Cavajuole vota cannuole (Cavajuoli volta cannuolo)
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Il riferimento è rivolto ai cavoti o cavajuolo (cavesi del tempo) allorquando dovevano far valere i diritti d’esenzione dal pagamento di gabelle (le attuali imposte, tasse e contributi), ricevuti con l’epistola del 22 Settembre 1460, dal Re Ferdinando I d’Aragona, confermati, poi, anche da altri regnanti suoi successori.
I cavoti o cavajuolo, per far valere detti privilegi, estraevano una pergamena dall’astuccio che tenevano al collo (cannula o cannuolo).
L’esenzione dal pagare i tributi, ricordiamolo, vigeva sia nell’acquistare e sia nel vendere, beni mobili ed immobili, e valeva in tutto il Reame che, per chi non lo rimembrasse, si estendeva dalla Rocca di San Benedetto del Tronto (versante Adriatico) a Terracina (versante Tirrenico), fino a Lampedusa.
Alla pretesa del gabelliere del pagamento del plateatico o del notaio del pagamento di altre gabelle inerenti l’acquisto dei beni, i cavoti o cavajuoli, rispondevano: “so’ ccavajuole” (oggi avrebbe detto: sono cavese).
Il gabelliere o il notaio, a sua volta, per avere contezza di quanto dichiarato dai cavoti o dai cavajuoli, poter applicare l’esenzione, rispondeva all’interlocutore: vota cannuole, a significare: mostratemi il privilegio!
Il cavoto o cavajuole estraeva dall’astuccio il lasciapassare e, dopo averlo mostrato all’esattore delle gabelle, proseguiva il suo viaggio, senza nulla pagare.
A quel tempo era un gran privilegio poter mercanteggiare od acquistare beni mobili ed immobili, nel vasto Regno di Napoli, senza pagare gabelle.
Se fosse ancora oggi così!!! I cavesi d’oggi sono come quelli di ieri!!! Noi pensiamo di no, altrimenti si adopererebbero molto di più nel mantenere la loro Città com’era un tempo, tanto da essere da tutti echeggiata con i sinonimi di: Valle Metelliana, Piccola Svizzera, Bologna del Sud, Porta verde della Costa d’Amalfi e Città dei Portici.
Gli abitanti delle comunità che confinavano con la Città di Cava (ribadiamo che sino al 18 Gennaio 1807 la Città di Cava era costituita dai territori che oggi comprendono Cava de’ Tirreni, Vietri sul Mare e Cetara e che il toponimo di Città di Cava de’Tirreni origina il 23 ottobre 1862), al fine di denigrare le franchigie ottenute da Re Ferrante, privilegio della sola nostra città, sostenevano, forse ancora oggi qualcuno lo sostiene, che l’aneddoto in argomento avrebbe due interpretazioni:
. la prima, che il cavoto o cavajuolo, oggi cavese, sia stato ed è un volta-gabbana, in breve: un voltafaccia, poiché trovandosi di fronte ad un’utilità personale, muta facilmente opinione, partito, simpatia etc. (forse, per i politici d’oggi, crediamo sia proprio così!);
. la seconda, certamente più fantasiosa, ricorda che secoli or sono i cavoto o cavajuoli furono chiamati dal Sindaco perché, assieme, punissero un asino colpevole d’aver mangiato la rigogliosa erba del parco cittadino: la villa comunale. La punizione consisteva nell’applicare una cannula nell’ano del somaro per soffiare aria fin quando gli si gonfiasse l’intestino. La pancia gonfia ed il conseguente dolore avrebbe insegnato al ciuco a non strappare più l’erba dai prati! Quando venne il turno del primo cittadino, a costui parve non s’addicesse a persona del suo rango mettere la bocca ove l’avean messa tutti i suoi concittadini, perciò, estratta la cannula dall’ano del somaro, la riconficcò dal verso opposto, soffiando a pieni polmoni dalla parte che prima era stata in corpo alla povera bestia.
Nelle “Farse Cavajole” del salernitano Vincevo Braca sono raccolte ben altre malignità, ma la storia scritta dai nostri padri non si lascia tangere da fantasiose illazioni!
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