorso anno, quando nel grande cortile del Complesso di San Giovanni di Cava de’ Tirreni, sotto la luce calda e cadente dell’estate calante, fu effettuata la premiazione del Concorso per studenti “Le parole sono ponti” dedicata all’indimenticata e indimenticabile figura di Elisabetta Sabatino, pioniera di una scuola viva del dialogo, del pensiero, della formazione e della gioia di imparare.
Per il secondo anno consecutivo, una premiazione a scoppio ritardato e con pubblico limitato a causa della pandemia. Per la seconda volta, un incontro bagnato dalla speranza di un ritorno pieno alla normalità. Per la seconda volta, una speranza in parte vanificata, visto l’incombere imminente della quarta ondata.
Stavolta, grazie anche al vaccino, il Concorso non aspetta la speranza, ma la vuole cavalcare. Innanzitutto, lancia un segno a conferma e garanzia non solo della sua esistenza e resistenza, ma anche della sua crescita. Per la prima volta, dopo otto edizioni, esce fuori dai confini della nostra città, come è giusto che sia, dato che Elisabetta Sabatino guardava sempre alto e lontano, verso il salto di qualità nel rapporto con se stessi e con gli altri.
È una “fuoruscita” ricca di significato ed evocatrice di un’intensa emozione. Infatti già nel 2020 è nato un ideale gemellaggio con la città di Refrancore, in provincia di Asti, in seguito al “segno di un sogno” di Elisabetta Ceccolini, lettrice volontaria della Biblioteca Civica e sostenitrice del Progetto “Nati per leggere”, desiderosa di avere notizie di Elisabetta Sabatino, di cui aveva orecchiato il nome, chissà come, proprio in sogno. Dopo i dovuti approcci, alla premiazione del 16 settembre sono venute personalmente da Refrancore la stessa Elisabetta Ceccolini e la Sindaca Roberta Volpato. Sono venute, hanno visto, sono rimaste “sotto la botta impressionate” da questa splendida iniziativa… e nel 2022 parteciperanno anche le scuole di Refrancore. Cin cin! Con una coppa di Asti spumante, naturalmente, su confettoni metelliani…
Con questo spirito è nata la prima edizione metellio-piemontese del Concorso “Le parole sono ponti”. Come di consueto, il bando è partito ad inizio gennaio e la scadenza per la consegna degli elaborati (poesie o lavori di narrativa di vario genere) è stata fissata per la seconda metà di febbraio (per lo specifico, il 28 febbraio). È stato deciso in sintonia con i refrancoresi anche il tema di questa edizione, che è attualissimo (la difesa dell’ambiente naturale e dell’ecosistema) e come al solito è collegato ad espressioni della prof. Sabatino:
L’uomo ha bisogno di un nuovo rapporto con la natura. È questo il grido di allarme, l’S.O.S. del nostro Pianeta Terra, che chiede un nuovo rapporto con la natura, un rapporto fatto di responsabilità nei riguardi della creazione, nel rispetto anche delle future generazioni.
La premiazione, senza aspettare gli andamenti della pandemia, è stata decisa direttamente per settembre, non solo perché allora ci dovrebbero essere “più spirabil aure”, ma anche per favorire un più agevole arrivo della spedizione di docenti e alunni da Refrancore.
È un momento che attendiamo già da ora con sorridente ansia, perché sarà un abbraccio di cultura e amicizia il cui significato vola alto e leggero. Un abbraccio che tanto sarebbe piaciuto alla nostra prof.Betty. Un abbraccio che farà da pilone colorato di un bel ponte. E quando si parla di ponti, da qualche parte appare, alto e leggero, il sorriso di Betty….
*** ***
E, per finire da dove avevamo cominciato, ricordiamo i vincitori di quest’ultima edizione, fermo restando che, per le riflessioni che comporta e lo spirito da cui nasce, chiunque partecipa già di per sé ha vinto.
