CavaViva

Fatti, fattarielli ed eventi della vita culturale a Cava … e dintorni. A cura di Franco Bruno Vitolo.

 

CAVA DE’ TIRRENI (SA). IL Premio Licurti chiude alla grande. La principessa Liliana De Curtis regina della serata

Chiusura alla grande per il Premio Licurti, l’11 settembre scorso, negli ariosi spazi dei Giardini di San Giovanni e davanti alle massime autorità cittadine, dal Sindaco Marco Galdi all’on. Giovanni Baldi, dal Presidente dell’AST Mario Galdi al Commissario politico PDL Gigi Casciello,  dall’Assessore alla Cultura Teresa Sorrentino agli altri Assessori e Consiglieri.

Teatro, poesia, storia, sorrisi e canzoni. E tanti brillii di stelle. Ma, come il chiarore delle stelle è oscurato dalla Luna, così per tutti, nonostante le tre ore di spettacolo, è stata “la serata di Liliana”.

Era tutta per lei, Liliana De Curtis, figlia del grande Totò e madrina della serata, l’attesa degli organizzatori e di tutta la Città. Davanti all’albergo, e lungo il Corso, ed all’ingresso dei giardini, e dentro il gremito spiazzale dei giardini, gli occhi, i cuori, i sorrisi, le mani tese per gli autografi, i sorrisi pronti per le foto ricordo, erano tutti per lei. Segni di affetto per lei e della vivissima presenza nella memoria del suo grande papà, splendido attore, espressione profonda dell’anima di un popolo, comico che non può morire.

Del resto, tutta la serata, organizzata con entusiasmo e passione (e con uno staff comunale assolutamente all’altezza) dalla dea ex machina Teresa Sorrentino, Assessore alla Cultura e affettuoso gancio di amicizia con Liliana De Curtis, e dal Sindaco Marco Galdi che ha colto a volto la succosa opportunità, era volta a stabilire, anzi a ristabilire, un ponte tra la famiglia De Curtis e l’intera Città. Nel momento culminante, infatti, come a suo tempo fu pionieristicamente proposto dal giornale Cavanotizie.it, è stata offerta in omaggio alla Principessa una copia a grandezza originaria del quadro di Camillo De Curtis di Licurti, oggi esposto nell’Aula Consiliare, che Totò, ritenendo rappresentasse un suo antenato, aveva cercato invano di acquistare, ricevendo però un cortese ma fermo rifiuto da parte del Sindaco Eugenio Abbro. Ne era rimasto amareggiatissimo, ma crediamo che in fondo avesse compreso che il Sindaco intendeva custodire un patrimonio della Città.

Il sorriso “a pupille languide” che Liliana De Curtis ha mostrato davanti al quadro era una porta aperta su un mondo di ricordi e di affetti che tuttora la intenerisce profondamente e che rappresenta parte essenziale della sua identità.

Ed è con il sorriso nel cuore che Liliana De Curtis è tornata nella sua Napoli, tanto è vero che, ai reiterati ringraziamenti ricevuti, lei ha risposto con un affettuosissimo messaggio indirizzato all’Assessore Teresa Sorrentino: Gentile assessore, siamo noi che ti ringraziamo per la grande emozione che ci hai dato. Quel bagno di folla è un grande regalo….IL Sindaco è stato uno straordinario padrone di casa. E tu sei divina. Grazie.

C’era tutto in questo messaggio: la percezione tattile dell’affetto dei cavesi, il riconoscimento della classe accogliente del Sindaco Galdi, l’affetto profondo che la lega da circa vent’anni all’Assessore: quel divina non è un complimento da star system, ma il richiamo al collante religioso del loro legame, che è la figura di Padre Pio, anzi San Pio, del resto più volte evocato anche durante la serata, grazie alla presenza di Gianni Mozzillo, Direttore della Rivista Sui passi di Padre Pio, oltre che amico sia della De Curtis che della Sorrentino..

Un riconoscimento alto, in questo messaggio, la ciliegina sulla torta della memoria nell’immaginario non solo dell’Assessore e del Sindaco, ma di tutta la Città.

