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Roma – Cava de’ Tirreni (SA). Monologhi teatrali nel nome di Settimia, reduce da Auschwitz e cittadina onoraria di Cava

La premiazione del concorso, giunto all’ottava edizione, si è svolta a Roma il 15 febbraio.


Il significato del Premio “Settimia Spizzichino e gli anni rubati”, giunto ormai alla sua ottava edizione, è di ricordare che cosa è stata la deportazione e lo si fa attraverso una forma d’arte teatrale. Con un monologo e pochi oggetti di scena, l’attore o l’attrice si pongono al pubblico con una storia. Sono tanti piccoli monologhi che riescono ad emozionare il pubblico, arrivando dritti ai loro cuori.

Il mio ruolo all’interno del Premio è quello di Giuria Storica e familiare. Ad affiancarmi prima c’era mia zia Carla Di Veroli e tutto questo è nato proprio grazie a lei e al direttore artistico Sasà Russo. La Giuria Storica non ha competenze tecniche o artistiche, che riguardano invece la Giuria teatrale, ma verifica la coerenza, anche emozionale, col vissuto ed è composta dai familiari di Settimia Spizzichino, in qualche caso integrata da esponenti della Comunità Ebraica”

A spiegarci la natura e gli obiettivi del Premio “Settimia Spizzichino e gli anni rubati, è Miriam Spizzichino, pronipote di Settimia, testimone diretta della Shoah, unica donna sopravvissuta ai lager tra i 1022 romani deportati dal ghetto il 16 ottobre 1943.

L’occasione è stata offerta dalla cerimonia di premiazione, svoltasi il 15 febbraio scorso al Teatro Antigone di Roma, alla quale però sfortunatamente non ha potuto presenziare causa Covid, ma era presente in spirito, in lettera di saluto ed in evocazione da parte del conduttore Sasà Russo. Così, come, con accenti commossi, è stata “reincorporata in sala” la figura e la persona di Carla Di Veroli, recentemente e precocemente scomparsa, nipote di Settimia e custode della sua memoria e fondatrice del premio, oltre che combattiva e ardente paladina della libertà, dei diritti e della dignità umana. In suo onore è stato introdotto il Premio Speciale della Giuria, che per l’occasione è stato consegnato al vincitore dal figlio Jonathan Limentani, venuto apposta da Israele, dove attualmente vive.

La serata finale, che ha previsto come sempre l’esecuzione dei sei monologhi finalisti, scelti tra oltre quattrocento e uno più coinvolgente dell’altro, è stata fluida, vivace, intensa, corposamente ricca di emozioni, e di stimoli culturali, storici e umani. Guidata con passione e ironia dal “presentattore” Sasà Russo, si è conclusa con la gioiosa consegna dei premi.

Si sono spartiti la parte del leone due monologhi: Il canto della cicala (primo premio assoluto “Settimia Spizzichino”, miglior attore, miglior testo) e Greta Hoffman (Gran premio speciale della Giuria “Carla di Veroli”, miglior attrice, miglior regia). È stata a nostro parere una spartizione buona e giusta, perché entrambi i lavori hanno letteralmente conquistato il pubblico in quei brevi ma intensissimi dieci minuti concessi ad ogni monologo.

Spiazzante, tenero, straziante, “Il canto della cicala” racconta con discrezione e incisività l’orrore della Shoah dall’angolazione di una cicala, che si rivolge direttamente ad un bambino deportato di cui si sente “amica”. Sono due fragili esserini dalle vite brevi: naturale per l’una, violentemente innaturale per l’altro, travolto dallo tsunami della crudeltà estrema. La dolcezza del feeling ideale tra la cicala e il bambino esprime la poesia bella e luminosa della vita, in contrasto con la quale si svela ancora più tetro e cupo il buio della violenza. Con un’idea del genere, era facile cadere nella retorica, ma questo non è avvenuto, sia per la letteraria e ammirevole leggerezza che caratterizza il testo di Elena Pelliccioni sia per la bravura dell’attore, Alessio Braconi, che ha sempre mantenuto pacati i toni riuscendo a trasmettere profonde emozioni attraverso leggere vibrazioni della voce e il colore dato alle parole.

