Luglio, 2019

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Sos spiagge libere Ecco il Report “Spiagge 2019” di Legambiente con dati sulle spiagge libere e concessioni in Campania

In Campania solo il 33% del litorale è “free”. Complessivamente sono 3.967 le concessioni demaniali marittime, oltre il 7% delle coste è interdetto alla balneazione per inquinamento. La Campania ha imposto un limite minimo del 20% della linea di costa dedicato a spiagge.


Una regione dove le spiagge libere sono spesso un miraggio e in alcuni casi quelle presenti sono di serie B e poste vicino a foci dei fiumi, fossi o fognature dove la balneazione è vietata. A ciò va aggiuntol’impatto che ormai i cambiamenti climatici, l’erosione e il cemento selvaggio stanno avendo sulle coste campane ridisegnandole, il problema dell’inquinamento, l’accessibilità negata e quello delle concessioni senza controlli. Dall’altra parte, però, in questi anni lungo il litorale campano si è registrato un grande fermento green che punta, in maniera sempre più concreta, sulla sostenibilità ambientale, su un impegno plastic-free e sulla difesa della biodiversità.

A parlar chiaro sono i dati presentati da Legambiente con  report “Spiagge 2019” : in Campania sono 3.967 le concessioni demaniali marittime, di cui 916 sono per stabilimenti balneari, 137 per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici, mentre le restanti sono distribuite su vari utilizzi. Per capire quanto delle coste campane è occupato da stabilimenti balneari occorre incrociare fonti diverse e verificare con le foto aree l’occupazione da parte degli ombrelloni, considerando anche le diverse dimensioni degli stabilimenti nelle Regioni italiane. Complessivamente si può stimare che le  concessioni superano il 67% di occupazione delle spiagge campane. Ciò significa che solo il 33% del litorale è “free”. In Campania un caso limite è quello di Mondragone dove su 8,4 km di costa sono presenti ben 51 stabilimenti pari al 54 % di costa occupata.

“Quando si parla di spiagge e concessioni non si dovrebbe parlare solo di Bolkestein come si fa in Italia – commenta Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania – Si dovrebbe invece cominciare a ragionare su come valorizzare queste straordinarie potenzialità e come affrontare i problemi trovando soluzioni innovative, come fanno già molti Paesi europei dove si è scelto di premiare le imprese locali che scommettono sulla qualità e al contempo garantire che una parte maggioritaria delle spiagge sia garantita per la libera fruizione. La sfida che vogliamo lanciare ai balneari è di ragionare insieme sul futuro delle spiagge italiane partendo da una lotta ai veri nemici del litorale: l’erosione costiera, il cemento e i cambiamenti climatici. Sono i balneari i primi ad essere interessati ad avere prospettive credibili di lavoro e di sicurezza, ma anche ad isolare quanti compiono abusi e illeciti. La proposta è: ragioniamo assieme su regole per garantire un’offerta di qualità e al contempo l’accessibilità dei cittadini, su criteri che premino coloro che scommettono sulla valorizzazione del patrimonio ambientale e su strutture a impatto zero”.

Se consideriamo anche i tratti di costa non balneabili per ragioni di inquinamento in Campania un ulteriore 7,5% della costa sabbiosa risulta non fruibile. In Italia non esiste una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione, tale scelta viene lasciata alle Regioni che il più delle volte optano per percentuali molto basse. La Campania ha imposto un limite minimo (ed irrisorio) del 20% della linea di costa dedicato a spiagge libere.Sul fronte economico permane la forte sperequazione nella definizione dei canoni concessori, con situazioni paradossali che fanno registrare il pagamento di canoni demaniali bassissimi per concessioni spesso molto remunerative (spesso meno di 2 euro a mq all’anno). Nel complesso nel 2016 lo Stato ha incassato poco più di 103 milioni di euro dalle concessioni a fronte di un giro di affari stimato da Nomisma in almeno 15 miliardi di euro annui.

