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È in pregevole ceramica, l’urna cineraria da tenere in casa
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Quale destinazione dare alle nostre ceneri, a cremazione avvenuta, è un cruccio al quale dobbiamo dare risposta certa sin da quando siamo in vita. Le norme vigenti prevedono che le urne cinerarie devono disporre di apposita chiusura la quale deve essere necessariamente sigillata e piombata; ma fino alla primavera dell’anno in corso non era stato possibile utilizzare quelle in ceramica. Nel mese di marzo 2014, il giovane cavese Matteo Autunno, “grazie alla collaborazione dell’Ing. Raffaele Giordano, ha brevettato un “sistema di chiusura, con sigillo, per urna cineraria in ceramica e simili” (brevetto d. n. NA2014A000009, depositato presso la Camera di Commercia Industria Agricoltura ed Artigianato di Napoli – Sezione Brevetti e Marchi). Il brevetto del sistema di chiusura è stato il punto di partenza per lo sviluppo del progetto e realizzazione delle urne cinerarie, anche in ceramica artistica decorata, che possono essere custodite, proprio perché dotate di tale brevettata chiusura, anche tra le mura domestiche. Grazie alla disponibilità del dr. Giovanni Muoio, Presidente ed Amministratore della Metellia Servizi S.r.l. di Cava de’ Tirreni, società partecipata del Comune metelliano, che ha la gestione del “forno crematorio” cittadino, Matteo Autunno ha potuto esporre, in un’apposita elegante bacheca, presso il “tempio crematorio” di via Ugo Foscolo della “città dei portici”, un’assortita ed elegante linea di urne cinerarie in ceramica artistica decorata, creata in cooperazione con taluni abili ceramisti cavesi. L’obiettivo è quello di far conoscere e distribuire l’articolo ceramico a livello nazionale, se non oltre, incrementando la collaborazione con tant’altri ceramisti cavesi e non, che vorranno partecipare al progetto, per consentire, a quanti lo desiderano, di trattenere fra le mura domestiche le ceneri dei propri cari estinti in eleganti urne.
Il “Santa Maria Incoronata dell’Olmo” di Cava, dopo cinque secoli, rischia di restare monco di un reparto di elevata eccellenza!
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Il paventato ridimensionamento del reparto di ortopedia dell’Ospedale Santa Maria Incoronata dell’Olmo ha suscitato non pochi malumori, non solo nella Città di Cava de’ Tirreni, atteso che il bacino d’utenza è costituito anche dalle comunità della costa d’Amalfi e dell’area sud dell’agro nocerino sarnese, ben sapendo che fino al 2002 il nosocomio cavese non disponeva di un reparto di ortopedia vero e proprio, ma di un semplice ambulatorio, che aveva il mero compito di “stabilizzare” il paziente con le prime cure, per dirottarlo presso gli ospedali di Salerno o Nocera Inferiore. Negli ultimi dodici anni, ribadiamo 12 anni, l’unità operativa di ortopedia metelliana, dall’alba dell’assegnazione di emeriti chirurghi-ortopedici, i dottori Vincenzo Monaco e Giuseppe D’Arienzo, e con l’avvento di altri, ha conseguito un elevato salto di qualità, eseguendo interventi ortopedici d’ogni specie. Nell’ultimo biennio, ovvero da quando il nosocomio cavese è passato “alle dipendenze” dell’Azienda Universitaria Ospedaliera del San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno, nel reparto destinato di ortopedia, nel corso del biennio 2012-2013, senza considerare l’attività dell’anno in corso (2014), sono stati eseguiti oltre settecento (700) interventi, dei quali un terzo ha interessato l’applicazione di protesi femorali, un altro terzo ha risolto problematiche all’anca ed al ginocchio, mentre i restanti sono stati dedicati a fratture scomposte delle braccia, polsi, gambe, piedi ecc., con un incidenza d’interventi, rispetto ai ricoveri, dell’82%, quando al Ruggi d’Aragona, nell’omologo reparto, si è registrata una percentuale del 40%, sottolineando che nei dodici