Altrettanto feeling con il pubblico ha riscontrato il monologo Greta Hoffmann, di Giancarlo Moretti, recitato dalla bravissima Patrizia Bellucci con partecipata emozione e composta maestria attoriale. Anche qui non era facile conservare la misura, non essendoci neppure il varco della dimensione fantastica e dell’immaginazione. Sa di lacrime e di sangue la situazione della donna che dopo la perdita del marito in guerra si trova a combattere con i figli piccoli e con la mancanza di lavoro. Lo trova, il lavoro, e ne è felice. Deve tessere con dei fili che le vengono dati dalla direzione. Maneggiandoli, come se parlassero, sente da quei fili una strana percezione di dolore, fino a quando non prende coscienza che quelli sono capelli umani, che vengono dai campi di prigionia. Ed è una morsa che l’afferra fino al profondo del cuore, da cui però non può fuggire. È una progressione di emozioni che il testo e la recitazione riescono a trasmettere con un’empatia a battito di cuore. E quell’abbraccio con cui la mamma alla fine stringe i figli è carico di tutto l’amore, il dolore e l’impotenza che ognuno di noi prova di fronte alle violenze causate dall’uomo sull’uomo. E ne sappiamo qualcosa in questi giorni…

Pur se non hanno conquistati i podi più alti, gli altri monologhi non hanno certo sfigurato. Anzi, hanno colto pienamente nel segno anche loro, ognuno con la sua specificità.

Tutto questo silenzio, di e con Gabriele Zedde, è penetrato nelle ferite profonde della psiche attraverso un lacerante sdoppiamento di personalità nell’esercizio di una memoria “sanguinante”.

L’angelo del focolare, di Andrea Frediani, diretto da Laura Jacobini e interpretato da Donatella Esquino, con spiazzante provocazione, presenta una mamma imbevuta di retorica nazista che non si spaventa, anzi si inorgoglisce, davanti al volto inzaccherato di sangue del figlio adolescente, reduce dalla sua prima esecuzione nel campo: per lei è la prova che sta diventando “uomo”. Ma il suo atteggiamento genererà orrore anche nel suo compagno, un soldato nazista…

Una giornata buona, di Andrea Casanova Moroni, mette a fuoco il devastante tormento delle ore e dei minuti della giornata di un deportato, in cui anche un male minore può dare il senso di una giornata buona.

27 gennaio 1980”, di Fabio Rosato con Valeria De Vito, è la rivisitazione dell’esperienza del lager da parte di una ex deportata attraverso la memoria e il suo diario, nell’anniversario di una particolare “ri-nascita”.Come ha detto poi Jonathan Limentani, tante parole e percezioni di quel monologo facevano pensare ai pensieri e alle parole della zia.

La figura di Settimia, anche quando non era direttamente richiamata, aleggiava in permanenza nella sala del Teatro Antigone. Settimia è stata una delle voci più vive e pungenti della Shoah, una grande guerriera della memoria, che fin dal primo giorno del ritorno a casa ha gridato al mondo la sua rabbia e testimoniato l’orrore dei suoi anni rubati, perché il mondo sapesse, imparasse e non dimenticasse. A decine i suoi viaggi ad Auschwitz per accompagnare e raccontare, a centinaia le sue testimonianze nelle scuole, in incontri pubblici, sui media.

E quanti ricordi, e che scia e che valori ha lasciato pur avendoci lasciati! A lei sono dedicati a Roma un istituto scolastico, un francobollo nazionale e il ponte più moderno sul Tevere. La memoria visiva della sua esperienza è contenuta nel film monografico “Nata due volte”, realizzato da Giandomenico Curi. La sua testimonianza diretta si trova nel volume “Gli anni rubati” (da cui il nome del Premio) e pubblicato in tre edizioni dal Comune di Cava de’ Tirreni, città di cui lei è cittadina onoraria, che le ha intitolato una strada e quando può continua a testimoniarne la memoria.. Il ricordo più dettagliato dei suoi ritorni al lager è in “Cioccolato ad Auschwitz”, diario romanzato di un viaggio fatto da studenti e cittadini di Cava de’ Tirreni con lei ed altri romani, reduci o familiari. A Cava, era diventata “di casa” e qui, nelle persone che l’hanno conosciuta da vicino, ha lasciato una scia profonda di amicizia, di affetto e di ricordi che dura e durerà nel tempo.