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Disfida dei Trombonieri 2019, trionfale per Santa Maria del Rovo … e senza la Battaglia di Sarno, probabile “fake news”

È stata archiviata con soddisfazione la quarantacinquesima edizione della Disfida dei Trombonieri, con la conferma vincente della fortissima squadra di Santa Maria del Rovo. La manifestazione, dopo una tre giorni preparatoria, si è svolta il 21 luglio allo Stadio “Simonetta Lamberti” di Cava de’ Tirreni, con la solita, tradizionale, sfavillante e tambureggiante sfilata di gruppo in costume e le rombanti salve a trentasei pistoni delle singole squadre, tra emozionate attese, festosi applausi per le botte ben riuscite e le grida di disappunto (dei sostenitori) e di piacere (dei sostenitori avversari) all’apparire fatale delle cilecche.

Con altrettanta soddisfazione dobbiamo anche rimarcare il fatto che, mentre per decenni la Disfida era anche l’occasione per rievocare la Battaglia di Sarno del 1460, quando secondo la tradizione un gruppo di cinquecento cavesi con un intervento decisivo andò a Sarno a liberare dall’assedio il Re di Napoli, ora, della Battaglia di Sarno durante la manifestazione non si parla più, per il semplice fatto che l’intervento decisivo dei Cavesi non c’è stato.

Il mito della “Battaglia”, secondo la ricostruzione di alcuni storici, in primis il prof. Francesco Senatore, sarebbe nato nel 1640, per giustificare idealmente il riscatto economico della demanialità, effettuato a proprie spese dai “Cavoti” per evitare che la Città fosse venduta a qualche feudatario. La Pergamena in bianco fu però veramente consegnata nel 1460 (uno storico “assegno in bianco” che i Cavesi non vollero “compilare”), perché il Re volle giustamente premiare Cava per non essersi arresa ai Francesi protesi nell’attacco contro gli Spagnoli, per il fatto che rappresentavano un baluardo armato fondamentale, per il ruolo strategico della Valle Metelliana nella geografia del territorio.

Su queste basi, furono ben meritate, sia la pergamena in bianco sia i successivi privilegi per cui, non pagando le dogane all’interno del Regno, potevano vendere tutto a prezzi concorrenziali. Questi episodi furono passi fondamentali perché Cava, proclamata Città nel 1394, diventasse una vera Città.

Tale cammino è stato spiegato con profondità il 19 luglio nel corso di un interessantissimo convegno su “Cava Aragonese”, durato un’intera giornata, in cui, oltre al Sindaco Vincenzo Servalli e al Vice Sindaco Armando Lamberti (che ha definito quella della Battaglia di Sarno una “fake news” della nostra storia), docenti universitari di alto profilo, come i cavesi Francesco Senatore (che l’ha promosso e che ha scoperto di recente documenti fondamentali sull’epoca) e Giuseppe Foscari e con loro Bianca De Divitiis, Pierluigi Terenzi, Davide Passerini, hanno definito le caratteristiche di Cava nel periodo aragonese, sottolineato le correzioni storiche da effettuare, dipinto il quadro sociopolitico dell’Italia Meridionale tra quindicesimo e sedicesimo secolo e in particolare tracciato il cammino progressivo della formazione identitaria della Città de La Cava.

È stato un lungo processo durato quasi due secoli che ha trasformato quella che era di fatto una federazione di villaggi sparsi sulle colline in una Città consapevolmente desiderosa di una vera Unità, fondata su interessi convergenti delle varie parti, concentrata intorno al neonato Borgo come luogo di governo e di riferimento commerciale, sociale e politico.

L’interesse primario comune aveva un nome ben preciso: la difesa della demanialità, cioè della dipendenza diretta dal Re senza le prepotenze e i freni di un feudatario. Essa apriva la disponibilità di tanti movimenti e scelte autonome, oltre che una libertà personale e sociale che nei feudi classici era solo sognata. Per difendere questa demanialità, insidiata permanentemente da aspiranti baroni o marchesi o conti, non aveva senso stare ognuno per conto suo.

