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Guarda il sole – mi dico – non sarà mica Pasqua?
Un giovanissimo ciclista ritratto in tutta la sua vigoria fisica in questa mia poesia tratta da un libro di parecchi anni orsono, mi auguro vivamente che possa essere il simbolo di questa nostra Pasqua così dolorosamente tormentata, anche quest’anno, dalla pandemia.
Che sia concretamente una Pasqua di totale renovatio, spirituale per i credenti per tutti umana e sociale.
(Stazione n 6)
“Guarda il sole – mi dico – non sarà mica Pasqua?”
Ride il fanciullo innamorato
all’ombra discreta della lunga quercia
a riposo dopo tanto pedalare
stride la catena per tanto moto ormai
silente quasi mormora incomprensibile.
Tutto è primavera da tempo o forse sempre.
Vola oggi più in alto il sole
ad abbracciare l’antico sapore d’aria
ubriaca saltellante senza vergogna
bambina ancora nel gioco di sospirosi zefiri
“e se fosse Pasqua davvero?”
Lascerò al rosato pesco profumato
un posto nel mio giardino tessuto di nuovo
di colori e soffice erba.
Nulla importa -mi dico- della zolla
fredda smorta che impudica s’offre
dalla cima del monte al viandante
che riempie occhi e suoni del lontano paese
addormentato oggi di luce risveglio
“domani smuoverò la mia zolla” lascerò
spazio e mente al mio fiorire
senza invidia né spiare di giardini oltre.
Lungo il sentiero riprende il giovane ciclista
la deposta bicicletta pronta a ripartire:
un colpo di reni e via. Scompare.
Andrà sudato sfrecciando nella catena brontolona
al ritmo gioioso: ”è Pasqua”.
Già mi attendono ormai non posso oltre
mancare. La dura zolla terrosa
attenderà domani giovani fiori piantati.
Antonio Donadio
(da “L’alba nella stanza” con nota di Mario Luzi, Book 1996)
Con i versi del poeta e amico Antonio Donadio da parte della Redazione un caloroso augurio di Serena Pasqua.
Oggi 25 marzo: DANTEDI’. E domani e dopo?
Mi domando: sarebbe giusto, il giorno di Natale o di Capodanno, mangiare tanto fino a esagerare e poi digiunare, o quasi, per tutto il resto dell’anno?
Giusto, giustissimo il DANTEDI’, ma se DANTE è il PADRE della LINGUA ITALIANA e della POESIA e oggi, 25 marzo, data d’inizio della Divina Commedia, è festeggiato con un innumerevole “spiegamento di forze” dal web alla tv alle testate giornalistiche grandi e meno grandi, con “dotti interventi” di accademici, luminari, attori (bravi o solo presunti tali), allora mi chiedo perché si onora il Padre della POESIA e poi ci si dimentica per il resto dell’anno “dei suoi figli” e con essi, cosa estremamente riprovevole, si dimentica la stessa POESIA che oggi attraverso Dante si onora?
Quanto spazio, normalmente, è dato alla POESIA dai mezzi d’informazione cartacea e televisiva? Ai poeti del passato, anche quello più recente? E ai poeti contemporanei? Questi ultimi vivono in vere e proprie “riserve”: dalla loro scrivania “si muovono” in gruppo (spesso, anche gli uni contro gli altri), s’incontrano (ieri dal vivo, attualmente in streaming) tra di loro e con pochi “fedeli”: i loro versi si alzano nell’aria nello spazio di una serata per ripiombare nel chiuso delle pagine dei libri.
Tralascio di parlare della “presenza sul web” di “siti poetici”. In verità numerosi e lodabili senz’altro, ma in molti casi la POESIA è solo sfiorata o addirittura latitante.
E allora perché non pensare a un POESIADI’ quotidiano come un “telegiornale della mente e dello spirito” ? Troppo poche, a mio avviso, le attuali rubriche cartacee e televisive “culturali” e troppo “limitate”: spesso ci si riduce a “libri appena usciti” per una macedonia di generi, ove la POESIA è quasi sempre assente. Perfino il 21 marzo, Giornata Mondiale della POESIA, soffre di un’insufficiente eco.