E poi, naturalmente, c’è il Premio Settimia Spizzichino e gli anni rubati: che è un memoriale della figura di Settimia, è un ponte della memoria che attraversa le generazioni. Ben pochi tra i partecipanti al concorso avevano conosciuto Settimia o gli altri reduci. Eppure hanno fatto i conti con la loro testimonianza e con le loro “lezioni”.

Per tutto questo, il Premio “Settimia Spizzichino e gli anni rubati” non è un premio qualsiasi, ma un premio necessario. Almeno per gridare e continuare a gridare fino allo sfinimento contro tutti gli anni rubati di ieri, di oggi e di domani.

E sarebbe ben felice il giorno in cui si smettesse di gridare perché non ci sono più anni rubati … ma purtroppo la madre dei ladri di vita è sempre incinta …

Cava de’ Tirreni (SA). Premiate a Palazzo di Città le Donne Coraggio del Premio Mamma Lucia 2022

Sono Barbara Pierro avvocato di Scampia, Laura Silvia Battaglia e Bianca Senatore, giornaliste free lance.


Incontri e riflessioni ad alto tasso di interesse e di emozione sabato 19 febbraio, a Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni,, per la settima edizione del Premio Mamma Lucia alle Donne Coraggio

Il riconoscimento, come è noto, è destinato a donne che a livello nazionale e internazionale si siano particolarmente distinte nella vita sociale e attraverso i media come testimoni attive di solidarietà, difesa dei diritti umani, cultura di pace, sul modello della “maternità universale” di Mamma Lucia, la nostra carissima “Madre dei caduti”, che recuperò nel territorio i corpi di circa seicento soldati, morti durante la Seconda Guerra Mondiale nella “Battaglia di Cava” tra gli Alleati appena sbarcati e i Tedeschi appostati sulle alture costiere.

Nel corso della cerimonia hanno portato il loro saluto: Armando Lamberti (Assessore alla Cultura del Comune di Cava de’ Tirreni), Mons. Orazio Soricelli (Arcivescovo dell’Arcidiocesi Amalfi Cava de’ Tirreni), Antonio Armenante (Fondatore del Premio e Presidente del Punto Pace), don Francesco Della Monica (Presidente della Caritas Diocesana), Giuseppe Mazzotta (Presidente del Lions Club Cava de’ Tirreni) Ester Cherri (rappresentante del Rotary Club Cava de’ Tirreni), Ferdinando Castaldo D’Ursi (Presidente dell’Associazione “Eugenio Rossetto”), Francesco Romanelli (Presidente dell’Associazione Giornalisti “Lucio Barone”), Felice Scermino (Presidente del Comitato “Figli di Mamma Lucia”, per il nascente Museo a lei dedicato). Ha condotto la manifestazione il sottoscritto scrivente, Franco Bruno Vitolo, Presidente dell’Ass. VersoCava.

Dal Comitato Organizzatore, formato dalle associazioni Punto Pace Pax Christi, Rotary Club e Lions Club sezioni di Cava de’ Tirreni, Caritas Diocesana, Eugenio Rossetto, VersoCava, il premio per la sezione Con l’occhio delle donne è stato consegnato a Barbara Pierro, avvocato di Napoli che da quasi venti anni, attraverso la sua partecipazione professionale e umana e nell’ambito dell’Associazione “Chi Rom e chi no” (premiata con lei e da lei fondata con altri “pionieri”), esercita un’opera di profonda vitalizzazione e socializzazione della periferia, nel quartiere di Scampia, anche e soprattutto a sostegno dei diritti degli emarginati e a beneficio di una feconda osmosi interculturale. Ad accompagnarla, Emma Ferulano, un’altra fondatrice di quest’associazione, che con lei ha presentato il libro “Chi rom… e chi no”, un pamphlet illustrato, vivace e comunicativo, che presenta i progetti e le tante attività di ieri, di oggi… e di domani, dai work shop alle iniziative culturali alla formazione all’aperto, dall’ascolto socializzante all’innovativo Ecomuseo nascente. Insieme, le due giovani donne hanno offerto una testimonianza intensa del vivere una comunità solidale e un’edificante lezione di vita, che induce anche a rivedere i pregiudizi tanto diffusi su territori e quartieri come Scampia bollati da una stereotipata immagine negativa.