Per fortuna a Cava ci fu un’élite lungimirante, formata dai commercianti, da giuristi e da uomini d’arme, che nel tempo con prudenza e saggezza operò nella difesa dell’unità e dell’identità cittadina. In questa cornice si inseriscono e si spiegano la resistenza militare contro i Francesi che attaccavano il potere spagnolo, il rifiuto orgoglioso di scrivere qualcosa sulla pergamena in bianco offerta dal Re proprio come gratitudine per i loro servizi di fedele avamposto interno, il sagace sfruttamento dei privilegi poi concesso dal Re di non pagare dazi alle dogane nei loro spostamenti mercantili all’interno del Regno, la sobrietà intelligente con cui gestirono le ricchezze che derivarono da questi privilegi.

Questa convergenza unitaria e identitaria aveva però bisogno anche del supporto di leggi ad hoc, che permettessero di gestire il complesso sistema di relazioni tra i casali tra di loro e tra di loro e il Borgo. Insomma avvenne un’opera lunga e paziente di mediazione da parte della classe dirigente, che portò ad una rotazione nell’elezione del Sindaco e ad una distribuzione equa e solidale degli incarichi istituzionali nel governo della Città. Così si spiega anche che la riconferma dei privilegi di fine quindicesimo secolo effettuata agli inizi del sedicesimo da Carlo V fu applicata, pur se nello spazio di due giorni diversi, sia al Borgo che ai Casali.

Anche la formazione architettonica mostrò progressivamente il segno della creatività e della cultura e della lungimiranza urbanistica. Il Sud del tempo rinascimentale non aveva certo le stimmate dell’arretratezza e del degrado che poi sono emerse nei secoli successivi. Era sufficientemente ricco e godeva di una sua cultura autonoma, fin dai tempi dei Longobardi, dei Normanni e soprattutto degli Svevi, mentre nello stesso tempo attento ai movimenti che provenivano da quel faro straordinario di luce che si accese nell’Italia centrale tra Quattrocento e Cinquecento.

Lì fiorivano nuove teorie e venivano riscoperte e valorizzate quelle legate al mondo classico. L’armonia e l’equilibrio di una città tutta a misura ad uomo e di palazzi elegantemente funzionali e di accorgimenti importanti come l’arco a volta, in linea con gli studi del latino Vitruvio e del geniale architetto fiorentino Leon Battista Alberti, fu determinante nello sviluppo del Borgo porticato de La Cava, con scelte che poi sono rimaste incise nei secoli e che ancora oggi rappresentano il simbolo identitario della Città.

Su queste rinfrescate e in parte rinnovate basi storiche, che non intaccano comunque lo spirito comunitario e festoso delle tradizionali rievocazioni folkloriche, è stato fatto un ulteriore e fondamentale passo in avanti verso il recupero pieno della grande storia di una Città millenaria e la sua qualificazione per essere competitiva nella concorrenza alla nomina di Città Italiana della Cultura nel 2022, che è uno dei grandi obiettivi del ticket amministrativo del duo Servalli-Lamberti.

All’interno di questo cammino, le iniziative degli ultimi mesi sono state certamente il passo giusto per l’altro importante obiettivo d’immagine, qui definibile con le parole stesse del Sindaco Servalli: “promuovere un brand, ”Cava de’ Tirreni, la città della Pergamena Bianca”. Una straordinaria storia di lealtà e fedeltà di un popolo che difese un regno senza chiedere nulla, subendo indicibili danni, tanti lutti, ed ottenne come ricompensa una pergamena che è un unicum nella storia e che è conservata da ben 559 anni gelosamente e successivamente i “privilegi” che consentirono ai cavesi di commerciare in tutto il regno senza pagare dazi e furono all’origine di quella che ancora oggi è la nostra vocazione: il commercio”.

