CavaViva

Fatti, fattarielli ed eventi della vita culturale a Cava … e dintorni. A cura di Franco Bruno Vitolo.

 

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Alla scoperta del Signor G(iacomo Casaula). Vent’anni di freschezza ed un talento versatile e creativo

C’è un talento nuovo coi fiocchi che si aggira sotto i portici di Cava de’ Tirreni: il suo nome è Giacomo Casaula.

Ha solo vent’anni e rotti, ma già ha avuto modo di far brillare le luci della sua estrosa e versatile creatività.

Stiamo imparando a conoscerlo come scrittore, poeta, attore, cantante, show man. Ed in ognuna di queste manifestazioni si sente il seme dell’artista, un seme che ha già germogliato petali colorati e si avvia, con il naturale trascorrere del tempo, a far fiorire l’intera pianta da iridescente giardino, il che avverrà in non molto tempo, soprattutto se troverà i giusti giardinieri e sarà il giusto giardiniere di se stesso.

I primi squilli pubblici Giacomo ha avuto modo di suonarli come attore in erba presso la scuola di Mimmo Venditti, dove era utilizzato più volte come istrionico caratterista, in funzione della sua tendenza ad accentuare, anche comicamente, toni e movimenti.

Contemporaneamente, però, egli ha avuto modo di offrire una brillante performance all’ultimo Premio Letterario “Badia”, dove, pur se ammesso solo come riserva alla prova finale, oltre a mostrare le sue capacità di analisi letteraria e di scrittura “laterale” e non banale, si è divertito in una prova creativa all’insegna del “piacere di essere uno” ed è salito sul podio dei vincitori.

Come si dice e come si auspica sempre, il più bello doveva ancora venire. Così, in questi due anni, Giacomo ha imboccato o sta imboccando i due binari, che potrebbero caratterizzarne brillantemente il futuro.

Esaltandosi come show man, si sta specializzando con la sua band in cover di grandi cantautori: De André e soprattutto Giorgio Gaber. Le serate dedicate al magnifico Signor G si stanno moltiplicando ed ogni volta si avverte uno spicchio di dolce in più, come segno della maturità sua e dei suoi compagni (tra cui spicca il già brillante monologante Giuseppe Salsano). A noi della “terza generazione” fa naturalmente molto piacere il recupero di un cantore geniale della nostra storia che a dire la verità è defunto ma non è mai morto, ma nel caso di Casaula fa quasi impressione sentire sempre di più il tocco fisico e tonale gaberiano.

Giacomo, che già gli somiglia non poco per il fisico longilineo ed il volto leggermente oblungo e l’aria dinoccolata, quando canta le sue canzoni ed interpreta i suoi monologhi, si abbevera del suo spirito e giorno dopo giorno si sta impossessando delle pause, degli occhi vagamente strabuzzati, delle espressioni irridenti, del corpo “girante”, delle vaghezze grottesche che caratterizzavano le prestazioni gaberiane.

Tutto questo varrebbe poco se alle spalle non lo sostenesse una voce intonata e improntata alle classiche sfumature del big Giorgio. Del suo repertorio, da giovane del XXI secolo, egli naturalmente ha estrapolato di meno i testi specificamente politici e di passaggio datato, di più quelli problematici e profetici e le canzoni armoniosamente danzanti intorno a noccioli di contenuto terribilmente seri e/o razionalmente emozionali.

L’altro “binario” merita molto, ma soprattutto merita il rispetto della discrezione, perché è in gestazione: si tratta di un romanzo, opera prima di Giacomo, che dovrebbe essere pubblicato entro la fine dell’anno o giù di lì.  È un “metaromanzo” che  “ad andamento lento” lascia decisamente una scia e fa capire quanto egli sia ulteriormente maturato anche nella scrittura, pervenendo ad un periodare breve, intenso ed espressivo, in preda alla voglia di mangiare l’idea e condire la parola ad ogni pagina.

Sui due binari l’ “espresso Giacomo” si sta incamminando veloce, sostenuto dalla sua voglia di emergere tutta fatta di orgogliose bollicine, oltre che benedetto dalle speranze della famiglia, a cominciare dalla “Nonna d’arte” Annamaria Ackermann, a suo tempo attrice giovane con Eduardo, brillante show woman radiofonica (ricordate Spaccanapoli?), sperimentata attrice teatrale e cinematografica (con Nino Taranto, Peppino De Filippo e registi al top come Liliana Cavani e Luigi Magni).