Il Premio per la Sezione Carmela Matonti, destinato alle donne coraggio “mediatiche” e dedicato alla donna che aiutò Mamma Lucia nei primi scavi di soldati caduti, è stato assegnato a Laura Silvia Battaglia, giornalista free lance di Milano, da anni testimone diretta di eventi e situazioni relative a territori particolarmente travagliati del nostro pianeta, in particolare dello Yemen, dove da anni una tremenda “guerra dimenticata”, grazie anche a dolorose infiltrazioni “dall’esterno”, devasta, insanguina, contamina tutta la popolazione e tutte le età, compresi i bambini, “vittime sacrificali” e a volte perfino coinvolti in prima persona col fucile tra le mani. Non solo Yemen, però, per la Battaglia, e non solo Medio Oriente o Africa, ma anche tante ricerche e studi sul campo nel nostro territorio ed anche docenze di specializzazione giornalistica: un’attività che ne ha fatto una delle più autorevoli e ricercate professioniste del settore.

Un premio speciale del Comitato è stato assegnato a Bianca Senatore, cavese d.o.c. , giornalista free lance residente a Milano, che negli ultimi tempi si è distinta in campo nazionale, ricevendo anche prestigiosi riconoscimenti, per dei reportage “dal vivo” di eventi drammatici, come la situazione dei profughi sospesi tra i confini di Ucraina e Bielorussia e quella dei migranti della “Ocean”, costretti a rimanere sulla nave in attesa del permesso di sbarco. La qualità dei suoi servizi, già garantita dal prestigio degli editori (tra i quali L’Espresso e Radio Popolare), emerge a tutto tondo dalla lettura o dall’ascolto diretti. Gli scenari e le situazioni da lei raccontati sono messi a fuoco con cinematografica efficacia: sequenze a tutto campo e “inquadrature” in primo piano, sostenute da una scrittura di giornalistica pregnanza, senza effetti speciali, ma in grado di smuovere il giusto tasso di emozioni e riflessioni.

Al termine della manifestazione, ciliegina su una torta già ben gustosa, i bambini “pulcini ballerini” del gruppo scuola “Emozioni in volo” hanno intenerito un pubblico già “cardiobattente”, danzando deliziosamente sulle note e sulle parole de “La cura” di Franco Battiato: un testo perfettamente in tema, con quelle donne coraggio che hanno saputo “superare le correnti gravitazionali”…

Ci si è salutati con un abbraccio ideale carico di calore: un giusto sole di pace e di solidarietà nell’acqua gelida di questi giorni infestati da venti di guerra. E che quei raggi di sole arrivino presto anche lì, dove si spara e si soffre.

Beato il paese che non ha bisogno di Mamme Lucie che scavino i corpi dei caduti di guerra sulla sua terra …

Cava de’ Tirreni (SA). Premio Mamma Lucia alle Donne Coraggio: sabato 19 la cerimonia di consegna a Palazzo di Città

Sabato 19 febbraio p.v., presso il Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni, in Piazza Abbro, con inizio alle ore 10 si svolgerà la cerimonia di consegna del Premio Mamma Lucia alle Donne Coraggio, destinato a donne che a livello nazionale e internazionale si siano particolarmente distinte nella vita sociale e attraverso i media come testimoni attive di solidarietà, difesa dei diritti umani, cultura di pace., sul modello della “maternità universale” di Mamma Lucia, che alla fine della Seconda Guerra Mondiale recuperò (come “figli di mamma”) le salme di centinaia di soldati tedeschi caduti e le restituì alle famiglie.

Il Comitato Organizzatore, formato dalle associazioni Punto Pace Pax Christi, Rotary Club e Lions Club sezioni di Cava de’ Tirreni, Caritas Diocesana, Eugenio Rossetto, VersoCava, ha assegnato i seguenti riconoscimenti.

  1. Sezione Con l’occhio delle donne: a Barbara Pierro, avvocato di Napoli che da anni,

attraverso la sua partecipazione professionale e umana e nell’ambito dell’Associazione “Chi Rom e chi no”, opera nel quartiere di Scampia a sostegno dei diritti degli emarginati e a beneficio di una feconda osmosi interculturale.