Un altro significativo riconoscimento è venuto dall’ex Ministro Mara Carfagna, che, pur se impossibilitata a presenziare per impegni istituzionali (ma era presente suo padre, il Dirigente Scolastico prof. Salvatore Carfagna, legato personalmente a Liliana De Curtis, anche nel nome di San Pio), ha inviato un messaggio non istituzionale, di affettuoso ed amichevole riconoscimento per l’opera dell’Assessore Sorrentino e del Sindaco Galdi, per la figura della Principessa Liliana, per la qualità complessiva dell’iniziativa.

Era doveroso dilungarsi di più, nel resoconto, sulla figura di Liliana De Curtis, faro della manifestazione, ma, come si è detto inizialmente, tutta la serata, ottimamente riuscita nonostante la lunghezza e la conclusione ad ora tarda, è stata caratterizzata da presenze prestigiose e qualificanti.

Da ideale primo valletto della Principessa nell’attesa e nell’immaginario cavese, senz’altro Manuel Foresta, il giovane e promettentissimo cantante cavese esploso quest’anno a The Voice, il talent show di Raffaella Carrà su Rai 2, risultando finalista ed anche vincitore del Premio del pubblico. Cinque canzoni, dalle sue origini all’inedito della trasmissione, un torrente di note sgorgate dalla sua voce cavernosa e armoniosamente modulata, dalla sua figura dinoccolata e possente, dal suo simpatico carisma nascente.

Cinque canzoni, e un viatico: l’attesa di una spedizione al Festival di Sanremo. Auguri!

Non dimentichiamo però che il cuore primario della serata era rappresentato dalla Premiazione della Rassegna teatrale, organizzata da Geltrude Barba e dedicata appunto, come Premio Licurti, al grande Totò ed alla sua parte “cavesizzabile”. Tutti gli intervenuti , coronando i commenti che si sono succeduti nel corso delle rappresentazioni al teatro Comunale “Luca Barba” durante l’estate, sono stati d’accordo nel lodare la qualità delle Compagnie e degli spettacoli, di impronta moderna e di impatto diretto col pubblico, che è accorso sempre più folto fino a determinare più di un tutto esaurito. Il premio idealmente è stato assegnato a tutte le compagnie proprio in ragione di questa qualità, con menzioni speciali: ad Antonello De Rosa, per il suo Le cinque rose di Jennifer da standing ovation; a Claudia De Biase per la performance che ha ricordato ai cavesi il dramma e la dolce figura della farfalla di maggio Simonetta Lamberti, uccisa dalla camorra; alla versatile, vivace, pastosamente bravissima Rosaria De Cicco, premiata per tutta una carriera che l’ha portata sotto i fari del prestigio nazionale. Insomma, tanti spettacoli, ed una Rassegna da replicare in futuro. E tanti complimenti alla Direttrice Artistica Geltrude Barba, che ha saputo scegliere alla grande e si è saputa circondare di uno staff di adeguata qualità, a cominciare dalla solare presentatrice Carmela Novaldi.

In rapida successione citiamo gli altri ospiti, tutti ben graditi e applauditi: Stefano Bucci, il popolare imitatore nazionale che si è divertito a rifare il suo Zeman, il suo classico Celentano, i suoi storici politici, Prodi e Berlusconi in testa, ed alla fine ha letto ’A livella con un’intonazione alla Totò. Il chitarrista Espedito De Marino, che ha eseguito, tra varie canzoni, il classico totoiano per eccellenza, la bellissima Malafemmena, del resto già cantata in passato con Roberto Murolo, anche alla presenza di Liliana De Curtis. Il maestro di pianoforte Gianni Adinolfi ed il maestro di percussioni Gerardo Sapere, che hanno sapientemente accompagnato tutte le performance musicali. Il cavese Gennaro Campania, figura storica del teatro classico e da cabaret. La giovane cantante Andrea Arena, che ha volato tra i classici della canzone napoletana con una voce già incisivamente calda e modulata. Il professore cavese Franco Bruno Vitolo, presente nella sua veste di giornalista, oltre a commentare le prospettive di Cava col suo bell’avvenire dietro le spalle, ha riscoperto un’inedita ed amara poesia di Totò, Che è ll’ommo. La giovane Filomena Pisano, emozionata e coinvolgente interprete dei suoi versi. La pittrice rumena Daniela Dumbrava, che ha regalato a Liliana De Curtis un suo quadro spirituale fatto di polifonici colori, suo figlio Raul, che a soli otto anni è già protagonista di fiction e che ha simpaticamente recitato una poesia di Totò. Francesca Cipriani, brillante talent scout e produttrice di trasmissioni televisive per bambini.