Un bell’obiettivo, non c’è che dire… con l’augurio che le nostre speranze non finiscano “in bianco”…

SALERNO. Autismo: ecco il Progetto Gemma

Asse intestino-cervello, un legame a doppio filo che coinvolgerebbe anche l’autismo. Numerosi Studi dimostrerebbero che la composizione del microbioma -i batteri che popolano il nostro tratto digerente- possa influenzare il corretto sviluppo del sistema nervoso.

E proprio questo sarà uno dei temi che si affronterà il 9 Settembre p.v. a Salerno, in occasione del convegno scientifico internazionale “Food as Medicine: DietaryIntervention in Disease Treatment” in programma presso la Fondazione Ebris.

Suddiviso in tre momenti, la Giornata parlerà di Nutrizione declinata con diversi approcci clinici: “Gut-Brain Axis: Neuroinflammation (autismspectrumdisorder, schizophrenia, anxiety, depression, seizures, etc.)” è il dibattito, moderato dal professore Palmiero Monteleone  (Professore Ordinario di Psichiatria presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Salerno e Direttore dell’Unità Operativa di Psichiatria presso l’AOU “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” di Salerno), e dal dottore Giulio Corrivetti (Direttore del Dipartimento di Salute Mentale della Asl Salerno) scelto per aprire i lavori.

E proprio Giulio Corrivetti, vice presidente della Ebris, spiega il Progetto denominato “Gemma” nato per studiare  l’autismo.

“L’autismo è una malattia che purtroppo ancora oggi ha bisogno di tante conoscenze. L’Ebris coordina questo Progetto europeo insieme a 14 centri – in Campania, Europa e America –  il cui obiettivo è quello di monitorare quelle famiglie che hanno bimbi con autismo.

Vuole analizzare le variabili per avere dei marcatori precoci della patologia: sia analizza la metabolomica, il microbioma, la genomica, quei fattori ancora sconosciuti che incrociandoli tra loro possono offrire probabilmente delle conoscenze aggiuntive ma soprattutto strumenti per diagnosticare quanto prima questa probabilità di ammalarsi.

Inoltre dà la possibilità di approfondire le varabili ambientali e alcuni fattori di rischio ambientali nella espressione della malattia.

Questa epidemia sta dando degli indici crescenti in maniera preoccupante”, conclude il dottore Corrivetti.

VIETRI SUL MARE (SA). Il trio Giovanni Amato, Dario Deidda e Alessandro Castiglione in “Romance” alla Villa comunale

Lunedì 29 luglio la Villa Comunale di Vietri sul Mare sarà ancora scenario di un appuntamento con la buona musica nell’ambito della rassegna “Vietri in Scena” (progetto annuale “Vietri Cultura” – finanziamento Poc 2014-2020 linea strategica 2.4 “Rigenerazione urbana, politiche per il turismo e cultura), realizzata in collaborazione con il Conservatorio di musica “G. Martucci” di Salerno e diretta dal Maestro Luigi Avallone. Il concerto “Romance” vede la formazione Giovanni Amato (tromba, flicorno), Dario Deidda (contrabbasso, basso elettrico) e  Alessandro Castiglione (chitarra) esibirsi in un affiatato trio, frutto di amicizia e di professionalità.  La loro musica diventa un dialogo dove si fondono l’armonia e la melodia delle composizioni, l’improvvisazione unita al grande senso dello swing e all’ottimo livello tecnico che li accomuna. Gli standard di jazz sono completamente rivisitati da Amato, leader della band, trasformandoli in nuove composizioni. Il livello della comunicazione fra i musicisti sul palcoscenico ed il pubblico è semplicemente stupefacente. Un concerto che soddisfa appieno le aspettative dell’audience.

