Il piacere di veder recitare Giuliana De Sio. Una strepitosa interpretazione ruccelliana dell’attrice “romana di Cava”, raccontata da un’ammaliata concittadina
NAPOLI e CAVA DE’ TIRRENI (SA). Giuliana De Sio a teatro è uno stupefacente climax ascendente di bravura che non si arresta per 110 minuti di messa in scena. In questi giorni, fino al 9 novembre, è stata al Teatro Bellini di Napoli con l’opera ‘Notturno di donna con ospiti’, un dramma scritto dall’allora 27enne Annibale Ruccello, autore originario di Castellammare di Stabia scomparso prematuramente a soli 30 anni in un incidente d’auto.
L’attrice, nata a Salerno, ma cresciuta a Cava de’ Tirreni, riporta ‘coraggiosamente’ – come lei stessa ha affermato – nei teatri italiani un’opera complessa e articolata ma di cui ogni spettatore riesce a cogliere il senso profondo e le sfumature in superficie. Una superficie in cui troviamo una donna, Adriana (interpretata dalla De Sio), in una sera afosa d’estate, rammendare i calzini del marito Michele – interpretato da Mimmo Esposito – che si prepara per il suo turno notturno di lavoro, mentre i due bambini della coppia dormono nella loro cameretta. Rimasta sola, Adriana, tra una telefonata alla madre e un tentativo di sintonizzazione della tv, si addormenta e inizia il suo inizialmente divertente ‘notturno’ con personaggi evocati nella sua mente, ma presi direttamente dal suo passato che si rivela sempre più infelice. Arriva, infatti, Rosanna – interpretata deliziosamente da Rosaria De Cicco – la sua compagna di banco ai tempi della scuola, seguita da suo marito Arturo – interpretato da Andrea De Venuti – e Sandro – interpretato da Luigi Iacuzio – primo amore di Adriana.
Questi personaggi/fantasmi turbano la psiche di Adriana e le provocazioni si fanno sempre più incessanti e insopportabili, fin quando non irrompono anche la madre e il padre della donna, figure antitetiche della sua vita, dal momento che il padre le evoca momenti di pura tenerezza e incondizionato affetto, mentre la madre le rammenta continuamente colpe e difetti.
È da segnalare, in questi ruoli, la grandiosa interpretazione di Gino Curcione, che con sapienza si alterna in questi due, a modo loro, ingombranti fantasmi della vita di Adriana, senza mai esagerare, senza sfociare in grottesche deformazioni caricaturali. La percezione tangibile è quella di una donna insoddisfatta, sola, disposta ad accontentarsi di questi ‘ospiti’, a tratti perfidi con lei, pur di vivere qualche momento brioso, in questo senso la aiuta anche l’alcool, a cui non è per niente abituata.
Il senso profondo è quello di una vita vissuta fino a quel momento alla ricerca, infruttuosa e sterile, di quel brivido che consente di recuperare, anche in una vita piatta, un momento di semplice e fulminea felicità. Adriana non è felice, ma non è neanche serena, non è pienamente consapevole di quella che nell’epilogo, tragico del finale, sarà la sua disperazione.
L’opera, che ha ritmi serrati e un notevole e repentino cambio di registri, presenta dunque molte tematiche tanto vicine a quelle donne che si ritrovano coinvolte nei più torbidi noir della cronaca dei nostri tempi. Il regista Enrico Maria Lamanna con pochissimi interventi sul testo originale di Ruccello, gestisce, con un buon esito, i vari generi che attraversa l’opera, dall’iniziale e apparente leggerezza, con sprazzi qua e là di isteria tutta al femminile, del primo atto; fino alle incredibili situazioni che prendono vita nel secondo, che scivola inesorabilmente nella tragedia che soccombe alla follia della protagonista. La scenografia è curata da Roberto Ricci, le luci sono di Stefano Pirandello, i costumi sono di Teresa Acone, la musica che accompagna l’azione è stata scritta da Carlo De Nonno; tutto confluisce in un’unica direzione, tutto è armonicamente coeso.
Giuliana De Sio sembra essersi cucita questo ruolo addosso, sembra entrare in quella sottana nera e pare essere in trance per tutta la rappresentazione, vive molto fisicamente l’ambiente che la circonda, si sentono chiaramente i suoi passi, sbatte davvero le stoviglie presenti in cucina. Il tono di voce, con cui alterna sbuffi e parole in napoletano, è roco, sporco, afflitto. Il corpo e i gesti che esso compie sono gestiti alla perfezione, sconfinano in una catarsi che porta ad un finale in cui la protagonista arriva a far commuovere gli spettatori mentre sembra quasi uscire da quella gabbia – che è la sua vita – avvolta nel suo vestito da sposa e sedendo in sella al triciclo di Alfredino, il suo figlioletto più piccolo.
La grandezza dello spettacolo è in quell’amalgamarsi riuscito tra tutti gli attori, che non sono mai oscurati dalla protagonista, ma allo stesso tempo rilasciano loro stessi gran parte dello sviluppo della pièce incentrato sull’oscura luce dell’animo femminile. Animo femminile, quello di Adriana, che Giuliana De Sio dipinge a tinte forti sulla scena, con bravura strabiliante, facendoci dimenticare la finzione e riportandoci a vivere questo ‘notturno’ quasi in modo intimo e confidenziale, in cui il coinvolgimento del pubblico, seppur solo silenzioso spettatore, è totale. Per un teatro dalle sensazioni forti e dalle emozioni impareggiabili. ( Caterina Giangrasso )
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- Caterina Giangrassi con Giuliana De Sio dopo lo spettacolo
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