Ritrovate due pagine di storia di Cava de’Tirreni.

cava-de'-tirreni-piazza-vitt.-emanuele-cartolina-antica-vivimediaStudiando s’impara, ricorda un vecchio adagio, soprattutto quando si viene a conoscenza di distinte nozioni della storia della propria città e chi le ha studiate non le relega in un cassetto, ma le divulga affinché altri le studino e le echeggino. Ben oltre mezzo secolo fa, questo ha fatto il nostro emerito concittadino, l’illustre professore Vincenzo Cammarano, insigne docente di lettere presso il “Ginnasio San Benedetto” dell’Abbazia Benedettina della Santissima Trinità di Cava de’Tirreni.

In un approfondito saggio del professore Cammarano, pubblicato il 2 maggio 1954, che abbiamo avuto l’opportunità e l’onore di analizzare, abbiamo evinto due aspetti importanti della storia cittadina: il primo, riferito all’esatta denominazione di Metiliano, uno dei quattro Distretti che in passato costituivano la Città di Cava (i restanti tre si denominavano: Corpo di Cava, Pasculano e Sant’Adjutore – il toponimo Cava de’Tirreni origina dal 23 ottobre 1862), il secondo, pregno di particolari si riferisce alla crescita demografica del popolo “cavoto” dal 1532 al 1954.

In antico, l’amena frazione di San Cesario e zone limitrofe, era nota con la denominazione di Metiliano (non Metelliano: impropria designazione indicata da tanti storici e saggisti del passato, come ci ricorda anche il fu omonimo cine-teatro di corso Umberto I, il cui ampio atrio d’ingresso è divenuto, per lunghi anni, l’edicola Rondinella).

Distretto di Metiliano, dicevamo, la cui genesi, come ci rimembra il professore Cammarano, è attribuita alla fastosa villa della “gens Metilia”, famiglia nobile e doviziosa che appartenne nell’età claudia alla bella e ricca matrona che fu Marcina, vedova ancor giovane di Metilio Rufo, alla quale Seneca indirizzò la “Consolatio ad Marciam”.

Nel suo scritto del 1954 il docente Cammarano scrive: “Bisogna doverosamente riconoscere che Cava de’Tirreni è nella scuola del Tempo, un’allieva diligente del progresso della civiltà, legato allo sviluppo urbano e demografico”.

Col secondo tema, il professore ci segnala che nel Medio Evo si facevano sì le indagini demografiche, ma erano saltuarie e circoscritte, poiché si censiva per “fuochi” o per parrocchie e mai coll’intento di una diretta ed immediata enumerazione dei singoli abitanti.

Nei secoli XVI, XVII e XVIII, nei comuni del Regno di Napoli prima e delle Due Sicilie poi, si era soliti compilare i censimenti sui dati forniti dai cosiddetti “riveli”, cioè dalle denunzie volontarie delle anime e dei beni, con obiettivi puramente fiscali, compilate dai capifamiglia, ma poiché tutti, chi più o chi meno, tentava di evadere, il reale risultato non si otteneva mai.

Nel Dizionario Geografico del Regno di Napoli di Lorenzo Giustiniani è scritto che nel 1532 la città di Cava, con i suoi villaggi: Vietri borgo e marina, Molina, Albori, Raito, Dragonea, Benincasa, Fuenti e Cetara fu tassata per 2.112 fuochi, per una popolazione di circa 11.610 anime, se diamo ad ogni fuoco, secondo la convenzione fra gli studiosi del tempo, una media di 5,5 persone. Nel 1561 fu tassata per 2.265 fuochi, con una popolazione di 12.457; nel 1648 per 3.000 fuochi, pari ad una cittadinanza di 16.500; nel 1669 per 2.238 fuochi, pari a 11.200 cittadini. La diminuzione tra il 1648 ed il 1669 fu attribuita alla peste bubbonica che nel 1656 non mancò di devastare anche il popolò cavese.

Dopo il terribile flagello vi fu una forte ripresa di vita e di attività, con conseguente notevole incremento demografico; infatti l’Abate Gian battista Pacichelli ci fa sapere che nel 1683 la città di Cava contava nuovamente 2.388 fuochi, per una popolazione di 13.130 anime. Il Mazzella ci fa conoscere che nel 1701, anno in cui pubblicò la sua Descrizione del Regno di Napoli, Cava aveva 2.665 fuochi, con 14.650 abitanti. Il Giustiniani nel 1797 segna per Cava una popolazione di 24.000 abitanti.

Dal primo censimento ufficiale eseguito in Italia il 31 dicembre 1861, la popolazione presente nella nostra città raggiungeva 19.480 abitanti. Col secondo censimento nazionale, quello del 31 dicembre 1871, la popolazione cavese era di 20.612 cittadini. Dal terzo censimento del 31 dicembre 1881, apprendiamo che la popolazione raggiunse i 21.363 abitanti. Nel 1891, per ragioni finanziarie, il censimento non venne eseguito. Col quarto censimento del 10 febbraio 1901 si poté conoscere che i nostri progenitori ammontavano a 23.681 anime, che nel 1911 salirono a 24.108, nel 1921 a 26.729 e col censimento del 21 aprile 1931 a 30.508. La rilevazione statistica del 21 aprile 1936 confermò che la nostra città contava 32.584 abitanti. Nel 1940 la città constava in 35.302 abitanti, che nel 1946 scesero a 35.198, per risalire nel 1954 a 39.082.

Lo studio del professore Vincenzo Cammarano, al quale siamo grati, ci ha consentito di rinverdire, lo ribadiamo, due non trascurabili “dettagli” del glorioso passato cavese: il primo, che il Distretto che raccoglieva la vasta area che andava ad est, dal fondo valle sino alla vetta di Monte Finestra (1.139 metri), ad ovest del vallone Pella e a nord al torrente Bonea, si denominava Metiliano e non Metelliano; il secondo, che la popolazione di Cava de’Tirreni, nel periodo dal 1861 al 1954, in poco meno di un secolo, salì da 19.480 a 39.082 abitanti, con un incremento del 105,4%.

Dall’ultimo censimento del 9 ottobre 2011 sappiamo che Cava de’Tirreni conta: 27.849 donne e 26.133 uomini, per complessive 53.982 anime, raccolte in 8.733 famiglie. I cavesi residenti all’estero sono risultati essere 3.382


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