Archivio

ricerca per autore

 

Il monumento ai caduti di tutte le guerre, costantemente vilipeso

stele-monumeto-ai-caduti-piazza-abbro-cava-de'-tirreni-vivimediaCAVA DE’ TIRRENI (SA). Se volete rovinavi la serata, senza fasciarvi la testa, andate in piazza Eugenio Abbro e assistete, purtroppo inermi, cosa non combinano i ragazzi sul monumento ai caduti e sui gradini che lo cingono.
Analogo censurabilissimo comportamento la scorgerete intorno alla colorata fontana di via Tommaso Cuomo, davanti all’ingresso laterale del Palazzo di Città.

I genitori e i loro insegnanti non hanno ancora fatto comprendere a questi ragazzi che occorre rispettare la Città del pari alla loro abitazione e che il monumento, in particolare, sin dal 1929, rappresenta, per noi di Cava de’ Tirreni, la testimonianza di tanti morti nelle guerre e il doloroso commiato dei familiari, che talvolta non hanno neanche potuto vederne le spoglie, come indica anche la lapide apposta il 4 Novembre 1968.

Per la realizzazione della piazza Abbro, sono state realizzate due lunghe sedute per il ristoro di quanti visitano il nostro Borgo ma i ragazzi preferiscono sedersi (magari solo sedersi!) sul monumento, non mancando di lanciarsi bottiglie e lattine, calpestando costantemente il verde prato circostante.

Atteso che vigilanza della Polizia Locale, allo stato, non è possibile ottenerla, vista l’ora tarda, rivolgiamo un ulteriore appello ai genitori, affinché si rendano conto personalmente dei danni che arrecano i loro figli.
Agli insegnanti suggeriamo di approfondire la problematica in uno sviscerato tema didattico, sperando di raggiungere un buon risultato; in caso avverso non resta che chiedere alla civica Amministrazione di recintare il monumento ai caduti di tutte le guerre con una paratia di vetro antisfondamento trasparente, che di certo non abbellirebbe la bella stele di p.zza Abbro.

La storia:

Rappresentato dalla bella vittoria alata, il monumento è opera dello scultore calabrese Francesco Ierace, nato a Polistena nel 1853 e morto a Napoli nel 1937.

Nell’anno 1923, il prezzo del solo monumento, a forfait, fu di 120.000 lire, ribassato a £. 115.000 nel 1925, anno in cui venne ultimato.

I lavori di basamento del monumento furono appaltati il 30 agosto 1927 da Alfonso Pisapia di Cava de’ Tirreni; la ditta v’impegnò cinque operai, pagati 7.628 lire.

Issato nell’ampia Piazza Roma, già Piazza Teatro, oggi piazza Eugenio Abbro, fu inaugurato il 9 giugno 1929, con la partecipazione del Re Vittorio Emanuele III; nella circostanza il Re inaugurò anche la Casa del Balilla, poi C.U.C. (Club Universitario Cavese).

Per valorizzare l’antica piazza il Podestà di Cava de’ Tirreni, Cavaliere Avvocato Arturo Della Monica, con provvedimento n. 438, dell’8 marzo 1929, decretò:

Essendosi provveduto alla sistemazione della Villa Comunale, alla costruzione della Casa del Balilla ed al giardinaggio lungo il lato nord del Duomo, valorizzando così la parte più bella della Città, ove è sorto il grandioso monumento ai Caduti, s’impone, in modo assoluto, la demolizione delle vecchie ed indecenti baracche, attualmente occupate da ferracavalli, venditori di baccalà, di sedie, ferrareccie ed altri utensili domestici che deturpano il paesaggio ed offendono l’igiene e la decenza; ritenuto che  proprio in quel sito deve svolgersi la cerimonia dell’inaugurazione del monumento, con l’intervento di Sua Maesta il Re, DELIBERO autorizzarsi, come autorizzo, l’abbattimento delle antiche e pericolanti baracche di Piazza Teatro. Diffidandosi, in conseguenza, a norma dei relativi contratti, tutti i detentori a sgomberare entro quindici giorni dalla notifica dell’approvazione della presente“.