anni appena passati la migrazione di pazienti e familiari, verso altri nosocomi della provincia, se non della regione, si è ridotta considerevolmente. Per gli addetti ai lavori e non, ricordiamo che nel nosocomio di Cava de’ Tirreni si eseguono anche le ricostruzioni dei crociati. Da ambulatorio nel 2002 a reparto di elevata eccellenza nel prosieguo degli anni; fino ad oggi! La soluzione per la continuazione di tale lodevole attività ortopedica è nell’ultima bozza di piano aziendale, a firma del direttore generale dell’azienda universitaria ospedaliera Ruggi d’Aragona, Vincenzo Viggiani, dove, all’Ospedale di Cava de’ Tirreni sarebbero stati assegnati 9 posti letto nell’istituendo reparto di dermatologia; non abbiamo mai saputo che per affezioni dermatologiche si debba ricorre al ricovero ospedaliero. Quei 9 posti letto possono essere ben destinati al reparto di ortopedia, perché prosegua nella sua lodevole missione socio-sanitaria! Leggendo con attenzione la citata bozza, ci rendiamo conto che, di fatto, il Santa Maria Incoronata dell’Olmo di Cava de’ Tirreni non è stato salvato; è stato invece spinto ad una mera sopravvivenza, coll’immotivato reale smembramento di uno dei reparti da tutti definito “fiore all’occhiello” dell’ortopedia nazionale; forse per privilegiare, auspicando di ricrederci, le “cattedre universitarie”!
Angelo Spatuzzi, lo scultore lapideo cavese tutto da scoprire
CAVA DE’ TIRRENI (SA) – “Nemo propheta in patria (sua)”, è una secolare locuzione, in lingua latina, che ci ricorda che: “nessuno è profeta nella (propria) patria”. L’espressione sottolinea le difficoltà non solo degli artisti, ma anche di noi comuni mortali, che incontriamo nel percorso della vita, per emergere in ambienti di lavoro e non. Ad Angelo Spatuzzi, cavese doc, è più che “azzeccata” tale estrinsecazione, visto che da oltre mezzo secolo, nel suo modesto laboratorio di corso Giovanni Palatucci, 29, a pochi passi dall’area mercatale di Cava de’ Tirreni, con pochi attrezzi, quali scalpelli di varie misure, martelli, ma anche frese ad aria compressa, realizza opere d’arte che noi definiamo “mozzafiato”. Marmi come il bianco di Carrara “gioia” e “classico”, il giallo di Siena, il rosa del Portogallo, il rosso rubino e tant’altri ancora, ma anche pietre laviche, basalto ecc., amorevolmente modellati, dalla mani di Spatuzzi diventano busti di Madonna, bassorilievi di Gesù crocifisso, di Santi, di Papi, di donne, di bambini, di leoni, di cavalli, di uccelli, di delfini e tant’altro ancora. Fanno parte della collezione marmorea di Angelo Spatuzzi, premiato al Concorso Internazionale “Arte e Cultura” dell’omonima Accademia, taluni flauti e pifferi dal suono melodioso, come anche pistole e fucili.
A seconda del tipo di materiale di cui dispone, in base anche alle caratteristiche di superficie, quali la lucentezza ed il colore, come pure la durezza: pietre tenere, calcari duri, tra i quali il marmo, e pietre più dure: il granito, il maestro, dopo accurata progettazione, “vitalizza” il freddo oggetto. Quanto l’abbiamo incontrato nel laboratorio, Angelo Spatuzzi ha voluto sottolineare una sola cosa: “Se da un marmo, una pietra vulcanica od altro materiale lapideo si vuole creare un opera d’arte, occorre esserne innamorati. Solo con l’amore per le cose, nascono oggetti d’arte”! Visitare la fucina di Angelo Spatuzzi, che dista a soli pochi passi dall’area mercatale cavese, si gode di un’esposizione variegata di manufatti, piccoli e grandi, che, per apprezzarne fino in fondo le peculiarità che singolarmente li caratterizzano, non ci si stanca mai di osservare. Non crediamo di esagerare se dovessimo tributare al maestro cavese, Angelo Spatuzzi, stante anche l’irrequietezza che lo contraddistingue: il Michelangelo Buonarroti di Cava de’ Tirreni, tanto che la Redazione di TV CAVA, canale 271 del digitale terrestre, ha realizzato e trasmesso uno speciale televisivo.