E nella grande foto, scattata da Gianluca Cicco durante la ripresa televisiva, sono tutti insieme appassionatamente, i membri del Comitato organizzatore (Paola e Barbara Sabatino, Gabriella Liberti, lo scrivente Franco Bruno Vitolo), i familiari di Betty, le “messaggere di Refrancore”, i rappresentanti del Comune di Cava de’ Tirreni. Un anticipo presente dell’abbraccio futuro…
Scuola primaria
- Lucia Masullo (I.C. Santa Lucia), 2. Ernesto Casola (I.C. Don Bosco), 3. Mia Milito (I.C. Carducci Trezza)
Segnalati con menzione speciale: Anna Raffaella Della Rocca e Classe quinta (I.C. San Nicola), Adriano Pio Bergamo e Alice Papa (I.C. Carducci Trezza), Federica Polichetti (I.C. Don Bosco), Luca Gulmo (IOpera Pia Di Mauro)
Scuola Secondaria Inferiore
- Ludovica Ferrara (I.C. Balzico), 2. Flora Luciano (I.C. Giovanni XXIII), 3. Imma Armenante (I.C. Santa Lucia)
Segnalati con menzione speciale: Giulia Polverino e Fabiola Marchesano (I.C. Balzico)), Giovanni Francesco Di Domenico (I.C. Giovanni XXIII”Giulia Bottiglieri, Milena Pagano e Nicola Massa (I.C. San Nicola), Antonio Senatore (I.C. Carducci Trezza), Floria Siani (I.C. Don Bosco)
Scuola Secondaria Superiore
Assunta Sapere (Liceo Linguistico “De Filippis – Galdi”), Angela D’Amore (I.I.S. Gaetano Filangieri); Anna Fiorillo (Liceo Linguistico “De Filippis – Galdi”)
Segnalati con menzione speciale: Annarita D’Amato, Valeria Della Rocca, Silvana Pirollo, Roberta Trapanese (Liceo Linguistico “De Filippis – Galdi”), Andrea Salluzzo (Liceo Scientifico “A.Genoino”), Marika Avella e Lucia Pisacane (IIS “Della Corte – Vanvitelli”)
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Franco Bruno Vitolo | 21 Gennaio, 2022
Cava de’ Tirreni – Costa d’Amalfi. Assostampa “L. Barone”: è Romanelli il nuovo Presidente
Consegnati i premi “ComunICARE” 2020-2021
Nonostante le tante fermate di origine pandemica e sociale degli ultimi tempi, l’Associazione Giornalisti di Cava de’ Tirreni e Costa d’Amalfi “Lucio Barone” ha rifatto il pieno di carburante e sta ripartendo alla grande.
Innanzitutto, il 19 dicembre scorso, alla presenza del Sindaco Vincenzo Servalli e dell’Assessore alla Cultura Armando Lamberti, nell’Aula Consiliare di Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni, purtroppo per necessità svuotata di pubblico ma con ampia presenza della stampa, sono stati consegnati, dopo un anno di forzata attesa, i premi ComunICARE 2020-21, assegnati dall’Associazione a personalità che si siano particolarmente distinte nel campo del giornalismo in particolare e della comunicazione in generale.
È stata una festa calda e affettuosa, con premiati di alto profilo e profonda umanità.
Pino Aprile, giornalista ai massimi livelli (autore tra l’altro di scoop come l’intervista all’attentatore dI Papa Woytila o la cronaca in diretta della caduta del Muro di Berlino), scrittore, storico, polemista, grande affabulatore. Nel suo intervento ha messo il tasto sul tema a lui caro dell’Unità Nazionale, da lui già toccato nel suo super best seller “Terroni”: la rabbia del Sud, devastato ieri dalla formazione del Regno sabaudo e tuttora subordinato alle esigenze del Nord.… le giuste voci critiche dei romanzi “I Viceré” e “Il Gattopardo” soffocate da personalità influenti come Vittorini e Benedetto Croce… l’idea che o si fa l’Italia dal Sud o si muore…
Antonella Napoli, giornalista free lance e scrittrice di vaglia, testimone sul campo di eventi legate alle zone calde del mondo d’oggi. Con chiarezza e passione civile ha parlato delle tensioni tra il mondo occidentale e i paesi medioorientali, dei segnali inquietanti emersi dai casi di Giulio Regeni e Patrick Zaki (da lei seguiti molto da vicino), del suo breve ma sconvolgente sequestro ad opera dei Fratelli Musulmani, dei rischi antilibertari di un mondo dove si muore di meno ma si finisce più facilmente in carcere anche per reati di opinione e di informazione.