I commercianti “sfrattati” furono allocati anche nel mercato coperto realizzato in viale Francesco Crispi, al quale vi si accedeva anche da via Rosario Senatore.

L’ingegnere napoletano Nicola Capuano il 15 maggio 1923, per la costruzione del mercato coperto, richiese al Sindaco di Cava de’Tirreni, Professore Raffaele Baldi, il compenso di 11.530 lire, secondo quanto prescriveva la tariffa in vigore nelle province meridionali d’Italia dal 1879.

La Polizia Locale e la Metellia Servizi S.r.l. non bastano a tenere a freno i lercioni

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Nonostante l’inasprimento delle sanzioni ed il monitoraggio della Polizia Locale del territorio metelliano, seppur non capillare, taluni esercizi della ristorazione e a non pochi residenti di zone, anche centrali, continuano a sversare per le strade buste di rifiuti, non avendo compreso che la “Città dei portici” deve essere decorosa, del pari alle loro abitazioni, e che è comunque è meta di turisti e “pellegrini”.
L’ultima operazione di “pulizia” è stata eseguita domenica scorsa intorno alle  8:30 dal personale della Metellia Servizi S.r.l., assistito dall’autopattuglia della Polizia Locale, composta dagli agenti A.A. e R.M..
Sono stati trovati 29 mega sacchi neri di plastica, colmi di rifiuti di ogni genere, abbandonati in via Antonio Nigro (alle spalle della Mediateca Marte) da ben sei esercizi ricettivi, fra cui non pochi recidivi.
Dall’ispezione dei sacchi si è potuto constatare che il contenuto, conferito in modo indifferenziato, consisteva in pane, avanzi di alimenti cotti, carta, bottiglie di plastica e vetro, barattoli di pomodoro, lattine di bevande ecc..
Gli operanti hanno individuato, grazie alla presenza di “comande” e scontrini fiscali e non, ben sei noti ristoranti e pub di corso Umberto I, piazzetta Nicola Di Mauro, via Generale Felice Parisi e corso Principe Amedeo, alcuni dei quali recidivi.
“È avvilente – ha dichiarato S.A., funzionario della Metellia presente in loco – che nonostante le costanti sensibilizzazioni e l’inasprimento della sanzione a E. 500,00, taluni imprenditori e non pochi privati cittadini continuano ad abbandonare rifiuti indifferenziati per strada, incuranti del disdoro che arrecano alla Città, che come vedete è meta di turisti e pellegrini diretti, oggi che è domenica, al Santuario di San Francesco e Sant’Antonio”.
Infatti, nel mentre venivano ispezionati i sacchi dei rifiuti, provenienti dal nuovo trincerone, scesi da diciotto pullman, sono transitati per via Felice Parisi una folla di persone dirette al Santuario. Noi ci chiediamo: ma le sanzioni vengono onorate?
Gli ex 106 Ispettori Ambientali che fine hanno fatto?. Assenza assoluta.
Da informazioni assunte dieci di loro, per parlare di numeri seri, sarebbero pronti a ritornare in campo, ma con la direzione di persone di polso, oltre che garantiti dalla tutela legale e assicurativa da parte del Palazzo di Città.
Siamo fiduciosi.