L’antico portone della Sala Espositiva Comunale è anche bacheca selvaggia
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Transitare davanti all’ingresso della fu scuola dell’infanzia e primaria delle suore di San Giovanni, amorevolmente retta dalle monache dell’ordine di Santa Giovanna Antida, ci rattrista! Il nostro malessere non sorge dai lustri inesorabilmente trascorsi da quegli anni, ma dal vedere il portone d’ingresso totalmente ricoperto di manifesti d’ogni misura. Oggi, da quel portone totalmente restaurato con soldi pubblici, si accede nella Sala Espositiva Comunale ed annesso giardino, parliamo della sala sita in corso Umberto I, 167. Vedere otto manifesti affissi alle ante del portone, posto nel cuore del Borgo porticato, non è certo una bella cartolina. Non solo noi cavesi che amiamo la “nostra” Città, ma chiunque transita da quel luogo cosa deve dedurre: Cava de’ Tirreni, ovvero l’Amministrazione comunale cittadina, mancando di decorose bacheche, semmai realizzate in ferro battuto, consente l’oltraggio ed il danneggiamento dei beni comuni. La piccolissima bacheca posta al lato destro della sala in questione, come si rileva dalla foto, può contenere una locandina delle dimensione A3, non di più! Signor Sindaco Marco Galdi, a nome della società civile di Cava de’ Tirreni, posso chiederLe di far installare, ai due lati del portone, una più capiente bacheca, tale da ospitare, assolta l’imposta di pubblicità, salvo patrocinio comunale, i manifesti pubblicitari che oggi vediamo in pessima mostra abusivamente affissi al portone in parola; in tal modo non si imbratterebbe il vetusto accesso!
L’insudiciato corso Giuseppe Mazzini
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Ormai è una consuetudine, da arte di organizzatori d’eventi, richiedere all’Amministrazione comunale di Cava de’ Tirreni l’occupazione di spazi da destinarsi ad eventi e dopo aver fatto i propri comodi, lasciare sporco, anzi lercia, l’area utilizzata. Se andate nell’area mercatale, un mercoledì pomeriggio, dopo le 14,30, vi rendete conto quanti automezzi ed operai della Metellia Servizi S.r.l. e del Consorzio di Bacino SA1, vengono impiegati per pulire le tre piazzole, con aggravio di costi per l’intera collettività che, conseguentemente, lamenta l’esosità della spesa: circa 12.000.000 di euro l’anno. Trovandovi, del pari, a transitare su corso Giuseppe Mazzini, esattamente dinanzi alla scuola dell’infanzia e primaria “Don Bosco”, guardate a terra cosa troverete! Dal 21 al 24 agosto, per il 5° anno, si è tenuto un evento ludico che vorrebbe ispirarsi all’oktoberfest di Monaco di Baviera, infatti, eccettuata la porchetta e qualche qualità di birra in bottiglie ed alla spina, si potevano degustare: pannocchie bollite (le così dette, in vernacolo, “pullanchelle”), o’ pero e o’ musso, torrone e caramellati nostrani, crepes alla nutella e tarallucci; cose che, tanti anni or sono, le abbiamo notate in una sagra di un paesino di poche anime dell’agro napoletano. Passi tutto questo! Parliamo del lerciume che appare, da stamane (25 agosto 2014), sulla pavimentazione recentemente completata su corso Giuseppe Mazzini: macchie di grasso ovunque! Chi le pulirà? Nessuno! Ormai quelli che “dovevano fare i fatti propri l’hanno fatto” e sono andati via; alla Metellia Servizi di Cava de’ Tirreni l’onere di pulire, eccetto smacchiare la lunga pavimentazione, sì, perché, le macchie d’unto non si toglieranno mai! Alla collettività della Città dei Portici il disonore di avere, a gaudio di chi non lo sappiamo, una parte della città lercia! Imbrattare il suolo pubblico, per quanto sommessamente ci consta, non costituisce violazione punita dall’art. 639 del Codice Penale, se non pure la violazione di danneggiamento, sanzionata dall’art. 635 del C.P.? A chi spetta intervenire? Noi crediamo al Corpo di Polizia Locale!