Roberto Matatia, scrittore, testimone diretto delle persecuzioni antiebraiche subite dalla sua famiglia, che pure apparteneva alla società bene della Romagna, al punto che la villa di loro proprietà era adiacente a quella di Benito Mussolini e prima delle leggi razziali si erano stabiliti anche cordialissimi rapporti interpersonali. Dopo aver raccontato la vicenda, ha espresso il suo rammarico perché quella Villa Mussolini oggi ha conservato il suo nome ed è ricercatissima per feste e matrimoni anche in funzione di ciò che evoca, magari con inquietanti nostalgie.
Con Aprile, Napoli e Matatia, sono stati premiati Enrico Passaro (cavese doc, gran cerimoniere delle massime istituzioni nazionali), Gerardo Di Agostino (Amministratore Delegato della Grafica Metelliana, azienda di livello assoluto, uno dei nostri fiori all’occhiello); Radio Play Tag (Premio Ponte Giovane per la feconda fusione generazionale all’interno di un’emittente in continua ascesa); Ulisse on line (consolidata colonna dell’informazione via web); Sigismondo Nastri (decano dei giornalisti, luce viva della stampa costaiola, e non solo); Raffaele Ferraioli (da anni protagonista della vita politica e sociale della Costiera); Gennaro Anastasio (fine scrittore ed editorialista, gran narratore delle tradizioni e dei personaggi del territorio); L’ora notizie (in memoria di Marta Naddei, della sua alta professsionalità e dell’ appassionato impegno nel dare voce agli ultimi).
Questa cerimonia ha rappresentato l’ultimo atto della quinquennale, battagliera presidenza di Emiliano Amato, allungata di un anno per necessità dettate dalla pandemia e ricca di brillanti iniziative, tra cui gli stimolanti incontri con Padre Enzo Fortunato ed il recente super convegno estivo di Ravello sul libro di Enrico Passaro “Non facciamo cerimonie”, illuminato dalla presenza dell’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Dal 21 dicembre, giorno in cui è stato rinnovato il Direttivo, il nuovo Presidente è Francesco Romanelli, una colonna direzionale dell’Assostampa “Lucio Barone” fin dalla sua fondazione, avvenuta un quarto di secolo fa. Il neopresidente è nato a San Mauro la Bruca, vicino Palinuro, ma è cavese di adozione. L’attività lavorativa principale è stata quella di bancario, presso il Credito Commerciale Tirreno, poi diventato Banca della Campania, poi finalmente BPER Banca. Come giornalista, ha diretto per anni la redazione di Radio Montemauro, prima emittente libera del Cilento, ha collaborato per moltissimo tempo con Il Mattino di Napoli. A vario titolo, ha collaborato con Il Sole 24 ore, Il Giornale di Sicilia, La Gazzetta del Mezzogiorno, il Giornale di Calabria. Attualmente scrive per “La Città”, è corrispondente della Gazzetta dello Sport da Cava de’ Tirreni ed è caporedattore del giornale on line “Panorama Tirreno”.
Insomma, è stato ed è un passaggio giusto alla persona giusta, per la garanzia che offre il neo presidente quanto a professionalità, passione, senso del gruppo, spirito di partecipazione, onestà intellettuale. Con lui e con Amato,, il nuovo Direttivo è formato da Rosanna Di Giaimo, Angela Vitaliano, Maria Alfonsina Accarino, Antonio De Caro, Antonio Di Giovanni e Franco Bruno Vitolo.
Romanelli ha avuto il suo battesimo in manifestazioni pubbliche l’11 gennaio, quando l’Associazione ha patrocinato la presentazione del libro “Genesi di un complottista in tempo di Covid”, di Nicola Pellegrino.
Il prossimo appuntamento per l’Associazione sarà il 24 gennaio prossimo, quando, alle 18,30, presso la Chiesa di Sant’Alfonso, sarà celebrata dall’Arcivescovo Mons. Orazio Soricelli l’annuale Festa dei Giornalisti, dedicata al loro Patrono San Francesco di Sales.
Poi, partirà il biennale cammino del neopresidente sulla tradizionale strada della difesa dei diritti dei giornalisti e di interventi costruttivi e propositivi nel campo della cultura e della comunicazione.