Vandalizzato il sottopasso ferroviario di Cava de’ Tirreni

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Resterà impunito quest’ennesimo atto di vandalismo?
Una domanda che attende una risposta positiva, col deferimento alla Magistratura Ordinaria e Minorile, per il reato di danneggiamento a beni pubblici, di quanti hanno posto in essere l’immotivato atto vandalico, oltre alla richiesta del risarcimento danni ai genitori, che continuano a non vigilare l’operato dei figli.
Nella notte fra domenica e lunedì, 20-21 settembre 2015, giovani vandali, approfittando che la stazione ferroviaria di Cava de’ Tirreni, dalle 20:00 e fino al mattino, ma anche dalle ore 12,10 alle 13,30, diviene territorio di nessuno, armatisi di un corpo contundente di grosse dimensioni, hanno infranto ben sette ampi vetri di sicurezza dei finestroni del sottopasso che collega il binario 1 e 2.
Frequentatori dello scalo ferroviario, hanno denunciato che, poiché la biglietteria di Trenitalia S.p.A. resta aperta dalle ore 6,20 alle ore 13,25, nelle altre ore la stazione diviene territorio di spaccio e consumo di sostanze stupefacenti, a partire da mezzogiorno in poi.
Dopo il transito e la sosta a Cava de’ Tirreni del regionale delle 23:00, che da Salerno prosegue per Nocera Inferiore ed oltre, la porta centrale che si apre sui binari, le due laterali vengono chiuse dal bigliettaio.
Alle 13,35, viene chiusa dai preposti al bar “Binario Doppio Zero”, il cui un ingresso è proprio nell’atrio della stazione.
Trattandosi di una porta munita di apertura antipanico, i giovani aprendola, s’impadroniscono dello scalo e pongono in essere quanto di peggio di possa pensare. Vigilanza repressiva: ZERO!!!
Altro denaro pubblico lasciato alla mercè di pochi balordi ed altra pessima cartolina per gli ospiti della fu Bologna del sud, Valle Metelliana, Piccola Svizzera, Porta Verde della costa d’Amalfi e Città dei portici.

Cavajuole vota cannuole (Cavajuoli volta cannuolo)

cannula-cannuolo-di-canna-vivimediaCAVA DE’ TIRRENI (SA). Il riferimento è rivolto ai cavoti o cavajuolo (cavesi del tempo) allorquando dovevano far valere i diritti d’esenzione dal pagamento di gabelle (le attuali imposte, tasse e contributi), ricevuti con l’epistola del 22 Settembre 1460, dal Re Ferdinando I d’Aragona, confermati, poi, anche da altri regnanti suoi successori.

I cavoti o cavajuolo, per far valere detti privilegi, estraevano una pergamena dall’astuccio che tenevano al collo (cannula o cannuolo).

L’esenzione dal pagare i tributi, ricordiamolo, vigeva sia nell’acquistare e sia nel vendere, beni mobili ed immobili, e valeva in tutto il Reame che, per chi non lo rimembrasse, si estendeva dalla Rocca di San Benedetto del Tronto (versante Adriatico) a Terracina (versante Tirrenico), fino a Lampedusa.

Alla pretesa del gabelliere del pagamento del plateatico o del notaio del pagamento di altre gabelle inerenti l’acquisto dei beni, i cavoti o cavajuoli, rispondevano: “so’ ccavajuole” (oggi avrebbe detto: sono cavese).

Il gabelliere o il notaio, a sua volta, per avere contezza di quanto dichiarato dai cavoti o dai cavajuoli, poter applicare l’esenzione, rispondeva all’interlocutore: vota cannuole, a significare: mostratemi il privilegio!

Il cavoto o cavajuole estraeva dall’astuccio il lasciapassare e, dopo averlo mostrato all’esattore delle gabelle, proseguiva il suo viaggio, senza nulla pagare.

A quel tempo era un gran privilegio poter mercanteggiare od acquistare beni mobili ed immobili, nel vasto Regno di Napoli, senza  pagare gabelle.

Se fosse ancora oggi così!!! I cavesi d’oggi sono come quelli di ieri!!! Noi pensiamo di no, altrimenti si adopererebbero molto di più nel mantenere la loro Città com’era un tempo, tanto da essere da tutti echeggiata con i sinonimi di: Valle Metelliana, Piccola Svizzera, Bologna del Sud, Porta verde della Costa d’Amalfi e Città dei Portici.