Giovanni Amato, fuoriclasse salernitano e da anni punta di diamante del jazz Made in Italy, vincitore assoluto dell’Italian Jazz Awards 2009 (best act) è oggi considerato dalla critica del settore uno dei migliori trombettisti a livello europeo. I suoi racconti e le sue trame melodiche sono sempre cariche di suggestioni grazie alla straordinaria capacità improvvisativa e comunicativa che rende qualsiasi brano appassionante, dunque un linguaggio originale che ha saputo eccellentemente interiorizzare l’esperienza bopistica e quella dello swing che ne caratterizzano la pronuncia e gli accenti.  Le sue doti lo hanno portato ad affiancare tanti illustri musicisti come Danilo Perez, Lee Konitz, Vincent Herring, George Garzone, Gary Peacoc, Diane Schuur, Mike Goodrich, Jerry Bergonzi, Steve Grossman, Roberto Gatto, Dado Moroni, Danilo Rea e tanti altri

Dario Deidda, salernitano, fa parte di una famiglia in cui la musica ha sempre avuto un ruolo importante. Ama definirsi un musicista a 360°, ma il suo mondo preferito è il jazz e dintorni, purché unito sempre al groove e alla magia. L’artista vanta collaborazioni d’eccezione con musicisti di fama mondiale tra cui: M. Miller, G. Garzone, G. Bergonzi, G. Coleman, B. Golson, K. Lightsey, T. Harrell, V. Colaiuta, M. Petrucciani, J. Moody, D. Liebman, S. Grossman, J. Como, P. Sery, C. Stubblfield, L. Donaldson, B. Sidran, M. Garrison, C. Anderson, B. Lagrene, R. Brecker ed altri. Fa parte dei “Pure Funk Live” di Gegè Telesforo. Dario Deidda è considerato uno dei migliori bassisti del mondo.

Alessandro Castiglione, napoletano, inizia gli studi da autodidatta e si interessa presto al jazz. Collabora con Daniele Sepe e nel ’94 partecipa ai seminari di Ravenna studiando con John Scofield. Si perfeziona attraverso stage con Joe Diorio e Jerry Bergonzi. Collabora con numerosi artisti del panorama jazzistico e pop di fama internazionale esibendosi in numerosi jazz club e festival in Italia e all’estero.

Inizio concerto ore 21, ingresso gratuito.

CAVA DE’ TIRRENI (SA). IL CSI Cava con la Società di Danza Sportiva IL ROVO al Giffoni Film Festival all’interno del Villaggio dello Sport

Le atlete della Società “Il rovo” accompagnate dalla maestra di ballo Katia Lodato hanno partecipato al momento di Danza Sportiva all’interno del Villaggio dello Sport del Giffoni Film Festival.

Un pomeriggio iniziato con la visita accurata da parte delle allieve e di tutta la dirigenza CSI dell’intera struttura del Giffoni Film Festival, soffermandosi anche alla ricerca di attori ed attrici presenti alla Kermesse.

Subito dopo le allieve si sono portate all’interno del Villaggio dello Sport allestito e coordinato per l’occasione dalla presidenza regionale del CSI Campania, per dar vita ad una serie di esibizioni.

Non sono mancati gli spunti tecnici da parte delle allieve ma soprattutto hanno avuto modo le atlete stesse di vivere un pomeriggio esaltante e ricco di emozioni.

A fare gli onori di casa il presidente Regionale del CSI Enrico Pellino e del Direttore d’area tecnica Luciano De Santis.

Per il Comitato di Cava in qualità di accompagnatore nonché di animatore della manifestazione il V.Presidente Regionale e responsabile del settore Danza Pasquale Scarlino.

Una bellissima iniziativa è stato il commento della maestra di ballo Katia Luciano, le allieve oltre ad esibirsi hanno potuto ammirare l’intera struttura del Giffoni Film Festival, incontrando tante ragazze che hanno preso parte alla manifestazione in qualità di giurate.

Per la cronaca una delle allieve della società il Rovo che si è esibita ,fa parte anche della giuria.

A rendere ancora più bello ed esaltante l’intero pomeriggio, la partecipazione dei genitori al seguito delle allieve, in un momento di balli comunitari.