Il collezionista e i collezionisti N. 1. Giuseppe Melone: “Ecco i miei gioielli: centocinquantamila santini e immaginette sacre”
CAVA DE’ TIRRENI (SA). In occasione della Mostra Mercato del disco da collezione, che si terrà domenica 27 settembre nella Mediateca Marte di Cava de’ Tirreni ed è la prima organizzata dalla neonata Associazione “Il collezionista” dopo la presentazione ufficiale, sempre in Mediateca, del febbraio 2015, cominciamo un viaggio tra i singoli collezionisti, dell’Associazione e non solo. Il primo è Giuseppe Melone, sessantotto anni, cavese di nascita e residenza, archivista in pensione dell’ASL, che raccoglie immagini sacre, santini e reliquiari.
La “stanza del tesoro” è una piccola, normale cameretta rettangolare, con una bella vetrata luminosa, un tavolino ed un divanetto. Alle pareti, gli scaffali di una comunissima libreria, con pochi libri e tante scatole di cartone ed una fila di contenitori, caratterizzati da scritte a penna o a matita.
Eppure, quando ci entriamo, il viso di Giuseppe Melone si illumina di una luce pari a quella che filtra dalla vetrata e, appena apre scatole e contenitori con piccole movenze sacrali e delicata affettuosità, si accendono scoppiettanti fuochi di artificio.
Sotto i nostri occhi si snodano immaginette sacre (quelle che comprendono anche immagini mariane e cristologiche) e santini (cioè limitati solo ai santi) lunghi tre secoli, uniti a reliquiari che risalgono anche a cinque secoli fa. Ne vediamo tanti, in un’ammirata successione che, per le varietà tonali, la diversità dei soggetti, l’eleganza delle merlettature, le apparizioni di ripiani quasi segreti dietro l’involucro esterno, i riflessi dorati, le filigrane accattivanti, diventa la delicata danza di una storia, di un’identità culturale e religiosa, di un gusto scenico, di una inesauribile domanda di grazia e soprattutto di grazie.
Ne vediamo tante, ma superando di poco il centinaio, mentre Giuseppe Melone, il collezionista raccoglitore, custode e sagrestano di tutto il tesoro, ci dichiara orgoglioso che, senza comunque poter precisare il numero esatto, le sue gemme superano la bella cifra di centocinquantamilaesemplari, tanto che egli può a buon diritto sentirsi uno dei maggiori collezionisti italiani, uno dei membri più autorevoli dell’AICIS (Associazione Italiana Collezionisti Immagini Sacre), la maggiore organizzazione di un settore che conta migliaia di appassionati e che fa anche girare non pochi soldini, tra mercatini specializzati, convegni e commercio on line.
“Ho cominciato praticamente da piccolo, guardando affascinato i tanti santini e le immaginette che teneva mia nonna. Quando ne trovavo qualcuno di nuovo, cercavo di tenerlo per me, poi mi sono informato sempre di più, ho cominciato a comprarne, a cercare i pezzi più rari, a mettermi in contatto con altri collezionisti, a fare scambi. E quando mi sono trovato in casa una miniera, avevo gli strumenti per fare delle mostre specifiche per temi o per epoche. Ne ho fatte tante, in tutta Italia, ogni volta con un pizzico di passione in più. Questa è un’attività che o si fa con amore oppure non si fa. E sono qua, pronto ad avere gioielli sempre più numerosi, rari e di qualità e ben disposto a mostrarli, prima di tutto ai miei concittadini. L’ho già fatto nel recente passato, spero di farlo anche in futuro, magari con una mostra spettacolare San Francesco sui Sant’Antonio di tutto il mondo… chissà….”