Se imparerà a gestire tempi, a coltivare al massimo l’umiltà, a personalizzare sempre più stile e talento, a “non correre in curva”, l’Espresso Giacomo si trasformerà presto in un Freccia Rossa. E magari lui non sarà solo “il nipote della Ackermann”, e lei diventerà “la nonna di Giacomo Casaula”.  E, naturalmente, ne sarebbe felicissima…

Buon viaggio, signor G(iacomo)!

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Dal 27 luglio Rassegna Teatrale Totò e Premio “Licurti”. Il programma … e il perché di un nome

Saranno undici, e di buona qualità, gli spettacoli che da sabato 27 luglio fino al 9 settembre (orario d’inizio ore 21) costituiranno la Rassegna Teatrale Estiva, artisticamente diretta da Gertrude Barba ed organizzata dalla Sala Teatro “Luca Barba” con il contributo del Consorzio Cava Centro Commerciale Naturale ed il patrocinio della Città di Cava de’ Tirreni e dell’Azienda di Soggiorno e Turismo metelliana.

La manifestazione è anche un Concorso: allo spettacolo giudicato di maggiore qualità ed impatto sarà infatti assegnato a fine rassegna il Premio Licurti, che verrà consegnato da una madrina di eccezione, Liliana De Curtis, la celebre figlia del grande Totò, al quale è dedicata l’intera rassegna, destinata ad avere un seguito anche nei prossimi anni, con conseguente impatto positivo sulla qualità dell’estate cavese e sull’immagine attrattiva della nostra Città.

Madrina, dedica della manifestazione e nome del premio non sono casuali.
Infatti la vicenda umana di Totò ha un frammento significativo legato al suo rapporto con Cava ed in particolare con l’amena località adiacente a Santarcangelo.

Come è noto, Antonio De Curtis-Totò, cresciuto in ambienti poveri e popolari, era convinto di discendere da una nobile casata e per questo fece ricerche accurate ed appassionate per tutta la vita, fino a che non riuscì a ricostruire un albero genealogico “di classe” ed a documentare, in buona fede anche se con un verdetto non indiscusso, le sue origini dalla casata dei De Curtis. Individuò proprio nella località di Li Curti (il cui toponimo richiama il cognome De Curtis e tutti e due insieme il termine “corte” legato ai possedimenti feudali medioevali e rinascimentali) uno dei luoghi di origine della sua presunta famiglia. E credette di trovare un riscontro fotografico in un quadro che tuttora campeggia nel nostra Sala Comunale, raffigurante il nobile Camillo de Curtis, di Li Curti. Cercò con insistenza di acquisirlo, offrendo anche una somma considerevole, ma il Sindaco Abbro si rifiutò decisamente di venderlo, anche a costo di trovarsi di fronte un Principe De Curtis plorante senza speranza ai limiti della commozione e del pianto.

La nomina a madrina di Liliana De Curtis, di cui è stata a sua volta “madrina” il neo assessore alla Cultura Teresa Sorrentino, ha un po’ il gusto di una “riparazione di rapporti”. E chissà che non arrivi anche la buona idea di offrirle in omaggio un “quadro anastatico”. Sarebbe un emozionante legame della memoria con il grande Totò… 

Ed ora ecco il programma della manifestazione, pienamente conforme al comunicato inviato dall’Agenzia MTN Company. 

La Rassegna Teatrale Estiva si aprirà sabato 27 luglio, alle ore 21.00 (orario d’inizio di tutti gli spettacoli), con la Compagnia Teatrale “Resistenza Teatro”, che metterà in scena “Nel campo delle viole”. Una rappresentazione dedicata ed incentrata sulla cavese Simonetta Lamberti e sui napoletani Antonio Landieri e Salvatore Nuvoletta, giovani ed innocenti vittime della camorra.

Si proseguirà mercoledì 31 luglio con uno degli appuntamenti più attesi della Rassegna, che ospiterà Rosaria De Cicco, protagonista dello spettacolo “Io… e le donne”, da lei stessa scritto e curato. Grande “colpo”, dunque, per il Premio “Li Curti”, sul cui palco la famosa interprete partenopea di teatro, televisione e cinema proporrà la storia un po’ autobiografica di una donna ed attrice alle prese con i suoi “terrificanti” ed al contempo divertenti rapporti con gli uomini.
Domenica 4 agosto, poi, sarà la volta di “Io… Testardo io”, con l’attore e cabarettista Emiliano Petruzzi che racconterà in chiave comica la scommessa di un ragazzo pieno di speranze che dal Sud Italia decide di affrontare una delle sfide più ardue: “trovare il proprio posto nel mondo”.