Gli abitanti delle comunità che confinavano con la Città di Cava (ribadiamo che sino al 18 Gennaio 1807 la Città di Cava era costituita dai territori che oggi comprendono Cava de’ Tirreni, Vietri sul Mare e Cetara e che il toponimo di Città di Cava de’Tirreni origina il 23 ottobre 1862), al fine di denigrare le franchigie ottenute da Re Ferrante, privilegio della sola nostra città, sostenevano, forse ancora oggi qualcuno lo sostiene, che l’aneddoto in argomento avrebbe due interpretazioni:

. la prima, che il cavoto o cavajuolo, oggi cavese, sia stato ed è un volta-gabbana, in breve: un voltafaccia, poiché trovandosi di fronte ad un’utilità personale, muta facilmente opinione, partito, simpatia etc. (forse, per i politici d’oggi, crediamo sia proprio così!);

. la seconda, certamente più fantasiosa, ricorda che secoli or sono i cavoto o cavajuoli furono chiamati dal Sindaco perché, assieme, punissero un asino colpevole d’aver mangiato la rigogliosa erba del parco cittadino: la villa comunale. La punizione consisteva nell’applicare una cannula nell’ano del somaro per soffiare aria fin quando gli si gonfiasse l’intestino. La pancia gonfia ed il conseguente dolore avrebbe insegnato al ciuco a non strappare più l’erba dai prati! Quando venne il turno del primo cittadino, a costui parve non s’addicesse a persona del suo rango mettere la bocca ove l’avean messa tutti i suoi concittadini, perciò, estratta la cannula dall’ano del somaro, la riconficcò dal verso opposto, soffiando a pieni polmoni dalla parte che prima era stata in corpo alla povera bestia.

Nelle “Farse Cavajole” del salernitano Vincevo Braca sono raccolte ben altre malignità, ma la storia scritta dai nostri padri non si lascia tangere da fantasiose illazioni!

G.D.F.: costante lotta ai falsari

euro-monete-vivimediaUn anno, quello del 2014, stante i risultati conseguiti dalla Guardia di Finanza, a livello nazionale, decisamente allarmante per l’economia nazionale e per le continue tentate truffe perpetrate ai danni d’inermi cittadini ed imprenditori per la spendita (spaccio) di banconote e monete false.

Com’è risaputo, sono 28 le nazioni che costituiscono l’Unione Europea, delle quali 19 hanno adottato l’euro quale moneta corrente, aderendo all’Unione Economica e Monetaria.

Il solo Corpo della Guardia di Finanza, vedetta insonne del Patrio tesoro, la cui costituzione risale al 1774, nell’anno 2014, ha sequestrato, perché abilmente contraffatte, ben 882.768 banconote da 500, 200, 100, 50, 20, 10 e 5 euro oltre 10.310 monete da 1 e 2 euro, ma anche da 50, 20, 10 ed 1 centesimo, per un complessivo valore facciale di 41.460.306,00 euro.

Le quattro regole base per conoscere l’autenticità delle banconote e delle monete sono: toccarle, guardarle, muoverle e controllarle, raffrontandole con altra banconota o moneta di pari valore, sicuramente autentica.

Gli Stati cha hanno adottato la moneta unica europea sono: Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna nel 1999; nel 2001 è stata la volta della Grecia, nel 2007 dell’Estonia, nel 2008 di Cipro e Malta, nel 2009 della Slovacchia, nel 2011 dell’Estonia, nel 2014 della Lettonia e nel gennaio 2015 della Lituania. Sulla base di un apposito accordo, pur non facendo formalmente parte dell’Unione europea, la Città del Vaticano, la Repubblica di San Marino ed il Principato di Monaco, hanno la facoltà di emettere monete in euro, aventi corso legale in tutta l’area dell’euro. Le uniche nazioni che non hanno adottato l’euro sono: Danimarca, Regno Unito e Svezia.