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CAVA DE’ TIRRENI (SA). L’Agenda letteraria di Gabriella Pastorino, una sinfonia della creatività

In tour per il territorio: a Cava de’ Tirreni il 12 dicembre.


Giovedì 12 dicembre 2019, alle ore 18,15 presso la Sala d’Onore del Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni, in Piazza Abbro, col patrocinio del Comune di Cava de’ Tirreni e della Casa Editrice “NoiTré”, sarà presentata l’Agenda letteraria 2020, curata da Gabriella Pastorino. Interverranno il Sindaco di Cava de’ Tirreni Vincenzo Servalli, il Vicesindaco e Assessore alla Cultura Armando Lamberti, il Presidente dell’Associazione Giornalisti di Cava de’ Tirreni e Costa d’Amalfi “Lucio Barone” Emiliano Amato, lo scrittore Pasquale Di Domenico, la poetessa Silvana Salsano, l’Editrice e scrittrice Gabriella Pastorino, che farà anche da relatrice ufficiale. La conduzione sarà affidata a Franco Bruno Vitolo.

L’Agenda, giunta oramai alla sua quattordicesima edizione e come sempre consacrata alla Cultura della Mente, del Cuore e della Vita, presenta una calibrata fusione di poesia, saggistica, narrativa, arte e curiosità, diventando di fatto un libro da leggere e da tenere sul comodino per godersi anche per pochi minuti il gusto di un’informazione o di un’emozione in più. Quest’anno è incentrata sul tema dei Perennials, cioè di coloro che fino a tarda età fanno sentire il loro peso nella vita sociale ad ogni livello. Contestualmente, i filoni di conoscenza avranno come stelle polari il poeta turco Nazim Hichmet, una delle più grandi personalità letterarie del secolo scorso, il pittore americano Edward Hopper, lucido cantore dello straniamento metropolitano, e il nostro Dante Alighieri, con i suoi tre campioni infernali, il Conte Ugolino, Paolo e Francesca, Ulisse.

E poi i confronti tra la moda di mille anni fa, cioè di ieri, e quella di oggi, e i bei bei racconti della stessa Pastorino… e le spiazzanti sculture di Matteo Pugliese sull’uomo spezzato… Sono solo alcune fette della grande torta: l’anno è lungo trecentosessantacinque giorni …

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Natale al Comitato per il Sacrario Militare

La celebrazione verrà officiata dal Cappellano Militare Capo don Claudio Mancusi.


Sarà il Cappellano Militare Capo don Claudio Mancusi a celebrare, nella chiesa di S. Maria Assunta in Cielo e delle Anime del Purgatorio a Cava de’ Tirreni, lunedì 16 dicembre alle 18, la messa natalizia in suffragio dei Caduti Cavesi di tutte le guerre organizzata dal Comitato per il Sacrario Militare di Cava de’ Tirreni.

All’evento parteciperanno le autorità civili e religiose, i componenti del Comitato per il Sacrario Militare, una rappresentanza del 45 esimo Battaglione Trasmissioni Vulture di Nocera Inferiore ed i genitori del Caporale Maggiore Capo Massimiliano Randino, vittima del terrorismo.

“Come di consuetudine –dichiara Daniele Fasano presidente del Comitato per il Sacrario Militare di Cava – in occasione delle principali festività cristiane, rendiamo omaggio ai valorosi eroi caduti in guerra che hanno sacrificato la loro vita per noi. E’ infatti un nostro preciso dovere civile e morale, veicolare un profondo messaggio di pace e solidarietà ricordando chi ha compiuto il sacrificio supremo, per non far mai cadere nell’oblio il ricordo delle tante persone che hanno immolato la propria vita, combattendo per la patria”.

CAVA DE’ TIRRENI (SA). “Le voci di dentro”: buona la prima volta insieme per il Piccolo Teatro al Borgo e Arcoscenico

Sala del Vecchio Seminario in Piazza Duomo di Cava de’ Tirreni: in scena “Le voci di dentro”, di Eduardo De Filippo, uno dei suoi capolavori, che, come è noto, racconta del sogno di un presunto omicidio scambiato per realtà e capace di far emergere tutta una raggelante realtà di rancori e meschinità, di veri e propri “crimini del cuore”, anche all’interno della stessa famiglia.