Martedì 6 agosto, invece, spazio a “Gang Bang”, spettacolo presentato dall’Associazione Culturale “Primo Aiuto” e liberamente ispirato all’omonimo libro di Chuck Palahniuk, con una donna e tre uomini “controversi” protagonisti sul set di un “affollatissimo” film porno.
A seguire doppio appuntamento con la Compagnia Teatrale “Extravagantes”, che metterà in scena giovedì 8 agosto “I Menecmi”, classico latino sempre attuale di T.M. Plauto, e sabato 10 agosto “La felicità comica”, spettacolo che tra contaminazioni moderne e sberleffi tipici della commedia dell’arte si propone di ripercorrere le orme della tradizione teatrale classica.
Un atteso e ravvicinato “trittico” animerà il Ferragosto cavese. La leggenda dei due scogli di Vietri sul Mare (Sa), raccontata attraverso suoni e musiche del repertorio classico napoletano, sarà al centro dello spettacolo “I due fratelli… una storia leggendaria”, rappresentato giovedì 15 agosto dall’A.T.C. “Il Proscenio Onlus”. L’indomani, venerdì 16 agosto, grande omaggio a Totò, “maschera” attuale oggi come ieri, con “L’Immaginifico Totò” proposto dalla “Compagnia degli Sbuffi”.

Domenica 18 agosto, invece, Skenai Teatro e Angelico Bestiario Compagnia presenteranno “Foto di bordello con Nanà”, suggestivo percorso nella scrittura di Enzo Moscato tra i suoi testi più lirici e rappresentativi.

Il gran finale del Premio “Li Curti” sarà affidato alla Compagnia Teatrale “Scena Teatro”, che rappresenterà venerdì 6 settembre “L’avara vedova”, tratto da “L’avaro” di Molière, e lunedì 9 settembre “Jennifer”, storia di una figura alla continua ricerca di sé, della sua sessualità, della sua natura di uomo e della sua verità di donna.

Il costo del biglietto per assistere ai singoli spettacoli è pari a 5 euro (fatta eccezione per la rappresentazione di Rosaria De Cicco10 euro – e per quella di Emiliano Petruzzi6 euro). I ticket si possono acquistare direttamente presso il Teatro Comunale “Luca Barba” nelle serate degli spettacoli o in prevendita telefonando al numero 393.3378060 (disponibile anche per info e prenotazioni). Tutti gli appuntamenti della kermesse sono consultabili sul sito www.cavain.it.

CAVA DE’ TIRRENI (SA). L’Assostampa “Barone” batte il cinque. Fuoco estivo con tre giornalisti e due scrittori e a settembre si riprende con Caramiello e Pino Aprile


Le ultime settimane sono state uno sprint continuo e proficuo per l’Associazione Giornalisti di Cava e Costa d’Amalfi “Lucio Barone”, che ha organizzato ben cinque manifestazioni pubbliche: due presentazioni di libri e tre incontri con giornalisti della serie Pagine di parole.

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Il 5 giugno, nella Mediateca Marte, Flora Calvanese e Emiliano Amato hanno conversato con la quirinalista dell’Unità Marcella Ciarnelli (foto 1): un fiorire di aneddoti scherzosi e serie riflessioni sulla sua vicinanza professionale ed umana con il Presidente Giorgio Napolitano ed in particolare sul suo rapporto conflittuale con Silvio Berlusconi, che, bollandola come stalinista, una volta l’ha stoppata prima della domanda in una conferenza stampa e, pur se con la sua giocosa canzonante cavalleria, non ha mancato di punzecchiarla sul contrasto tra la sua eleganza signorile e l’appartenenza al mondo per lui nefando dei “comunisti”.

L’11 giugno, al Social Tennis Club, Franco Romanelli, coadiuvato da Antonio Di Giovanni, ha condotto con conviviale intelligenza una brillante conversazione col Caporedattore del Mattino Luciano

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Pignataro (foto 2) sul giornalismo gastronomico. Si è passeggiato con appetitose parole sulle indagini effettuate in loco dai

giornalisti esploratori in assaggio nei ristoranti esaminandi, ma si è anche riflettuto sulla possibilità di trasformare la gastronomia in opportunità economica anticrisi, come è capitato alla collettività cetarese, che per fronteggiare la riduzione drastica dei proventi da pesca ha puntato sulla qualità e l’originalità dei suoi prodotti, colatura in testa.