E ci auguriamo che sia un periodo “positivamente negativo” da Covid, tale da dare la possibilità di celebrare, sia pure a posteriori, il venticinquennale dell’Associazione.
Buon lavoro, Presidente!
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Franco Bruno Vitolo | 7 Gennaio, 2022
Cava de’ Tirreni (SA). “Genesi di un complottista in tempo di Covid”: la forza del dubbio contro opposte certezze.
Il libro sarà presentato l’11 gennaio a Palazzo di Città .- Ne parliamo con l’autore, Nicola Pellegrino.
Martedì 11 gennaio, nell’ambito della rassegna “Un libro (quasi) al giorno”, promossa dal Comune di Cava de’ Tirreni – Assessorato alla Cultura, ci sarà un appuntamento decisamente scottante, ma anche molto stimolante.
Sarà infatti presentato il libro “Genesi di un complotti sta in tempo di Covid” (Ed. PAV), scritto dall’ing. Nicola Pellegrino, cavese doc ma attualmente operativo e residente nel Lazio.
Come sempre, a far da spalla all’autore di turno, saranno il conduttore Franco Bruno Vitolo e l’Assessore alla Cultura Armando Lamberti, stavolta coadiuvati dal neopresidente dell’Associazione Giornalisti di Cava de’ Tirreni e Costa d’Amalfi “Lucio Barone” Francesco Romanelli.
***
Un saggio senza pregiudizi
Il titolo balza agli occhi ed è tutto un programma. Sarà sicuramente una presentazione calda e partecipata. Proprio per questo sarà da affrontare con apertura mentale e senza pregiudiziali.
Bisogna innanzitutto capire quali sono la genesi e l’assunto di questo saggio.
È necessaria una premessa: qui non la fanno da padroni, come succede oggi, le vaccinazioni, i Provax e i Novax. Questo libro, a modo suo, è già storia, perché racconta dalla parte del comune cittadino il travaglio mentale e umano che ha accompagnato la prima fase della pandemia, quella che va dal marzo 2020 all’aprile 2021, quando il vaccino era entrato da poco nei nostri orizzonti e nelle nostre speranze (o timori), ma non aveva un volto unico o una sua identità.
Proprio perché a modo suo è già storia, il libro assume un suo precipuo interesse, perché, oltre ad essere scritto con lucida chiarezza ed appassionata lucidità, contiene i germi degli elementi essenziali del fare storia, cioè il racconto, l’analisi e la testimonianza.
La chiave del titolo non è nella parola complottista ma nel termine “genesi”. Non si pensi perciò ad uno dei pur diffusi pamphlet che dall’inizio della pandemia si sono sbellicati nella diffusione di teorie negazioniste o nella proclamazione di cure alternative o nascoste o anche nella denuncia di megaoperazioni finanziarie a carattere sanitario con la complicità più o meno consapevole del coronavirus in giro per il mondo…
Si pensi invece all’espressione completa “genesi di un complottista”, con l’autore intende il meccanismo, o uno dei meccanismi, che può aver indotto tante persone a non fidarsi delle verità ufficiali, a sentire i benefici del dubbio e magari a concedere qualche credito a quelle alternative. Partendo da questo assunto, il libro, come afferma il filosofo Diego Fusaro nella sua splendida introduzione, è un intelligente e ben riuscito esercizio di pensiero critico, in perfetta linea con la radice di tutta la filosofia occidentale, che da Platone a Kant, da Talete a Husserl si è fondata su una messa tra parentesi dell’ovvietà del fenomenico, cioè di cio che appare e/o sembra evidente.
In sostanza, il libro è la confessione antidogmatica ed intellettualmente onesta attraverso la quale Nicola Pellegrino racconta il suo passaggio da una situazione prepandemica in cui la vita politica e sociale non gli interessava quanto invece i gol di Ronaldo, ad un interesse diretto per quello che succedeva e che, per effetto della pandemia, lo coinvolgeva in prima persona.
Dopo un periodo di “fideistico abbandono” alle informazioni ufficiali ed istituzionali e la scoperta sia di falle in queste informazioni sia di alcune cose giuste nelle già demonizzate informazioni alternative, ha sentito il dovere di informarsi a trecentosessanta gradi, di cercare di capire e solo allora di fare le sue interpretazioni e le sue scelte, opinabili quanto si vuole ma certamente non indotte da pregiudiziali o da eccessi di propaganda.