  1. Sezione Carmela Matonti: a Laura Silvia Battaglia giornalista free lance di Milano, da anni

testimone diretta e indiretta di eventi e situazioni relative a territori particolarmente travagliati del nostro pianeta.

Un premio speciale del Comitato sarà assegnato a Bianca Senatore, cavese d.o.c. , giornalista free lance residente a Milano, che negli ultimi tempi si è distinta in campo nazionale, ricevendo anche prestigiosi riconoscimenti, per dei reportage “dal vivo” di eventi drammatici, come la situazione dei profughi sospesi tra i confini di Ucraina e Bielorussia e quella dei migranti della “Ocean”, costretti a rimanere sulla nave in attesa del permesso di sbarco.

Nel corso della cerimonia porteranno il loro saluto: il Vincenzo Servalli (Sindaco di Cava de’ Tirreni), Armando Lamberti (Assessore alla Cultura), Mons. Orazio Soricelli (Arcivescovo dell’Arcidiocesi Amalfi Cava de’ Tirreni), Antonio Armenante ( Fondatore del Premio e Presidente del Punto Pace), don Francesco Della Monica (Presidente della Caritas Diocesana), Giuseppe Mazzotta (Presidente del Lions Club Cava de’ Tirreni) Salvatore Russo (Presidente del Rotary Club Cava de’ Tirreni), Ferdinando Castaldo D’Ursi (Presidente dell’Associazione “Eugenio Rossetto”), Francesco Romanelli (Presidente dell’Associazione Giornalisti “Lucio Barone”), Felice Scermino (Presidente del Comitato Figli di Mamma Lucia, per il nascente Museo), Gerardo Di Agostino (AD di Grafica Metelliana), Carmine Santoriello (Titolare dell’Azienda ARCEA).

Condurrà la manifestazione Franco Bruno Vitolo (insegnante, giornalista e Presidente dell’Ass. VersoCava).

 

Cava de’ Tirreni (SA). Camminare il paesaggio a Monte Castello sulla scia di Mamma Lucia: natura, storia, radici, teatro e tante emozioni.

Un paesaggio si può guardare, ma è preferibile “vederlo”, con tutti gli occhi possibili, esplorando e apprezzando quello che appare e quello che traspare. Il meglio è camminarlo, percorrerlo a piedi e con tutti i sensi, respirarne l’anima e, quando la camminata è collettiva, anche riviverne insieme la storia e l’identità, grazie alle spiegazioni degli esperti ed alle immaginifiche suggestioni di un teatro itinerante sul territorio. .

È questo l’obiettivo della magnifica iniziativa nata quest’anno a Cava de’ Tirreni, sulla scia e ad ampliamento degli storici “Itinerari d’ambiente”. Promotori e organizzatori, Aniello Ragone e Dario Cantarella, due tra le perle della nuova generazione di ricercatori metelliani, con la collaborazione sempre fermentante e coinvolgente di Geltrude Barba e del suo gruppo teatrale.

Dopo i primi assaggi già di successo, il grande decollo è avvenuto con la tappa del 30 gennaio, incentrata sul “parco” di Monte Castello e sulla figura di Mamma Lucia, che da lì cominciò la sua opera di ritrovamento delle salme dei soldati caduti durante la Battaglia di Cava del 1943. È stata un’esplosione di folla (al top, circa duecento persone!), riscaldata da uno splendente sole invernale, illuminata da un mix emozionante ed emozionato di radici, di storia, di umanità e culminata in un teatro itinerante, durato oltre tre ore, che sono letteralmente volate, grazie all’impasto sapiente di linguaggi show e argomenti “tosti”

Prima tappa, manco a dirlo, davanti alla grotta dove Mamma Lucia ritrovò e raccolse i primi cadaveri dopo il famoso sogno ammonitore. Qui Felice Scermino, Presidente del Comitato “Figli di Mamma Lucia”, con lo slancio passionale e l’intensità attoriale che lo contraddistinguono ha delineato la figura della nostra “Madre dei caduti”, il suo messaggio di Pace, Amore e Solidarietà, la sua dimensione di Maternità universale, concludendo con l’invito a dare ognuno un personale contributo perché il Museo a lei dedicato possa realizzarsi. Un contributo buono e giusto, spontaneamente germinabile dalla luce che emana “la più amata dei cavesi” e dalla consapevolezza che, come ha recentemente scritto un autorevole giornale tedesco, un popolo che ha tra i suoi figli una figura così alta non può che essere un grande popolo…

Poi, con la guida dinamica di Aniello ragone e Dario Cantarella, passeggiata nel sempreverde tra le pittoresche, storiche torri della Serra e tappa a Santa Maria a Toro, la chiesetta amata dai pittori, che conserva tuttora tracce di una vita millenaria, quando era un punto di riferimento per i viandanti che da Nocera andavano verso Salerno, passando per le colline dove si snodava la via Maggiore.