L’11 luglio, in piena, estate, conversazione in Mediateca sulla spettacolarizzazione dell’informazione con Marco De Marco, direttore de La Gazzetta del Mezzogiorno, giornale locale allegato al  Corriere della Sera, con una personalità autonoma tale da far tremare con la sua forza di fare opinione.  Ne sa qualcosa il Presidente della Regione Campania  Bassolino: la Gazzetta di De Marco disse che il re era nudo quando gli osanna si sprecavano e lo rivestì in parte quando invece si sprecarono le invettive. Molto stimolante questo incontro fin dall’introduzione: un collage di frammenti di satira televisiva preparato con classe e brillantezza dalla spigliata intervistatrice Imma della Corte (coadiuvata dal Presidente Walter Di Muncio), attiva e fattiva vicepresidente della “Barone”, a cui ha poi fatto da pendant nel finale un altro collage ispirato alla spettacolarizzazione della cronaca nera, in testa il giallo di Avetrana con frammenti illuminanti sulle figure dei protagonisti attraverso le loro voci, colte in particolare prima del coinvolgimento giudiziario.

Tra i numerosi temi trattati, oltre alla spettacolarizzazione, che De marco non ama ma non senza riconoscerne l’efficacia (vedi Saviano), di spicco le tecniche moderne di informazione, che alcuni demonizzano come spersonalizzanti e segni di un tramonto. Per De Marco invece sono comunque albe di un nuovo mondo ancora da decifrare nelle sue specificità, così come lo era la nascita della scrittura ai tempi di Platone e Socrate, che pure fu maledetta in quanto assassina della comunicazione a memoria. E invece…

 

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Interessantissima anche l’analisi sulle diverse modalità di comunicazione tra la generazione vicina alla Terza Età e quella degli under 30. Secondo De Marco, non c’è mai stato un fossato così grande tra le due fasce, neppure nel ’68, quando, sia pure per contestare, i giovani facevano degli anziani un punto di riferimento, mentre invece oggi si sono superdiversificati interessi, linguaggi e purtroppo anche prospettive.  Altro che cambiare il mondo, come nel ’68: oggi i giovani sono costretti a stare in trincea per far sopravvivere esangui speranze ed opportunità…(foto 3, con la presenza dell’Ass. alla Cultura Teresa Sorrentino, che ha portato un acuto saluto “formato Mac Luhan”).

Non solo pagine di parole, ma anche libri. Il 12 giugno Teresa Fasano, intervistata nel grande Salone del Palazzo

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Vescovile da Walter Di Munzio e Magrina Di Mauro (foto 4), ha emozionato con  la sua opera prima, Crollo di un’identità, in cui, con una scrittura articolata e istintiva, suggestiva e profonda, rievoca il suo difficile cammino purgatoriale dall’inferno di un terribile trauma infantile: la perdita della famiglia in seguito al crollo della casa in cui abitava.

E poi, il 25 giugno, un tuffo nella Lingua Napoletana e nella Letteratura Italiana del Seicento: al Social Tennis, con la superdotta relazione dell’Isp. Agnello Baldi,  è stato presentato Lo Tasso Napoletano (Edizioni Area Blu), in cui, a cura di Vito Pinto (foto 5 e 6), Dirigente della “Barone”, viene riproposto in edizione anastatica Gerusalemme Liberata, il grande poema che Torquato Tasso scrisse per esaltare le Crociate e che concepì non solo nella natia Sorrento ma anche nella ricca Biblioteca dell’Abbazia Benedettina. La trasformazione (non proprio una traduzione) è di Gabriele Fasano, un intellettuale di spicco nell’epoca , ben conosciuto  anche a livello

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nazionale (ad es. dal Redi, che lo cita nel suo Bacco in Toscana). Tra le curiosità legate al libro, sia la conferma documentata che Fasano è di Dragonea (allora appartenente a “La Cava”) e non di Solofra, come viene riferito anche dalle fonti librarie più accreditate, sia la traslocazione in Cava e dintorni di episodi e situazioni, con riferimenti molto gustosi, tra l’altro, anche all’eterna contesa tra Cava e Salerno, che facevano tra loro come cani e gatti (per approfondimenti, vedi il servizio specifico su CavaViva).