Perciò, al termine del suo ragionamento, egli finisce con il definirsi un “complottista moderato”, cioè appartenente alla categoria di coloro che rifiutano gli “opposti estremismi”, cioè la demonizzazione sia delle verità ufficiali politiche e scientifiche sia delle tesi sostenute da chi “non ci sta”.
Per questo motivo il libro, come succede di rado in un mondo di aspiranti maestri, è fatto molto più di domande che di risposte e finisce con il mettere in discussione i metodi usati dalla politica, dalla scienza e soprattutto dai media nelle comunicazioni dei dati e della situazione, salve comunque restando le naturali insicurezze dettate da una situazione assolutamente nuova di fronte alla quale eravamo assolutamente impreparati.
Come tale, Nicola Pellegrino ottiene il suo scopo primario: una confessione “civica”, una pungente provocazione, una costruttiva riflessione.
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Nicola Pellegrino: “Mi sono vaccinato, ma rimango contrario al Green Pass”
Dato che siamo ancora nel pieno della tempesta ed oggi più che al “fare storia” siamo attenti e sensibili rispetto a tutto ciò che riguarda il problema delle vaccinazioni, fermo restando che i problemi di fondo legati ai pregiudizi ed all’informazione restano immutati, per cogliere meglio il senso di questo saggio viene spontanea l’esigenza di sapere qual è la posizione di Nicola Pellegrino sulle questioni più attuali. Lo abbiamo chiesto direttamente a lui.
Allora, Nico, la prima curiosità da chiarire è scontata. Sei vaccinato?
Sì, mi sono vaccinato.
Vaccinazione convinta?
Ho usato il metodo del confronto già evidenziato nel mio libro. Da ignorante in materia ho ascoltato entrambe le campane sui vaccini, spacciate per contrastanti ma in realtà complementari, e ho scelto, liberamente, di vaccinarmi, accettandone i rischi, sia reali sia potenziali.
E cosa pensi di coloro che rifiutano il vaccino?
Coerentemente con quanto ho testimoniato, non li giudico, non li demonizzo e comunque li rispetto.
Ritengo che la scelta di non vaccinarsi sia rispettabile, capisco che la si possa considerare non condivisibile, ma ciò non toglie che sia rispettabile.
I motivi per cui si sceglie di non vaccinarsi possono essere molti, che svariano da quelli più complottisti a quelli più prettamente di salute individuale, non dimenticando la semplice paura per un qualcosa che per certi versi è ancora nuovo e sotto osservazione (la scienza non sempre è infallibile così come le case farmaceutiche non sempre sono integerrime, si veda, ad esempio, il caso Thalidomide).
Io personalmente sono ideologicamente contrario agli obblighi vaccinali perché ritengo che violino il principio dell’habeas corpus. Ritengo insomma che la libertà di scelta individuale sia un diritto da tutelare al pari della tutela della salute pubblica.
Però la salute pubblica è messa ulteriormente in discussione proprio da coloro che non sono vaccinati…
La scelta di vaccinarsi implica l’accettazione di un rischio, se pur statisticamente ad oggi minore, certo (in quanto nel vaccino ci vai a sbattere di proposito) al fine di mitigare un rischio, se pur statisticamente maggiore, potenziale (in quanto il Covid ti capita per caso).
È così assurdo preferire un rischio maggiore non certo ad uno minore certo?
In questo caso però parliamo non di scelte singole, ma di responsabilità verso la collettività…, che è fatta di singole persone che possono essere più facilmente danneggiate da un non vaccinato che da un vaccinato.
Questo rimane ancora da dimostrare, ma non si può negare che la questione del rapporto con la collettività sia un nodo da affrontare e da sciogliere. E anche qui è importante porsi delle domande prima di dare delle risposte.
Da un punto di vista collettivo le cose cambiano, ma intervengono dinamiche soggettive a cui non è possibile fornire la risposta “giusta”.
Io però chiedo: fino a che punto la collettività può scavalcare l’individuo?
Se la maggioranza preferisse non vaccinarsi, di quale collettività staremo parlando?