Qui, Carolina Damiani, deliziosamente vestita di Ottocento, ha letto un passo a tema metelliano della scrittrice Pauline Craven, che, prima di tornare in Francia ed essere accolta nell’Accademia, aveva soggiornato tanti anni nella nostra valle, animando cenacoli culturali e riempiendo pagine di “parole a colori” per descriverla. Alla fine della lettura, tanto per gradire, un simpatico break a colpi di crostata di mandorle targata Liberti, vino lacrima Christi dal sapore vintage e soprattutto il saporito e ben gradito recupero del pan pepato, il dolce con miele, cioccolato, canditi e frutta secca tanto in voga ai tempi della Craven e da lei esaltato nel suo scritto.

Poi, costeggiando uno scenario panoramico a gioia di pupille, che si estende per circa quaranta chilometri dal Vesuvio alla Gola di Vietri sul mare, da Santa Maria a Toro ci si è avviati lentamente verso il Castello, con una fermata affollatissima a metà strada, dove i Cavalieri della Bolla Pontificia, guidati da Umberto Ferrigno, hanno da tempo arredato, curandola con costante amore, una grotta in onore di Mamma Lucia, alla quale è stato “idealmente” offerto un bellissimo mazzo di fiori reali. Qui la riflessione, oltre che su Mamma Lucia è stata stimolante anche per il recupero di un’antica leggenda con la storia di una strega e di un tesoro giacenti in fondo alla grotta.

Non è leggenda ma storia, invece, quella presentata dall’architetto Enrico De Nicola, quando, giunti sulla sommità del Castello, ha fatto prima vedere i ruderi millenari emersi dagli scavi, poi ha raccontato di una moneta rarissima lì trovata, quindi ha prospettato l’errore profondo che si commetterà se, come nel progetto approvato, il previsto restauro del Castello partirà dal pavimento di oggi e non dalla cinta muraria di ieri, che contiene le radici del monumento e l’ulteriore riprova che si tratta di una costruzione normanna e non longobarda, come invece si vuole riaffermare, ignorando le risultanze delle ultime ricerche.

Dopo l’importante excursus di De Nicola, che del Castello è esperto avendo curato i lavori fino al momento recente in cui il restauro è stato affidato ad altri, Aniello Ragone ha ricordato che la storica processione anti-peste sul Castello, a cui si ispira l’attuale Sagra religiosa, in realtà non è stato il prodromo di nessun miracolo di liberazione dalla malattia, perché avvenuta nel 1657, cioè l’anno dopo l’esaurimento dell’epidemia, proprio a titolo di ringraziamento per la “fine della nottata”.

A questo punto, via alla fase due, il teatro itinerante in discesa dal Castello.

Sono state quattro le fasi. Nella prima, il cui copione è stato tratto da un diario di guerra della mamma elaborato e consegnato da Patrizia Seguino, un gruppo di popolani (Gerardo Caputo, Michele Agneta, Gennaro Pisapia, Nicola Della Porta, Valeria Palladino) si scambia informazioni , timori e speranze sull’Armistizio, sullo sbarco degli Alleati e sulla battaglia conseguente: una serie di brevi battute, molto partecipate, che culmina nel monologo finale di una ben ispirata Valeria Palladino sulle prime reazioni della gente di fronte al grande e “strano” gesto di quella donna vestita di nero che andava in giro a disseppellire cadaveri.