Dopo aver raccontato della sua passione, non smette di mostrarci i suoi gioielli più particolari. Apprezziamo con fanciullesca sorpresa gli straordinari reliquiari del Cinque-Seicento: medaglioni di legno pregiato che fanno da cornice ad un gioco di ghirigori metallici tali da creare piccoli spazi separati, all’interno di ognuno dei quali, a volte individuabile solo con la lente di ingrandimento, è custodito un frammento di osso, il cui santo di appartenenza è individuabile per la scritta su tessuto o cartoncino, anch’essa leggibile solo con la lente. Qualcuno dei medaglioni così strutturati, pur in un minimo spazio, arriva anche a contenere circa venticinque reliquie! Oggi questi sono oggetti preziosissimi di studio e di collezione, ma una volta erano un fondamentale, pur se non poco feticistico, strumento di fede, di protezione divina, ed anche di potere e prestigio umano e sociale. Insomma, a guardarli si fa un tuffo nella storia e nell’identità culturale. Correttamente, non si può dire che si saltano epoche e tempi perché oggi, se anche non c’è più un così marcato culto dei reliquiari, quello delle reliquie è ancora vivissimo generatore di fede… e di economia.
Dei santini e delle immagini sacre che ci mostra Melone abbiamo già parlato, ma ci piace qui riaffermare lo stupore e l’ammirazione di fronte a quelle che in certi casi, soprattutto prima della standardizzazione novecentesca e della produzione industriale sette-ottocentesca, sono delle vere e proprie opere d’arte, alcune delle quali derivavano da un’unica matrice-quadro acquerellata a mano. Oggi, i santini si riproducono e producono con estrema facilità grafica, comunque rimangono interessanti testimoni di epoche e di luoghi, a volte anche intrisi di stimolanti innovazioni, come nel caso di quelli ultramoderni, a forma di scheda telefonica plastificata, ma ovviamente non magnetizzata.
Ci piace attraverso di loro penetrare nella storia nostra ed anche nei risvolti di quel giro del collezionismo filiconico (si chiama così e letteralmente significa “passione per le icone”) che smuove interessi, passioni, economia.
Ci diverte vedere come si possono classificare e valutare e raggruppare tante immagini. Per simboli (e nel linguaggio religioso sono tanti), per il materiale del supporto (carta, cartoncino, filigrana, etc.), per il tipo di decorazione e realizzazione (santino acquerellato, dipinto a mano, santino firmato con la sigla dell’autore, santino goffrato quando una sua parte è a leggero rilievo, santino a trasparenze o HTL quando si vedono immagini diverse a seconda dell’angolazione di luce, etc.) e di bordino (santino merlettato e intagliato a mano, detto canivet, o con strumento meccanico, etc.), per l’effetto speciale (es.,santino “a teatrino” che fa fare ooh, quando si apre e mostra più ripiani e scenari)… e così via.
A mano a mano che penetriamo in questo mondo, comprendiamo meglio e più empaticamente la passione che prende il collezionista. Quasi un innamoramento. Capiamo quello che vuole dire Melone quando con un sorriso complice ci sussurra: “Quando sono con loro, e ci passo tante ore, io mi dimentico di tutto e il tempo scorre più veloce e più bello. Ma questo, ovviamente, non toglie nulla all’amore ed all’attenzione che ho per la mia famiglia. Solo, è una cosa mia: cerco anche di condividerla, ma è proprio mia.”
Dandogli appuntamento alle prossime mostre sue, dell’AICIS nazionale e del “Collezionista”, cavese ma con ambizioni ad estensione rapida, lo salutiamo con un abbraccio, complice e grato per la condivisione e l’arricchimento delle due ore trascorse a contatto con i suoi tesori.
E andiamo via con un duplice sorriso. Il primo, umano, di simpatia per il nostro don Peppino.
Il secondo, culturale e metelliano, è di natura storica: è il pensiero che mille e rotti anni fa Cava, in particolare le colline orientali (Croce, Alessia, Santiquaranta, etc.) hanno cominciato a popolarsi anche per l’arrivo delle comunità perseguitate nell’Impero bizantino, dove era in atto la cruenta lotta religioso-politica dell’iconoclastia, cioè la proibizione le immagini sacre. Dalla spada alla collezione, un cammino lungo tredici secoli. Un cammino verso soluzioni oggi pacifiche, per fortuna. Un cammino tanto legato alla nostra identità: un metelliano santino di memoria, appunto. Come si fa a non sorridere?
- Giuseppe Meolone
- Santini, immagini sacre e lente di ingrandimento
- Medaglioni con reliquiari
- Melone con la collezionista Anna Nunziante
- In primo piano un’immaginetta francese
- Sant’Adjutore patrono di cava de’ Tirreni e poco profeta in patria
- Un santino a teatrino a sorpresa
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