Insomma, una conclusione alla grande della prima fase della gestione del neopresidente Walter Di Munzio, ben degna di quelle pur degnissime di Antonio Di Giovanni ed Antonio De Caro. Si è caratterizzata per una grande ricchezza e qualità di iniziative, svoltesi in strutture aperte (in primis il Marte) e quindi con maggiore possibilità di partecipazione dei cittadini. Gli incontri sono stati abbastanza affollati (più di pubblico che di giornalisti…), ma si può ancora dare di più. Pagine di parole, incontri di giornalismo,in precedenza aveva visto la presenza di figure di prestigio come la free lance Luisella Battaglia, corrispondente nei paesi arabi, e lo straordinario Renzo Rossellini, figlio di del regista Roberto e lui stesso giornalista d’assalto, e l’accoppiata- legalità del prof. Isaia Sales (prestigioso docente di storia della criminalità) e della giornalista Amalia De Simone, fondatrice della Radio dedicata a Giancarlo Siani, giornalista martirizzato della camorra.

 

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In particolare, la Barone vorrà caratterizzarsi ancor più per un’azione costante a difesa dei diritti dei giornalisti, soprattutto quelli giovani, ed a promozione di un ‘attività che sta vivendo un tempo di epocali trasformazioni, con annessi rischi paurosi e nello stesso tempo fascinose prospettive.

Appuntamento a settembre, ora, con la ripresa di Pagine di parole, che concluderà la prima serie con due incontri in linea con la qualità di sempre: sempre in Mediateca, Luigi Caramiello il 13 settembre parlerà con Walter Di Munzio di Giornalismo e Cinema, e a distanza di una settimana gran botto finale con Pino Aprile, che converserà con Vito Pinto di giornalismo nell’ottica del Meridione.

E poi, ripartenza per nuovi e ambiziosi obiettivi qualificanti, con l’augurio e la speranza che si raggiungano tutti. Alla fine, il cinque battuto sarebbe un applauso di congratulazioni capace di andare ben oltre il numero…

Enzo, Stefano e Antonio profeti in patria. Il 6 agosto a Passiano di Cava de’ Tirreni con Lucya

enzo-siani-1-vivimediaEnzo Siani (tastierista e programmatore), Stefano Torino (chitarrista poliedrico, attualmente specializzando in chitarra jazz presso il Conservatorio “Cimarosa” di Avellino) e Antonio Sorrentino (voce e chitarra), sono tre giovani, bravissimi musicisti cavesi “in carriera”. Tra loro, Enzo, cresciuto al Santa Caterina di Salerno e maturato sotto i raggi del Maestro Alfredo Capozzi e del Conservatorio Cimarosa, innamorato attivo dei Queen, ha già un significativo avvenire dietro le spalle, avendo inciso con la sua band dei Cosmorama l’LP Radioscopio alieno, presentato  anche al Giffoni Contest, ed un singolo molto apprezzato, dal titolo Odio e  reperibile su Itunes.

Il nostro tris, conosciuto e apprezzato dal prestigioso bassista Max Barba (diplomato al Conservatorio Martucci di Salerno, insegnante di basso e contrabbasso, già in tour con i Pquadro e con Lighea), e poi applaudito dall’altrettanto prestigioso batterista Dino Barba, è stato cooptato per la realizzazione di un album di Lusya, la cui canzone di punta, Elettrica, colonna sonora del progetto Contro la violenza sulle donne, è già stata presentata in anteprima il 30 aprile ad ad Unomattina su RAI 1, nella rubrica di Philippe Davério (vedi foto).

lusya-elettrica-vivimediaLusya, al secolo Claudia Spitoni (vedi foto), romana di origine, è reduce da un notevole successo in terra di Francia, dove ha venduto quindicimila copie del suo Vivre l’amour, registrato tra Roma e Parigi e masterizzato a New York.  

Lucya e la sua band sono ora impegnati in una ricca tournée estiva, che girerà per tutta l’Italia, toccando il 6 agosto anche la loro Cava de’ Tirreni, a Passiano, a pochi passi dalla casa di Enzo Siani, dove tutti insieme hanno approntato musiche ed arrangiamenti.

 

 

Cava de’ Tirreni: una mostra al top, Cesare da Sesto … e tanto Leonardo

Due sedi di esposizione, il genio italico per eccellenza, un pittore rinascimentale che ha lasciato il segno in tutta Italia, l’intervento di esperti di statura mondiale, due chicche artistiche di gran pregio, una panoramica su un’epoca d’oro della nostra cultura, la riproduzione fedele di geniali macchine o sognanti plastici di cinquecento anni fa.