Nella seconda, in due intensi e avvolgenti monologhi alla Spoon River scritti uno da Alfredo Vitaliano e l’altro da Geltrude Barba, due soldati morti sul campo (Giuseppe Cardamone su testo di Alfredo Vitaliano, e Mario Odato), giacenti sotto un albero, lamentano la loro giovinezza tarpata denunciando l’orrore criminale delle guerre e invocando almeno il ritorno a casa grazie all’opera materna di Mamma Lucia. Parole amare, le loro, “troppo gelate per sciogliersi al sole”…

Più in là nella discesa, ecco un gruppo di mamme: Teresa Accarino, Tiziana Memoli, Teresa Morena, Fabiana Penna, Angela Vitaliano, Rosalba Vitale, Paola Avagliano, Cristina Vitale. Devastate dal dolore, leggono le lettere a Mamma Lucia con la preghiera di ritrovare il corpo del figlio caduto e di restituirlo alle loro carezze. Un momento di alta commozione, acuito dal fatto che quelle parole e quelle lettere sono autenticamente vere.

Infine, la scena madre, madre nel senso reale della parola. In una spoglia radura, vestita di nero, raccolta su se stessa, con gesti lenti, solenni e carezzevoli, con una voce ora sommessa nella preghiera ora tremante, una magnifica Geltrude Barba-Mamma Lucia rievoca lo scavo di un teschio, dal primo colpo di zappa alla prima pèulitura, dal bacio materno al mesto ritorno a fondo valle con l’urna tra le braccia. Intorno a lei, un pubblico travolto dall’emozione tra le onde di un commosso silenzio… Quella realtà tanto dichiaratamente finta era diventata una finzione terribilmente vera…

Alla fine, tutti uniti in un plaudente abbraccio a Geltrude a ai suoi magnifici attori e con loro ai super organizzatori Ragone e Cantarella, all’architetto De Nicola ed alla Musa ispiratrice di queste iniziative Lucia Avigliano, che per anni ha guidato centinaia di persone intorno alla Valle Metelliana con i suoi illuminanti Itinerari d’Ambiente.

Un abbraccio che è anche un grazie sincero e sentito: per il segno del ritorno “quasi pieno” alla normalità, per il dono fatto ad un’intera collettività, per la continuità che esprime rispetto al passato ed alle sue tradizioni, per le prospettive di vitalità che apre per il futuro.

Ed è anche un invito a non fermarsi. Quando si parte così…

Alla prossima, amici!

Cava de’ Tirreni (SA). Nel nome di Betty Sabatino: riparte il Concorso “Le parole sono ponti”, gemellato con i piemontesi di Refrancore

È ancora viva nella memoria l’eco di quel pomeriggio di sabato 16 settembre dello scorso anno, quando nel grande cortile del Complesso di San Giovanni di Cava de’ Tirreni, sotto la luce calda e cadente dell’estate calante, fu effettuata la premiazione del Concorso per studenti “Le parole sono ponti” dedicata all’indimenticata e indimenticabile figura di Elisabetta Sabatino, pioniera di una scuola viva del dialogo, del pensiero, della formazione e della gioia di imparare.

Per il secondo anno consecutivo, una premiazione a scoppio ritardato e con pubblico limitato a causa della pandemia. Per la seconda volta, un incontro bagnato dalla speranza di un ritorno pieno alla normalità. Per la seconda volta, una speranza in parte vanificata, visto l’incombere imminente della quarta ondata.

Stavolta, grazie anche al vaccino, il Concorso non aspetta la speranza, ma la vuole cavalcare. Innanzitutto, lancia un segno a conferma e garanzia non solo della sua esistenza e resistenza, ma anche della sua crescita. Per la prima volta, dopo otto edizioni, esce fuori dai confini della nostra città, come è giusto che sia, dato che Elisabetta Sabatino guardava sempre alto e lontano, verso il salto di qualità nel rapporto con se stessi e con gli altri.