Ultima, ma non meno importante (anzi…), la presenza unificante del presentatore, il cavese Alfonso Senatore, inviato di Rai Uno Mattina, che con disinvoltura e spiritosa vivacità ha legato i numerosi momenti della serata, e nei momenti culminanti è riuscito anche far ridere di suo la Principessa De Curtis, il che lo ha giustamente gasato e gli ha permesso di chiudere in bellezza una bella serata da conduttore leader nella sua Cava.

 

 

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Una storia contemporanea, di Stefania Cataldo. Presentazione al Marte di Cava il 26 settembre. Il figlio è disabile e la coppia scoppia. E se fosse disabile la coppia?

 

Stefania Cataldo mostra il suo libro

Stefania Cataldo mostra il suo libro

Tra le non poche novità che quest’anno caratterizzeranno a Cava de’ Tirreni  la Festa dell’Osservatorio cittadino delle diverse abilità, in programma a fine settembre, spicca la presentazione di libri che, direttamente o indirettamente, affrontano l’argomento.

Ed è interessante e per certi versi provocatorio il taglio dato da Una storia contemporanea (Ed. Aletti), opera prima dell’avvocato salernitano Stefania Cataldo.

La storia contemporanea è una intensa, controversa, partecipata, ma comune storia d’amore. Coinvolge Lauren, giornalista, salernitana di origine, romana di adozione, e Claudio, giovane professionista romano di famiglia agiata. Incontro fascinoso, approcci ammalianti, superamento di significativi contrasti caratteriali, intesa galoppante, sensi incantati, matrimonio promettente.

Le premesse per un’armonia sempre più appagante all’apparenza ci sono tutte, ma la luce si spegne dopo che nasce Mattia, affetto da seri problemi cognitivi e di mobilità.

Una situazione da affrontare di petto, e insieme. Ma i due sposi non ci riescono. Da una parte, lei, dopo aver stretto i denti per superare lo smarrimento, decide di lottare e di affrontare il cammino tenendo caldamente per mano la crescita del bambino. Dall’altra Claudio progressivamente rifiuta, fugge, si tuffa nella vita fuori casa. I problemi, anziché unirli, li hanno divisi. Nei progressivi sviluppi della crisi, intervengono quasi naturalmente anche approcci extramatrimoniali. E la loro nave, pur se tra alti e bassi, pentimenti e rinascite, naviga tra ribollenti onde di tempeste emozionali, in cui i due protagonisti non mancano di commettere errori anche gravi di relazione e di comunicazione.

 

Stefania Cataldo con la poetessa cavese Marisa Annunziata, che ha fatto da scopritrice e da gancio.

Stefania Cataldo con la poetessa cavese Marisa Annunziata, che ha fatto da scopritrice e da gancio

Come si può notare, nella breve presentazione della trama abbiamo detto “dopo che” nasce il figlio disabile” e non “poiché” nasce il figlio disabile.

La distinzione è importante, perché lo spirito del romanzo va proprio in questa direzione. L’obiettivo primario della Cataldo non è di parlare della disabilità e del modo di gestirla, ma di far capire come di fronte a difficoltà e problemi da superare conti non tanto l’entità del problema, ma il modo con cui lo si affronta. Un modo che svela di fatto il carattere di ognuno dei protagonisti. E nella gestione della difficoltà il carattere può maturare e rafforzarsi, oppure, se non supera la fragilità di partenza,  può andare a rischio di disgregazione.

