Il “Centro Commerciale Naturale” che non c’è
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Assemblea generale del Consorzio del Centro Commerciale Naturale di Cava de’ Tirreni fissata per il 24 novembre, chiamata ad eleggere il nuovo presidente e consiglio direttivo. Quattro anni fa la nascita di quello che doveva essere un nuovo modo di promuovere il commercio e la città, grazie alle risorse messe in campo dalla regione Campania, ma che, lo diciamo subito, volendo essere buoni, il compito lo ha svolto a metà. Non solo, il rischio è che alla conclusione delle erogazioni dei contributi ricevuti dal primo e dal secondo bando, (quest’ultimo di appena 190 mila euro), il Consorzio, ben lungi dall’essere diventato una impresa autosufficiente in termini economici, chiuderà i battenti. Per giunta, proprio in questo periodo tiene banco la polemica sull’allargamento del perimetro del Centro Commerciale Naturale che oltre al corso porticato, da qualche mese, comprende l’area del centro cittadino fino a viale degli Aceri. Una polemica innescata dal socio Vincenzo Altobello, contrario all’allargamento, che ha prodotto un esposto addirittura alla Presidenza della Repubblica, chiamando in causa sia l’Amministrazione comunale che il Consorzio. Ma facciamo un passo indietro, nel 2010 grazie all’iniziativa politica dell’allora assessore al commercio Vincenzo Servalli e a quella privata del presidente della Confesercenti cavese, Aldo Trezza, furono avviate le attività per rispondere al bando della Regione Campania che istituiva i centri commerciali naturali. L’Amministrazione comunale, a fronte di un progetto di 1.042.000 mila euro, ha potuto beneficiare di un finanziamento di 700 mila euro, mentre il Consorzio Cava CCN, su un progetto complessivo di 1.109.708,50 ha ricevuto un finanziamento di 554.854,00 per i progetti presentati dai consorziati ed ulteriori 170 mila euro circa da impiegare per le attività di promozione e gestione del consorzio (pari al 50 per cento degli interventi previsti). Nel 2014 il Consorzio ha partecipato anche al secondo bando regionale aggiudicandosi ulteriori 200 mila euro circa, mentre l’Amministrazione comunale non si è classificata tra i beneficiari. Anzi, solo in exstremis e solo dopo due proroghe ha evitato di perdere il finanziamento di 700 mila euro, con l’impegno categorico che entro fine anno avesse realizzato le opere previste che sono: installazione di bacheche digitali, cestini portarifiuti, la sistemazione dei bagni pubblici nel parco comunale di viale Crispi e una nuova toilette pubblica nel complesso di San Giovanni al corso Umberto I, 40 banchetti in legno per i farmer’s market, il rifacimento della pavimentazione tra piazzetta Di Mauro e piazza Vittorio Emanuele III, l’abbattimento delle barriere architettoniche con percorsi per ipovedenti nel centro storico, un’area di sosta per il carico e scarico delle merci al posto dell’ex palestra Parisi che sarà abbattuta. Il consorzio Cava CCN, attualmente conta 57 attività commerciali e 2 associazioni, ma l’obbiettivo di creare una aggregazione capace di fornire servizi ai soci ed alla città non è stato raggiunto. Non esiste un censimento ed uno studio delle attività presenti nell’area del Centro commerciale naturale, attraverso i quali pianificare strategie di marketing e commerciali; non sono stati attivati servizi centralizzati che potessero produrre economie di scala, almeno per i soci, come una centrale unica di acquisto, di consulenza fiscale, legale, i tentativi pur proposti per realizzare strumenti utili alla produttività del consorzio, come banalmente un servizio per la consegna delle merci nella zona a traffico limitato, sia per i negozi che per gli acquirenti, oppure una rete wifi aperta attraverso la quale veicolare promozioni, informazioni. Per assurdo, forse, solo negli ultimi mesi sarà stato affisso un manifesto fuori città, ma chi visita Cava non troverà neppure una indicazione che indichi l’esistenza del Centro Commerciale Naturale. Eppure, Cava de’ Tirreni affonda le proprie radici proprio nel commercio e le due file di portici, unici nel mezzogiorno d’Italia, sorsero proprio come un grande centro commerciale naturale fin dal medioevo. Ciliegina sulla torta, per far fronte alle spese il consorzio potrebbe vedersi costretto a ridurre del 10 per cento i contributi regionali ricevuti dai soci, che quindi al posto del 50 per cento riceverebbero il 40 per cento delle spese sostenute.
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