La retorica de “la tua libertà finisce dove inizia la mia” sbandierata dal mondo provax si scontra esattamente alla pari con la libertà del mondo novax: la libertà del provax di voler ridurre il suo rischio covid finisce dove inizia la libertà del novax di non voler correre il rischio vax.
Però si fa correre il rischio Covid…
Secondo questa stessa dialettica potrei dire di voler abolire le automobili perché “la tua libertà di voler girare in auto finisce dove inizia la mia di voler girare a piedi in piena sicurezza.”
Però io posso andare in giro dove non ci sono automobili, mentre non posso andare dove con certezza non ci sono i virus…
Era solo un paradosso dialettico, sul quale comunque, per la mia etica del dubbio, si può sempre discutere. In ogni caso rimane un punto fermo. Trovo intollerabile, inaccettabile e ingiustificabile il clima d’odio, l’ordine del discorso e la discriminazione di cui sono vittima i cosiddetti novax, perseverato tanto dai politici e dai giornalisti quanto dai social e dai nostri stessi vicini di casa. E il green pass ne è la dimostrazione:
è stato propagandato dalla politica come uno strumento sanitario,
quando sanitario non è, ma di natura essenzialmente politica. Una pressione non diversa da un ricatto.
E se al posto del green pass ci fosse l’obbligo vaccinale, come piano piano si sta decidendo?
Non mi piacerebbe lo stesso, ma sarebbe meno ipocrita e indecente, comunque preferibile ad un obbligo surrettizio, veicolato alla firma di un consenso informato volontario che di volontario, in certi casi, non ha nulla. Con l’obbligo la responsabilità dello Stato obbligante diventa chiara e diretta, non trasferita al cittadino costretto ma non obbligato.
Quindi vedresti meno forzato l’obbligo che il green pass?
Il Green Pass, venduto come strumento di libertà, altro non è che la certificazione di una libertà autorizzata. Va da sé che libertà autorizzata è un ossimoro. Per di più, dal momento che è autorizzata, diventa anche revocabile a piacimento dall’ente certificatore. Il principio del Green Pass apre a scenari di deriva autoritaria e controllo di cui sarebbe opportuno considerare a fondo i rischi.
Ma, in base a quanto detto sopra, resta ferma la mia radicale contrarietà al Green Pass, in ogni sua modalità, e lo sono ancor di più per le forme ricattatorie e discriminatorie che ha assunto.
Capisco la dialettica del tuo ragionamento, ma continuo a pensare che la dialettica è una cosa, le difficoltà da affrontare sono un’altra cosa. E per di più la strada che stiamo percorrendo non è certo lineare, anzi è una giungla in cui ogni metro si deve conquistare col machete. E bisogna comprenderne le responsabilità anche per ciò che riguarda le scelte sanitarie e politiche.
Posso anche essere d’accordo, ma io ci aggiungerei anche le scelte individuali…
Sempre con la voglia di ragionarci sopra senza pregiudizi?
Ci mancherebbe! Altrimenti per quale motivo avrei scritto il libro?
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Franco Bruno Vitolo | 28 Dicembre, 2021
Cava de’ Tirreni (SA). Il sogno e la luce show: cinquanta eventi previsti per le Feste, dal 23 dicembre al 18 gennaio.
Dal 23 dicembre è partito il programma degli eventi organizzati per le festività di fine anno e l’inizio del 2022 dal Comune di Cava de’ Tirreni, con la guida e la gestione dell’Assessore alla Cultura Armando Lamberti.
Il programma è nato tra mille difficoltà, generate soprattutto da una situazione economica in forte sofferenza e da una situazione sanitaria terribilmente delicata e in bilico. Contestualmente, però, hanno espresso la loro soddisfazione perché, sia pure in tempi leggermente dilatati e con inevitabili frenate e ritardi, le difficoltà sono state superate o bypassate e alla fine si è riusciti a comporre un programma di circa cinquanta manifestazioni, che, pur se lontane dalle centocinquanta dell’ultima edizione, quella preCovid del 2019, rappresentano un numero pur sempre ragguardevole. (vedi per i dettagli le due immagini a corona dell’articolo)
Per questo, come ha evidenziato l’Assessore Lamberti, l’edizione 2021-22 rappresenta un momento non di rottura ma di continuità rispetto a quell’ultima del 2019.
Nel nome di tale continuità è stata data all’iniziativa lo stesso titolo del 2019, cioè “Il sogno e la luce”.