In qualche modo quindi è un romanzo di formazione, o per certi versi, di “deformazione”. Da qui sviluppa tutta una serie di tematiche, come il senso di colpa, comportamentale o genetico, che accompagna il genitore di un figlio disabile, lo scontro tra la paura di generarne un altro simile ed il desiderio di provare con un altro figlio la compensazione di certi squilibri. O anche, e forse soprattutto, i problemi che si moltiplicano quando tra le persone non c’è una comunicazione aperta, tanto più necessaria nei momenti difficili e tanto più grave quando i protagonisti sono legati da un rapporto di intimità e di coppia. Il tutto viene incorniciato nella ricerca di un’etica di vita, di una padronanza delle emozioni,  di una forza d’animo adeguate a sostenere il senso di responsabilità ed i disagi affettivi e magari a fecondarli come costruttori di nuove opportunità, e non come distruttori di provate armonie.

Questo, ed altro, quindi, nel romanzo di Stefania Cataldo. Varrà la pena venirlo a conoscere nella presentazione, che si terrà il 26 settembre alle 18,30 in Mediateca. Ma varrà la pena anche leggerlo e riflettere sulla lezione di una vicenda comunque dolorosa ed a tratti imbarazzante. Anche per questo, tante volte la letteratura è maestra di vita …

 

CAVA DE’ TIRRENI (SA). In scena i due fratelli di Vietri e la maschera di Totò. Premio Licurti: un successo al galoppo

Leggende locali, canzoni accattivanti, marionette danzanti e richiami al grande Totò nel prosieguo della Rassegna del Premio Licurti, che si sta incuneando nell’estate con progressivo e meritato successo di pubblico, corroborato da apprezzamenti sempre più convinti per l’opera della Direttrice Artistica Geltrude Barba.

Il giorno di Ferragosto, in scena la giovane Compagnia Il Proscenio di Vietri sul Mare (in cui brilla anche il cavese Pietro Paolo Parisi) con I due fratelli…una storia leggendaria; la sera successiva, la stabiese Compagnia degli Sbuffi, teatranti di strada alle nozze d’argento con lo spettacolo, ha celebrato la figura di Antonio De Curtis con le marionette giganti de L’Immaginifico Totò.

I due fratelli recupera una delle svariate leggende sull’origine dei due faraglioni che troneggiano pittoreschi sul mare di Vietri. I due fratelli della storia, innamorati della stessa ragazza, muoiono insieme, annegati, per soccorrerla, invano, tra le onde di una violenta tempesta. Il dio del mare, pur impossibilitato a salvarli, nel luogo dove si sono gettati per il nobile tentativo di salvataggio, fa nascere dalle acque due grandi scogli ad imperitura memoria del loro amore e della loro generosità.

Lo spettacolo, preparato con passione e spirito di gruppo, è caratterizzato da alcuni pregi e limiti emersi con netta evidenza.

Si sviluppa infatti con colorata e coinvolgente gradevolezza, arricchita da alcune idee originali, sfiziose e “gustose”. Ora i singoli ora il gruppo intero, ben guidati in scena dal regista cantattore Claudio Collano, con affiatati movimenti ed intonazioni vocali adeguate, hanno intonato in successione quasi ininterrotta le più belle e famose melodie della canzone napoletana, con costumi vivaci che evocano epoche antiche, in una scenografia dominata da banchi di mercato ricchi di frutta, con frequenti interpolazioni tra la scena e la platea, culminanti nel dono concreto di succulenti limoni sfusati della Costiera e addirittura di saporiti “cuoppi” contenenti fragrante frittura di paranza “vera” e tutta da sgranocchiare nel godersi lo spettacolo.

Questo aspetto musicale, che è stato manifestamente gradito da un pubblico da tutto esaurito, ha finito però col mettere in un angolo la parte squisitamente narrativa, ridotta di fatto all’osso: un’introduzione narrante accompagnata da immagini del luogo, la conclusione narrata, l’evocazione rapidissima della tempesta e della nascita degli scogli, qualche battuta volante appena accennata tra una canzone e l’altra. La successione delle canzoni solo a tratti era in linea con la storia, svelando la scelta di voler giocare sul sicuro con musiche consolidate anziché rischiare con testi ancora da inventare.

Era però solo il “prebattesimo” di questo nuovo lavoro, che non è stato ancora presentato neppure a Vietri: si ha quindi tutto il tempo di arricchirlo con un testo più corposo ed efficace, che magari serva anche da collante per la successione delle canzoni.