Quella di sabato 23 e domenica 24 novembre era la prima esibizione congiunta dello storico Piccolo Teatro al Borgo di Mimmo Venditti e degli scalpitanti puledri dell’Arcoscenico di Luigi Sinacori. Ed è andata bene. Lo scorso anno i due gruppi avevano costituito una coppia di fatto, convivendo sullo stesso cartellone e unendo le energie nelle organizzazione. Una struttura alla pari, ma ancora in parte con la disposizione psicologica della chioccia vendittiana che fa crescere i pulcini sinacoriani, accogliendoli con sé e fornendo una stimolante apertura di credito. L’avere quest’anno riformato la “società”, per di più aggiungendo altri due spettacoli a quelli storici dei due gruppi e producendo due rappresentazioni edoardiane in comune (oltre a Le voci di dentro, Il Sindaco del Rione Sanità) è stato il segno che oramai la fiducia era stata ripagata, la coppia si è consolidata e si è giustamente pensato di “allargare la famiglia”, generando i due spettacoli insieme.

Mancava però la prova del fuoco, cioè il risultato pratico agli occhi del pubblico. E la prova del nove rispetto alla prova del fuoco è stata l’opinione diffusa che, se un esterno avesse visto lo spettacolo senza sapere nulla degli attori, non avrebbe certamente pensato che in quel momento si stava sperimentando la convivenza di due compagnie diverse. Merito anche del fatto che l’opera è stata già più volte rappresentata da Venditti (che ne è anche l’applaudito protagonista, insieme col col suo storico compagno di scena, Matteo Lambiase, una garanzia di qualità e di “professionalità”), quindi gli arcoscenici si sono inseriti in un contesto già consolidato, ma l’esito non sarebbe certo stato positivo se non ci fosse stato anche il talento primario dei vari Luigi Sinacori (un portinaio felicemente vivace e impiccione), Gianluca Pisapia (il giovane Cimmaruta, ben reso nella sua “fragile tostità”), Mariano Mastuccino (un rassicurante secondino) e compagnia bella (qui il termine è proprio il caso di usarlo…). Una compagnia bella composta anche da Daniela Picozzi e Raffaele Santoro (convincenti nei panni dei coniugi Cimmaruta, rabbiosamente rancorosi tra loro, travolti dalle delusioni di coppia e dalle spine di un lavoro ora mancante ora ambiguamente utile), Licia Castellano (la cameriera, colorita affabulatrice iniziale di un orrido sogno, che anticipa l’atmosfera della storia), Maria Spatuzzi (zia “saponatrice” adeguatamente “familiare” e misteriosa), Anna D’Ascoli (opportunamente disperata come dello sparito Amitrano), Raffaele Palazzo (malavitoso “Capa d’angelo” e buona presenza scenica), Attilio Lambiase (in due ruoli molto sensibili ma poco visibili, come quello di Zi’ Nicola e Aniello Amitrano), Enza Senatore (figlia smarrita e accusatrice).

 

Lo spettacolo è andato avanti a scorrimento veloce, con la giusta empatia sulla scena tra gli attori e dalla scena tra gli attori e il pubblico. Dalla nuova compagnia una e bina è venuta fuori anche la forza profonda del contenuto di quella che è una delle più belle e più profonde commedie eduardiane, dove si sente forte non solo l’eco di Pirandello, ma anche la personalità del grande commediografo napoletano. Ad esempio, se quella sospensione tra sogno e realtà e quel disvelamento dell’inferno familiare sono anche squisitamente pirandelliani, sono eduardiani l’umanità popolare e carnale dei personaggi e lo scioglimento finale della verità in discussione cioè l’apparizione reale di Amitrano.

Eduardo non si lascia mai incatenare dal relativismo assoluto pirandelliano: per lui non siamo uno, nessuno o centomila, ma anche “qualcuno”. Per lui può anche capitare che “è così se ti pare”, ma alla fine qualcosa appare. Ad esempio, se è “impossibile”, oltre le “quasi evidenti evidenze”, convincere i singoli Cimmaruta che il crimine non è stato commesso da uno di loro e che Alberto Saporito, il sognatore errante, non ha le prove del presunto omicidio, tuttavia alla fine anche loro, che su questa falsa credenza stavano quasi per costruire un vero omicidio (quello del testimone scomodo, Alberto) devono fare i conti con la realtà oggettiva: Aniello Amitrano è vivo e vegeto e non ha subito nessun attentato alla sua vita.

È pirandelliana e eduardiana l’idea che non ci sono buoni e cattivi, ma che ognuno ha il suo fardello di pena da gestire in quanto uomo. Eduardo però non vola nella metafisica dell’uomo in astratto, ma penetra nella triste realtà dell’uomo invischiato nella povertà di origine sociale e nelle meschinità di origine personale. Essendo anche la società “partorita” dall’uomo, Eduardo alla fine rivela un profondo pessimismo sul modo con cui vanno le cose, sull’incomunicabilità che approfondisce i solchi tra le persone e a volte genera guerre tra le quattro mura di casa.