Anche la POESIA è linfa vitale:
“Considerate la vostra semenza:
Fatti non foste a viver come bruti,
Ma per seguir virtude e canoscenza”
Dante Alighieri
(Divina Commedia, Inferno canto XXVI, vv.118/ 120)
8 MARZO
In questi miei semplici versi scritti nel lontano 1988 festeggiando presso l’Istituto Magistrale di Cava de’ Tirreni la festa della donna e qui riproposti, la mancata parità tra uomo e donna viene denunciata in modo dissacrante e ironico attraverso un excursus temporale tra “luoghi comuni” e libera interpretazione di frasi celebri di scrittori e poeti fino ad atteggiamenti sessisti riscontrabili, ieri come, purtroppo, ancora oggi.
Donna
Donna. Sempre senti parlar nel mondo intero
di quest’Essere che pur non sembra vero.
L’uomo dice: ” Ma se nacque da una costola d’Adamo
allora è proprietà del maschio, non ci sbagliamo!
E se ingannar si fece dal dio serpente
è un essere inferiore, un deficiente!”
E per bontà, l’uomo che è buono per natura,
subito la circondò di ogni cura.
“ A patto però, le disse, sia chiaro questo
che il padrone di tutto io sempre resto!”
E così, seppur ancor non Donna,
presto fu alzata a ruolo di Madonna.
Per lei, l’uomo soffre, piange e si dispera
e questa Donna non gli sembra vera:
“Un angelo in terra a miracol mostrare”
ma per fregarla poi, si dà da fare!
Ma l’uomo che è onesto e fine assai
non si fermò, non si sbagliò giammai:
amarle tutte non è giusto, e lui
“ le vecchie e laide” le lasciò altrui!
Alla Donna gentile ”repaira sempre amore”
e sempre lui la canta con ardore,
ma quando alfin finisce il verso,
l’uomo si mostra, in vero, assai diverso:
la Donna angelicata lo farà cantare
ma le altre lui pensa a conquistare.
E non si ferma e mai non si sgomenta
e ogni seduzion più fina tenta.
Diventa re, guerriero, artista
avendo la sua meta ben in vista:
il regno, la pugna, la poesia
tutto va bene, basta che ci stia!
Dice:” Per lei conquisterò il mondo”
ma pensa solo al suo tornaconto!
Se Beatrice fu il messagger di Dio,
lo fu per Dante che disse: ”La comando io”
E immortale è Laura per il suo Petrarca,
così ogni regina per il suo monarca.
Persin la morte si canta della Pia
per chi dai vivi la condusse via!
E se la donzelletta vien dalla campagna,
del suo faticar, lei non si lagna:
“Ornare ella s’appresta il dì di festa”
per l’unico suo scopo che le resta:
provarle tutte e riprovarle ancora
alfin che un uomo di lei poi s’innamora!
E se il matrimonio, poi,” non s’ha da fare”
non sa quali pericoli va a scampare!
Ma Alessandro ch’è un ottimo scrittore,
salva alla fine il voto eppur l’onore!
In casa, poi, lei dovrà sgobbare
ma lui la chiama “angel del focolare”
Spesso di sentirà sola e strana.
Passerà la vita a rassettar la tana.
E quando l’uomo l’avrà per figlia,
solo azioni oneste le consiglia:
“ Devi essere buona, dolce e ubbidiente
il papà tuo, lo sai, lui non mente.”
Il prete, il padre e perfino i figli
tutti alla Donna regalano consigli.
Tutti le dicon quel che deve fare
per sopravviver se vuole alfin campare:
“Fingi di non vedere e di non sentire
e quello che tu pensi mai non dire.
L’uomo, si sa, è lui il sesso forte,
fai buon viso a cattiva sorte”
E quando alfin contesta e urla tanto
è lui, è l’uomo il solo a trarne vanto:
“E’ isterica, si sa, è sempre Donna
pur se porta brache e non più gonna!
Che ridicole poi, ste’ femministe
Cose d’altro mondo, giammai viste!”
Si combatte per giustizia e parità
ma l’uomo le taccia di stupidità!
Nel cinema si crede la padrona,
ma è l’uomo che porta la corona. .
Furioso le urla il buon regista:
“Metti le cosce bene in vista!
non te move e statte ritta
tu devi star solo nuda e zitta!”
Non ha pensieri né dolori mai
e la TV la libera dai guai.
Oggi la Donna è assai più bella
se lucida a specchio la padella,
se l’uomo giusto vuol trovare,
il sapone delle dive deve usare.
E se il fustino, poi, non vuol scambiare
ecco la prova di sapere amare!!
Da quando nasce, insomma, fino a morte
quella della Donna è triste sorte:
l’uomo non si tanca mai di cacciarla:
quando è giovane e forte per amarla
e quando è ormai assai maturo
e della preda si sente ormai sicuro,
se ne serve sempre a piacimento
in ogni modo ed in ogni momento.