Insomma, un’opera piacevole, ma che può e deve ancora crescere: le premesse e le doti ci sono. Quindi, niente scogli per il suo futuro navigare: solo, i due magnifici fratelli… che comunque sono già ben lieti dell’omaggio amico offerto da quelli del Proscenio. E ringraziano di cuore. Ma aspettano, anche…

Neppure la Compagnia degli Sbuffi ha inventato testi nuovi, mettendo in scena L’Immaginifico Totò. Ha però inventato una scrittura scenica originale fondata sull’artigianalità sempre affascinante del marionettismo. E non era facile. Non è mai facile in questo campo, soprattutto quando si devono scalare gli stilemi della comicità.

Stavolta erano marionette per adulti, con periodici saltelli nel mondo dei bambini: e così lo spettacolo poteva tranquillamente piacere a tutte le età, così come riesce ancora il grande comico, che è stato ben capace di sfondare le barriere del suo tempo.

Alle varie maschere del burattino Totò si sono affiancate gallinelle e animali danzanti, ad integrazione di una vivace sarabanda di colonne sonore e canzoni sapor Totò e di evocazioni cinematografiche, con la partecipazione straordinaria di spalle giganti come Anna Magnani e Nino Taranto. Il tutto cucito, con notizie biografiche e piccoli aneddoti, dalla freschezza coinvolgente del giovane “presentattore” Christian Izzo, che per conto suo si è anche esibito in accenni di can can, passeggiatine musicali con il tamburo-piatti a spalla, richiami alla famosa dettatura della lettera di Totò e Peppino e la malafemmina, per finire con la lirica malinconia della preghiera dell’attore, recitata malincomicamente in stile Totò col naso rosso del clown triste. Interessante anche la soluzione scenica di rendere il più possibile visibili i marionettisti e quindi la finzione scenica, alla fine smascherando e spiegando i meccanismi del movimento del burattino.

Ne è derivata un’ora forse senza grandi picchi artistici (a parte alcune finezze da burattinai), ma piacevole ed originale: di mestiere, ma con un’anima ed una personalità.

Così come anima e personalità sta del resto dimostrando tutta la Rassegna del Premio Licurti, grazie all’appassionata tenacia ed all’orgogliosa competenza di Geltrude Barba, la General Motors del Premio Licurti e della nuova vita di tutto il Teatro Comunale.

Cava de’ Tirreni (SA). Premio Licurti, la rassegna è bella. E spuntano gli Extravagantes di Gargiulo

Nel mezzo del cammino della rassegna teatrale estiva, stanno emergendo nei fatti le linee guida del lavoro della Direttrice artistica Geltrude Barba. Non voleva lavori semplicistici o dilettanteschi, non voleva fermarsi ai confini della Valle Metelliana e delle sue pur gradevoli compagnie più o meno parrocchiali. E ci sta riuscendo bene: i sei spettacoli finora effettuati sono stati decisamente all’altezza, per qualità e contenuto. Ha emozionato Nel campo delle viole cantando le vittime innocenti della camorra (Simonetta Lamberti in primis), ha entusiasmato la coinvolgente versatilità della magnifica Rosaria De Cicco, star numero uno dell’intera rassegna, hanno fatto riflettere lo smarrimento sociale e lo spirito di lotta di Petruzzi, hanno divertito i pornoconfusionari di Primo aiuto.

Ci piace qui sottolineare quella che finora è stata la scoperta forse più interessante e gravida di promesse: i napoletani Extravagantes, in scena il 7 ed il 9 agosto con Menecmi di Plauto e La felicità comica, viaggio nella cultura napoletana teatrale e letteraria  di stampo pulcinelliano.

Compagnia giovane, fresca ed appassionata, è nata da poco più di tre anni ed ha già toccato livelli professionistici, mostrando una produttività da conigli di scena: quasi quindici spettacoli, su testi codificati oppure rielaborati in proprio, con autori che vanno dai classici antichi fino a Salemme (E fuori nevica…. O Premiata Pasticceria Bellavista) o anche alla Comencini oppure scherzosità parodianti ma non aliene dall’attualità come Le promesse spose.