È questo il retrogusto amaro che viene dall’intero dramma e dal pirandelliano “smascheramento” delle voci di dentro. Esso è incarnato dagli sputi e dal silenzio permanente e volontario del mitico “zi’ Nicola”, che, rinchiuso nel suo sgabuzzino, comunica solo con i fuochi artificiali, compreso dal solo Alberto Saporito, superstite bagliore di un’umanità perduta. È incarnato dalla gestione che il personaggio fa della situazione in tutto il terzo atto: una messa al muro delle responsabilità morali della famiglia Cimmaruta, disarmante groviglio di vipere, e di suo fratello Carlo, un Matteo Lambiase come al solito efficace nelle sue colorite recitazioni e qui capace di rendere bene la meschina e opportunistica ipocrisia del personaggio, che ha approfittato della situazione per vendere la roba di casa a suo vantaggio.

Ci ha convinto pienamente la resa teatrale organizzata da Venditti in questo raggelante finale. Diversamente che in altre messe in scena della stessa opera, qui egli, senza patetizzare lo smarrito dolore del fratello tradito e della persona innocentemente sotto tiro, con il suo consolidato mestiere e la sua artistica capacità di bucare la scena, ha ben evidenziato la consapevole rabbia verso le colpe e gli eccessi di un miserabile tessuto sociale che mette sotto cenere gli affetti e la lealtà. Conseguentemente, possiamo anche comprendere la piccola forzatura rispetto al testo nella scena finale. I due fratelli non rimangono immersi nel gelo che si è creato tra loro, ma Alberto trova la forza del perdono e dell’abbraccio. Un messaggio forte ed eticamente attuale, quello vendittiano, in questi nostri tempi fatti di muri più che di ponti.

Meritati allora gli applausi e i complimenti ricevuti alla fine da tutta la Compagnia Bella. Quasi il viatico per continuare ancora con convinzione ed entusiasmo.

E sabato e domenica prossima, 7 e 8 dicembre, si continua. In scena Un matrimonio in bianco, di Luigi Sinacori: con i puledri di Arcoscenico pronti per una nuova scalpitata in avanti. Il prossimo articolo sarà dedicato solo a loro: a questo prossimo spettacolo, a quello del debutto ed al loro personale bilancio di questo primo anno in coppia con Venditti.

CAVA DE’ TIRRENI (SA). RICICLAMIAMO”, dodici mesi per baciare l’ambiente e la tua città

L’Amministrazione Servalli e la Metellia Servizi, hanno presentato stamattina presso il Monastero di San Giovanni, al Borgo Grande, “RICICLAMIAMO – Dodici mesi per baciare l’ambiente e la tua città”, il Calendario 2020 firmato da Metellia Servizi e dedicato alla raccolta differenziata e alla salvaguardia dell’Ambiente.

Il progetto della municipalizzata torna per il secondo anno, ma con una novità. “Riciclamiamo 2020” nasce, infatti, dalla sinergia e dalla collaborazione con gli Istituti comprensivi e gli Istituti di Istruzione secondaria superiore del territorio cittadino. Gli studenti, sulla base di un apposito regolamento e all’interno di una cornice comune, hanno ideato sia il visual che la parte testuale, con messaggi di informazione e di sensibilizzazione al riciclo ed al rispetto delle norme ed agli orari di conferimento dei rifiuti differenziati. Ad ognuna delle strutture scolastiche che hanno aderito all’iniziativa sono stati assegnati 2 mesi, corrispondenti a due differenti materiali.

Oltre 150 i lavori pervenuti da parte degli allievi dei 7 Istituti scolastici coinvolti, tutti caratterizzati da grande consapevolezza della tematica e profondo senso di responsabilità nell’affrontarla, tra i quali sono stati selezionati i 13 utilizzati per la realizzazione della copertina e dei dodici mesi di “Riciclamiamo 2020”, secondo l’assegnazione di seguito riportata:

Mese

Istituto

Materiale

Copertina

IIS Della Corte – Vanvitelli

Gennaio

Istituto comprensivo Giovanni XXIII

Multimateriale

Febbraio

Istituto comprensivo Trezza – Carducci

Vetro

Marzo

Scuola secondaria di I grado A. Balzico

Carta

Aprile

IIS G. Filangieri

Frazione organica umida

Maggio

Liceo Scientifico A. Genoino

RAEE

Giugno

Liceo Scientifico A. Genoino

Rispetto

Luglio

IIS De Filippis – Galdi

Risorsa

Agosto

IIS G. Filangieri

Responsabilità

Settembre

Istituto comprensivo Trezza – Carducci

Pile

Ottobre

IIS De Filippis – Galdi

Farmaci

Novembre

IIS Della Corte – Vanvitelli

Secco Indifferenziato

Dicembre

Istituto comprensivo Giovanni XXIII

Centro di Raccolta

Nel corso della presentazione è stato, inoltre, lanciato il progetto del Calendario Metellia per il 2021 che vedrà nuovamente coinvolti gli Istituti comprensivi e superiori di Cava de’Tirreni.

“La raccolta differenziata – ha affermato il Sindaco Servalli – è soprattutto una questione culturale, e ogni giorno siamo impegnati a promuovere la necessità del riciclo come unica strada percorribile per la salvaguardia dell’ambiente, soprattutto investendo sulle nuove generazioni. Con questo calendario cogliamo due aspetti importanti: educare, attraverso la partecipazione, i giovani studenti e coinvolgere le famiglie, i cittadini, e quindi gli adulti. Nonostante la nostra città raggiunga una elevata percentuale di raccolta differenziata, bisogna che si acquisisca maggiormente la consapevolezza del rispetto delle regole evitando di conferire rifiuti fuori orario e peggio ancora senza differenziare. Un danno non solo all’igiene e al decoro della città, ma anche alle casse comunali che sono costretti a spese ulteriori che potrebbero essere evitate e produrrebbero un risparmio per tutti i cittadini”

“Siamo molto soddisfatti ed orgogliosi – ha dichiarato l’Amministratore unico della Metellia Servizi, Giovanni Muoio – del calendario realizzato in collaborazione con le scuole del territorio. La partecipazione registrata dall’iniziativa, sia in termini di numero dei lavori pervenuti che di qualità degli stessi, è una dimostrazione tangibile del proficuo percorso che insieme, la società e le strutture scolastiche cittadine, stanno compiendo. Questo ci spinge a fare ancora di più e ancora meglio. Per il calendario del 2021, infatti, l’idea è quella di assegnare agli istituti dei compiti operativi in tema di rispetto per l’ambiente e raccolta differenziata, che poi gli studenti tradurranno nelle pagine del nuovo calendario”.

VIETRI SUL MARE (SA). Centro culturale CaT: “Negritudine della ceramica vietrese. Da Riccardo Dòlker a Salvatore Procida”

Presso il Centro Culturale C.a.T., in Via Ospizio 3 a Vietri Sul Mare, si terrà mercoledì 4 dicembre alle ore 18,00, la presentazione del libro “Negritude della ceramica vietrese. Da Riccardo Dòlker a Salvatore Procida” curato da Giorgio Napolitano e Maria Grazia Gargiulo; alla serata, che sarà presentata da Antonio Dura e Rossella Nicolò, interverrà Matilde Romito.

Il concetto di negritudine nasce dagli scrittori neri di ambito francofono alla fine degli anni ’40 del ‘900, Leopold Senghor ed Aimé Césaire. Nei loro scritti essi riaffermano una vera condizione umana ed identità degli africani. In contrapposizione all’uomo bianco della logica Senghor afferma: «Il Negro è l’uomo della natura» e l’emozione è il suo modo di conoscenza; la negritudine è tensione dell’anima, è il progetto dell’essere-nel-mondo del negro.

Questa proposizione era già da tempo molto attrattiva per numerosi artisti del ‘900 come Picasso, Derain, Tristan Zara ed in Italia per il gruppo dei Futuristi come Prampolini, Tato ed il napoletano Cocchia.

A Vietri a descrivere le suggestioni d’Africa per primo è Riccardo Dolker; egli presenta, attraverso la sua sensibilità, una dimensione dell’uomo che ha ancora rispetto della natura ed è immersa in una sorta di panteismo originario. A questa stesse fonte di condizioni umane ma traslata nel tormentato periodo post-bellico, si alimentano le forme espressive ceramiche di Salvatore Procida.

Le sue figurazioni nascono dalla necessità di esprimere le vicende, i miti, le ritualità, in questo senso l’artista ha una modalità sacro-religiosa di avvicinarsi agli uomini ed alla natura. La forza plastica di Procida travalica i limiti formali, si tinge di atmosfere oniriche, di rituali arcaici, ponendo la sua ricerca estetica distante dalle usuali letture. Ingresso libero.