E’ quello dell’uomo uno strano amore
che parte dalla mente e non dal cuore.
Per una Donna, però, lui sempre s’infiamma.
È una gran Donna: è solo la sua Mamma!
Ma il motivo è presto poi svelato:
Sol perché dalla mamma un giorno lui è nato!!!
(Cava de’ Tirreni, 8 marzo 1988) Antonio Donadio
Coronavirus. La voce del poeta: Sgorgano Lacrime di Alfredo Alessio Conti
Tra tanti libri cartacei o anche in pdf (ndr: formato elettronico per computer, smartphone e tablet) che mi giungono a firma di poeti (a volte solo “nominalmente”) a me sconosciuti, pur leggendoli tutti con doverosa attenzione, solo ad alcuni dedico una più attenta lettura critica. Tra questi figura un testo, inviatomi, in verità, un po’ di tempo fa, a firma di Alfredo Alessio Conti a me sconosciuto e di cui nulla avevo mai letto prima. Tra le liriche che compongono questa sua ultima pubblicazione “La verità nascosta” mi piace proporre e soffermarmi su Sgorgano Lacrime che, ahimè, è di scottante attualità:
SGORGANO LACRIME
Non cambia mai il dolore.
Rimane sempre uguale.
Sono passi dentro
la profondità del cuore
sassi lapidari
nelle proprie membra.
Tutto tace
nell’ora della sera
e come fuochi d’artificio
sgorgano lacrime
nella solitudine.
Alfredo Alessio Conti
(da La verità nascosta Guido Miano Editore, Milano 2020)
In questi gravosi mesi scanditi da un virus che non accenna a placarsi né tanto meno a scomparire, questa poesia ci offre un’istantanea del dolore stesso che s’insinua ancor prima che nel corpo, nell’animo del mal capitato. Un guardare al dolore, qui personalizzato, che ha vita propria, che non conosce né tempi né spazi e che erroneamente ascriviamo, apoditticamente, come qualcosa che ha vita solo nel momento in cui, disgraziatamente, prende possesso in noi o peggio, s’impossessa completamente di noi. Il dolore è icasticamente raffigurato come un’entità che non ha volto e di cui sono avvertibili solo “passi dentro/la profondità del cuore”, passi come “sassi lapidari/nelle proprie membra”. E’ penetrante questa lettura del dolore che astoricamente colpisce sempre in ugual modo come dilanianti colpi di mortai ieri come oggi. “Non cambia mai il dolore./ Rimane sempre uguale.” Non assestiamo ad una sterile lamentazione da parte del poeta, ma, come un cronista, dà voce al dolore senza alcuna censura attraverso una fedele registrazione dell’enormità del danno, spesso mortale, che causa. Né il poeta si erge a giudice o a commenti moralistici o salvifici: pura testimonianza della forza indomita del dolore. Nella seconda parte, la scena cambia: si sposta su una panoramica intimistica e solo apparentemente naturalistica: “Tutto tace/nell’ora della sera” (chiare atmosfere pascoliane). Un silenzio che sa di sconfitta, ahimè: nella sera aleggia il presagio stesso dell’estrema sofferenza, della possibile prossima fine della vita. Ultimo atto: si è “come fuochi d’artificio.” Quasi a rischiarare la notte incipiente, lacrime che nulla consolano ma danno una lezione di umanità, di disapprovazione personale e sociale di questa mortale presenza, spesso conseguenza di sconsiderate azioni dell’uomo che ancora ama professarsi pensante e civile.
Alfredo Alessio Conti nato nel 1967 a Bosisio Parini in provincia di Lecco, vive a Livigno. Tra le sue raccolte di liriche: Poesie Amiche, Gruppo Fruska, 1991; Nelle dune di Saffo, Book Editore, 1994; Vivo di Te, Gabrieli, 2007; Ho un ragno nel cuore e amore i suoi fili d’argento, Cromografica Roma Gruppo Editoriale l’Espresso, 2012; La verità nascosta prefazione di Nazario Pardini, Guido Miano, 2020. E’ presente in: Dossier Poesia -Profilo della poesia italiana del secondo novecento di Francesco De Napoli, Book Editore, 1993 e in Italian Poetry La poesia italiana contemporanea dal Novecento ad oggi. Baccalaureato in Teologia- Ponti ficia Università Urbaniana, Roma, è molto attivo in ambito sociale relativamente a gravi problematiche giovanili.