Merito principale di tanta ricchezza produttiva va al fondatore e capocomico, il giovane Antonio Gargiulo. Cultura classico-liceale alle spalle, passione da innamorato per la scena, talento teatrale nel DNA, cultore, sceneggiatore, attore e soprattutto regista,  ambizioni legittime e ad hoc con colazione mattutina a pane e orgoglio, Antonio, che ha solo ventisei anni e una maturità teatrale di almeno dieci anni superiore, ha dimostrato di avere come capo comico il capo di un comico ed il senso del tragico che a volte insito nel comico.

Gargiulo, che pure ha ancora grandi margini di miglioramento e, speriamo, l’umiltà giusta per raggiungerli, ha comunque dimostrato di saper già allestire una scrittura scenica adeguata coniugando leggerezza e profondità, di poter gestire con sufficiente sicurezza il ritmo dello spettacolo, occupare lo spazio scenico nella sua pienezza, armonizzare il rapporto tra i toni e le singole battute, dare un’anima ed un’unità all’insieme.

Nell’interpretazione delle scene si intravede bene questo lavoro preparatorio, perfezionato dal fatto che, essendo egli stesso un bravo attore, può anche fare il regista in campo. Così alla fine i singoli attori sono portati a dare il meglio di sé, il che, a prescindere dal valore assoluto che varia a seconda del talento dei singoli, è comunque una cifra importante.

Queste capacità si sono evidenziate in forme diverse nei due spettacoli presentati dagli Extravagantes.

In Menecmi di Plauto, è stata creata una traduzione moderna, agile, ricca di venature dialettali, con i classici doppi sensi e giochi verbali del grande drammaturgo latino, ma senza le forzature volgari a cui spesso lo condannano autori ed attori in cerca di effetti speciali per conquistare il pubblico e purtroppo dimentichi che lo special one è proprio Plauto: padre della tecnica comica, che ha tra i suoi figli oltre duemila anni di teatro e di attori. Sulla base del testo, agile e comprensibile, la storia, basata sul doppio, un classico di sempre, è riuscita a catturare gli spettatori nel vortice continuo dell’equivoco e nell’elastico efficace tra la soddisfazione del pubblico che conosce la verità e lo smarrimento dei personaggi che invece la ignorano, almeno fino allo scioglimento finale.

Ne La felicità comica, occorreva invece trovare una sintesi tra la popolarità della maschera di Pulcinella e la necessità di indagare sulle radici più profonde del suo essere l’anima di Napoli, maschio e femmina, uno e centomila. Radici fatte di subordinazione sociale, di contaminazioni amare con la vicinanza del senso di morte, di voglia e capacità di giocare sulle cose e con le cose, di ricerca affannosa della felicità o almeno dei suoi surrogati, di energia scoppiettante nelle scoperte dell’amore e delle speranze, nella compresenza di allegria e tristezza in un perenne malincomico gioco esistenziale.

Il tutto ancora una volta messo in scena con l’intento di evitare le facili furbizie catturaspettatori e di riproporre la figura di Pulcinella attraverso le parole dei letterati antichi che lo hanno fatto vivere nell’immaginario (Fiorilli, Perrucci, Petito, Malaparte e Parlante). Non era facile, anche perché occorreva allontanarsi il meno possibile dalle forme della lingua napoletana del passato. La compagnia alla fine ha vinto la sua battaglia, sconfiggendo anche alcune ritrosie iniziali del pubblico, che si aspettava uno spettacolo più “comodo”.

Dopo un primo tempo vivace ma più concettuale e letterario, e comunque con dialoghi resi al meglio non solo nei momenti di universalità ma anche in quelli di latente inattualità, il secondo tempo si è espanso con piccoli fuochi artificiali scenici, accesi dalla bravura degli attori, tra i quali non possiamo non evidenziare il pirotecnico Biagio Musella, proveniente dalla scuola di Nando Paone, ammirato prima come Pulcinella-Leporello e poi come Pulcinella tritato d’amore e come scatenato e denudato Dottor Nonloseppi.