È una “fuoruscita” ricca di significato ed evocatrice di un’intensa emozione. Infatti già nel 2020 è nato un ideale gemellaggio con la città di Refrancore, in provincia di Asti, in seguito al “segno di un sogno” di Elisabetta Ceccolini, lettrice volontaria della Biblioteca Civica e sostenitrice del Progetto “Nati per leggere”, desiderosa di avere notizie di Elisabetta Sabatino, di cui aveva orecchiato il nome, chissà come, proprio in sogno. Dopo i dovuti approcci, alla premiazione del 16 settembre sono venute personalmente da Refrancore la stessa Elisabetta Ceccolini e la Sindaca Roberta Volpato. Sono venute, hanno visto, sono rimaste “sotto la botta impressionate” da questa splendida iniziativa… e nel 2022 parteciperanno anche le scuole di Refrancore. Cin cin! Con una coppa di Asti spumante, naturalmente, su confettoni metelliani…

Con questo spirito è nata la prima edizione metellio-piemontese del Concorso “Le parole sono ponti”. Come di consueto, il bando è partito ad inizio gennaio e la scadenza per la consegna degli elaborati (poesie o lavori di narrativa di vario genere) è stata fissata per la seconda metà di febbraio (per lo specifico, il 28 febbraio). È stato deciso in sintonia con i refrancoresi anche il tema di questa edizione, che è attualissimo (la difesa dell’ambiente naturale e dell’ecosistema) e come al solito è collegato ad espressioni della prof. Sabatino:

L’uomo ha bisogno di un nuovo rapporto con la natura. È questo il grido di allarme, l’S.O.S. del nostro Pianeta Terra, che chiede un nuovo rapporto con la natura, un rapporto fatto di responsabilità nei riguardi della creazione, nel rispetto anche delle future generazioni.

La premiazione, senza aspettare gli andamenti della pandemia, è stata decisa direttamente per settembre, non solo perché allora ci dovrebbero essere “più spirabil aure”, ma anche per favorire un più agevole arrivo della spedizione di docenti e alunni da Refrancore.

È un momento che attendiamo già da ora con sorridente ansia, perché sarà un abbraccio di cultura e amicizia il cui significato vola alto e leggero. Un abbraccio che tanto sarebbe piaciuto alla nostra prof.Betty. Un abbraccio che farà da pilone colorato di un bel ponte. E quando si parla di ponti, da qualche parte appare, alto e leggero, il sorriso di Betty….

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E, per finire da dove avevamo cominciato, ricordiamo i vincitori di quest’ultima edizione, fermo restando che, per le riflessioni che comporta e lo spirito da cui nasce, chiunque partecipa già di per sé ha vinto.

E nella grande foto, scattata da Gianluca Cicco durante la ripresa televisiva, sono tutti insieme appassionatamente, i membri del Comitato organizzatore (Paola e Barbara Sabatino, Gabriella Liberti, lo scrivente Franco Bruno Vitolo), i familiari di Betty, le “messaggere di Refrancore”, i rappresentanti del Comune di Cava de’ Tirreni. Un anticipo presente dell’abbraccio futuro…

Scuola primaria

  1. Lucia Masullo (I.C. Santa Lucia), 2. Ernesto Casola (I.C. Don Bosco), 3. Mia Milito (I.C. Carducci Trezza)

Segnalati con menzione speciale: Anna Raffaella Della Rocca e Classe quinta (I.C. San Nicola), Adriano Pio Bergamo e Alice Papa (I.C. Carducci Trezza), Federica Polichetti (I.C. Don Bosco), Luca Gulmo (IOpera Pia Di Mauro)

Scuola Secondaria Inferiore

  1. Ludovica Ferrara (I.C. Balzico), 2. Flora Luciano (I.C. Giovanni XXIII), 3. Imma Armenante (I.C. Santa Lucia)

Segnalati con menzione speciale: Giulia Polverino e Fabiola Marchesano (I.C. Balzico)), Giovanni Francesco Di Domenico (I.C. Giovanni XXIII”Giulia Bottiglieri, Milena Pagano e Nicola Massa (I.C. San Nicola), Antonio Senatore (I.C. Carducci Trezza), Floria Siani (I.C. Don Bosco)

Scuola Secondaria Superiore

Assunta Sapere (Liceo Linguistico “De Filippis – Galdi”), Angela D’Amore (I.I.S. Gaetano Filangieri); Anna Fiorillo (Liceo Linguistico “De Filippis – Galdi”)

Segnalati con menzione speciale: Annarita D’Amato, Valeria Della Rocca, Silvana Pirollo, Roberta Trapanese (Liceo Linguistico “De Filippis – Galdi”), Andrea Salluzzo (Liceo Scientifico “A.Genoino”), Marika Avella e Lucia Pisacane (IIS “Della Corte – Vanvitelli”)