Non è un fatto solo formale, perché sono rimaste alte la qualità, la varietà e la spettacolarità delle proposte, con tanta musica, tanta cultura… e tante occasioni di divertimento per i bambini e per gli adulti.
È possibile constatarlo, scorrendo le proposte indicate nella elegante voluminosa brochure che è stata distribuita in migliaia di copie per tutta la città.
In primo piano, spiccano gli ospiti più prestigiosi.
Va rimarcato, per la sera di venerdì 7 gennaio, il concerto del “Sanitansemble” del maestro Acunzo. Si tratta dell’Orchestra del Rione Sanità, che ha chiuso in bellezza il magnifico documentario di Alberto Angela su Napoli trasmesso in RAI a Natale. L’orchestra è conosciuta e apprezzata in tutta Italia non solo per la qualità musicale ma anche, e diremmo soprattutto, per il nobile e alto scopo sociale per cui è nata: è composta infatti tutta da ragazzi “a rischio” in un quartiere notoriamente “difficile”, il che significa recupero sociale e formazione di una coscienza collettiva. È una proposta che è già un modello, un incontro che emozionerà, un messaggio che rimarrà.
Sarà comunque la musica a farla da padrona per tutta la durata della manifestazione, con quasi venti eventi, compresa la proiezione del film “Lo schiaccianoci”. Tra questi spiccano, oltre ai già citati Sanitansemble, i concerti della trascinante cantante soul Sherita Duran (3 gennaio nella Chiesa di san Francesco) e dei coloriti “Napul’ è” (sempre nella Chiesa di san Francesco, 5 gennaio). E poi, la serata dedicata alle più belle arie d’opera, a cura dell’Accademia Iacopo Napoli (15 gennaio a Palazzo di Città), le ripetute performance della storica Corale Metelliana, o il concerto dell’Orchestra Giovanile Mozart… e via dicendo.
Ci sarà anche tanta attenzione agli spettacoli per bambini, dislocati un po’ in tutte le frazioni, dove assicurano divertimento il clown Lenny, al secolo Enzo Armenante, e altri performer,showman che hanno conservato giustamente il bambino che è in loro.
Un momento di artistica spettacolarità sarà possibile goderlo il 30 dicembre a San Francesco (18,30 e 20,30) con i “Tableaux vivants”, un gruppo che con plastici movimenti ricostruisce dal vivo la chiaroscurale e dinamica staticità dei quadri del Caravaggio.
In un periodo in cui sono stati già presentati circa venti opere nella rassegna “Un libro (quasi) al giorno”, non potevano mancare incontri con l’autore, tutti a Palazzo di Città, alle 18.
Ed ecco Il Traduttore, di Rosario Pinto (già effettuato il 23 dicembre), la raccolta di poesie Orfana, di Marianna Borriello (4 gennaio), la stimolante provocazione di Genesi di un complottista in tempo di Covid, di Nicola Pellegrino (11 gennaio) sui dubbi scatenati dalle incertezze dell’informazione nella prima fase della pandemia, il tuffo su un classico eroe del giallo, Il commissario Maigret, di Domenico Della Monica (18 gennaio).
La nascita e i contenuti di questo programma testimoniano non solo il permanere di una vitalità messa a forte rischio dagli eventi sociali e sanitari, ma anche lo sforzo fatto dagli amministratori per garantire la massima qualità col minimo delle risorse.
In questo senso bisogna dire grazie non solo alla tenacia da panzer dell’’Assessore Lamberti (che alla fine ha “superato la nottata” anche facendo le nottate …), ma anche alla generosità di molti privati, che, sensibili al grido di dolore del “panzer”, hanno offerto un sostegno vitale e insostituibile per la maggior parte delle manifestazioni.
Data la precarietà della situazione sanitaria, per favorire la realizzazione in sicurezza di tutti questi eventi, l’Amministrazione ha garantito già in partenza l’applicazione di tutte le norme Anticovid nel pieno rispetto delle leggi vigenti.
Ci sono quindi tutte le premesse e le speranze perché le Feste siano ricordate anche per “i sogni e le luci” dettati dall’Avvento d’Amore e di fede e non solo per i grigi tremori causati dall’Avvento delle varie varianti …
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