Eccolo, il quadro di un’iniziativa culturale che non può non riempire d’orgoglio un’intera cittadinanza.

La mostra Leonardo e Cesare da sesto nel Rinascimento meridionale, visibile fino a settembre a Santa Maria del Rifugio e presso l’Abbazia benedettina, ha suscitato l’interesse del mondo culturale ed artistico di tutta Italia, oltre che quello dei media (vedi arrivo della troupe RAI di Unomattina).

Merito della Pala Lucana, il quadro scoperto nel 2008 dal prof. Nicola Barbatelli presso una collezione privata e che probabilmente è un autoritratto di Leonardo da Vinci.

Merito del Polittico rappresentante in nove quadri San Pietro, la Madonna col bambino, San Paolo, San Benedetto, il Battesimo di Cristo, e nella predella una trafila di altri dieci santi con Dio Padre, concepito nel XVI secolo come una pala d’altare ed oggi conservato nel Museo dell’Abbazia Benedettina: un’opera  commissionata a suo tempo dall’Abate a Girolamo Ramarino e realizzata con la collaborazione di Cesare da Sesto, pittore della scuola raffaellesca e di formazione leonardesca.

Merito dell’importanza tecnica ed artistica di queste opere, che, come ha spiegato nei suoi studi il prof. Peter Hohenstadt, riproducono artisticamente l’idea aristotelica del movimento e della vita negli esseri viventi, rappresentati, oltre che con le già usate tecniche rinascimentali, con l’uso della binocularità, cioè secondo la visione complementare dell’uno e dell’altro occhio insieme, che permette di avere una visione delle cose non appiattita. È questa una tecnica che superava anche la già fondamentale prospettiva geometrica, utilissima per esprimere il mondo secondo lo sguardo umano, in piena conformità con l’importanza che nel periodo rinascimentale si dava alla riscoperta delle facoltà dell’uomo stesso.

Merito della presenza in sede inaugurale di personalità come i prof. Nicola Barbatelli e Peter Hohenstadt e del prof. Carlo Pedretti, docente dell’Università di Los Angeles e della sua sede in Urbino, forse il maggior esperto vivente di studi leonardeschi.

Merito di un catalogo di altissimo profilo artistico, curato dallo stesso Barbatelli, destinato ad essere conosciuto ben oltre i confini della Città e della Regione.

Merito dell’idea brillantissima di corredare a Santa Maria del Rifugio le immagini pittoriche con la riproduzione fedele e documentata delle macchine con spirito profetico ideate da Leonardo. Quelle macchine, che si possono ammirare, toccare, fotografare, capire grazie a disegni e didascalie, rappresentano un’attrazione irresistibile, un’occasione da non perdere.

Tutto bene, dunque? È il momento buono per un rilancio alla grande dell’attenzione turistica diffusa per la nostra Città?

In potenza sì, se non fosse per un piccolo difetto di comunicazione.

Sui manifesti non si fa cenno minimamente né della Pala Lucana né  tanto meno dell’esposizione delle macchine, che, anche se non originali, sono una fonte di attrazione ben più forte del puro richiamo pittorico. E, nei comunicati stampa diffusi, rispetto alle macchine viene evidenziata la presenza dei disegni, che, pur se preziosi, hanno ben altro impatto.

Inoltre il manifesto sembra finalizzato più alla figura di Cesare da Sesto, rispettabile ma non particolarmente attrattiva, che a quella di Leonardo, che non solo in Italia, ma in tutto il mondo è di quelli che basta la parola.

Il motivo, i responsabili? Mistero, per ora.

E peccato. Peccato per un’idea veramente alla grande, tanto più valorizzabile in un periodo di crisi e di spese limitate. Un’idea che ben si sposa con la Settimana Rinascimentale, giunta alla seconda edizione, tale da accorpare una serie di eventi in un evento unico e molto più di impatto.

Quindi, brava l’Amministrazione che si è mossa per un’iniziativa qualificata ed originale. Ma ancora più brava se correrà ai ripari con una promozione più chiara, anche tra i Cavesi stessi, sempre un po’ restii a valorizzare certe manifestazioni di livello culturale “specialistico”.

Non vorremmo che, con la comunicazione limitata ed ambigua, si facesse la fine di chi ha vinto la lotteria ma ha perso il biglietto.