Alla fine, nello spettatore amante del teatro specchio-cantore dell’uomo senza sfarfallii televisivi o telepubblicitari, è rimasto il sapore della scoperta di giovani a loro modo “alternativi” (se no che extra vagantes sarebbero…) e di un leader  che ha già un bell’avvenire dietro le spalle e un avvenire più bello ancora da venire. Insomma, un piccolo ma significativo sapore di futuro…e di futuro del passato: non è poco in tempi in cui futuro fa rima sempre con oscuro …

Badia di Cava de’ Tirreni – Il Millennio apre ancora le porte ai giovani (24-25 agosto)

Terza edizione alla Badia di Cava per Il millennio apre le porte ai giovani, lo stimolante meeting che con una sapiente intuizione due anni fa è stato ideato dall’Abate Dom Giordano Rota. L’obiettivo era, ed è, quello di creare all’ombra di Sant’Alferio e tra le carezze di verde delle colline metelliane due “giornate per la gioventù”, ricche di aggregazione, socializzazione e spiritualità.

Due anni fa, il punto di riferimento era il Millenario dell’Abbazia, che ha dato anche il nome all’iniziativa. Adesso, si aggiunge anche il respiro religioso ed umano di un momento di transizione importante.

Da una parte, il cambio di direzione all’interno dell’Abbazia Benedettina: da qualche mese Dom Giordano Rota ha lasciato il passo a don Leone Morinelli, un nuovo Amministratore Apostolico fatto in casa. Don Leone è alla Badia praticamente da una vita e ne rappresenta un punto di riferimento fondamentale, dal punto di vista non solo culturale (docente di Latino e Greco ai tempi del Liceo Classico, custode del preziosissimo patrimonio bibliotecario, sapiente ed appassionato studioso, padre generatore del periodico “Ascolta”), ma anche umano, con il suo sorridente spirito di accoglienza ed amicizia.

La transizione dipende poi dalle recenti evoluzioni della Chiesa, che potrebbero avere un sapore epocale.

L’evento del Millennio Benedettino è infatti legato ancora al nome di Benedetto XVI, perché rientra nel periodo dell’Anno della Fede (il tema sarà infatti La fede, fonte di pace e di gioia), a suo tempo indetto da Papa Ratzinger per ricordare sia il cinquantesimo anniversario della storica apertura del Concilio delle aperture, il Concilio Ecumenico Vaticano II, voluto dall’indimenticato e Beato Giovanni XXIII, sia il ventesimo anniversario della promulgazione del Catechismo della Chiesa cattolica, voluta da Giovanni Paolo II, altro pontefice indimenticato e Beato.

Pur se nato nel nome di Benedetto XVI, “Il Millennio apre le porte ai giovani” si sviluppa comunque nell’era di Papa Francesco, che, con il suo coraggioso richiamo al Santo più grande e più “difficile” da imitare, con il suo innovativo recupero della tradizione e con quel linguaggio così comunicativo e così privilegiante il potere dei segni sui segni del potere, sta portando nella Cristianità una ventata di aria fresca, e forse anche provocatoria.

Insomma, la cornice del “Millennio” è allettante, di antico solido legno e di moderni intarsi. Ora, bisogna ridipingere il quadro con adeguate vivacità, intensità, spiritualità e tanta partecipazione.

La manifestazione si svolgerà il 24 e il 25 agosto 2013.

Sabato 24 alle 15,30si procederà alle iscrizioni e alle registrazioni dei partecipanti, quindi si terrà la consueta cerimonia di apertura dell’evento e a seguire la visita guidata all’interno della millenaria abbazia benedettina.

Alle 18,30 i ragazzi della Scuola Media “Carducci-Trezza” offriranno ai partecipanti uno spettacolo di poesie religiose recitate in dialetto napoletano, mentre dopo cena Tony Martin curerà lo spettacolo “Maria… una storia meravigliosa”.

Domenica 25 si potrà scegliere la partecipazione alle letture e alle lodi mattutine insieme alla comunità monastica dell’abbazia, mentre prima della messa i monaci procederanno con le confessioni.

Quindi, pranzo domenicale e saluti con arrivederci.. Per Info, telefonare al 347.1946957: per iscrizioni consultare i siti www.badiadicava.it o badiagiovani@badiadicava.it.“