Inaugurato nella Chiesa della Congrega il dittico “L’Immacolata colomba candida della nostra liberazione”, di Enzo Avagliano: un’opera che guarda lontano
CASTEL SAN GIORGIO (SA). L’Arciconfratenita Maria S.S. Immacolata di Castel San Giorgio ha celebrato il cammino che porta all’8 dicembre con un evento artistico di forte valenza simbolica e spirituale, cioè con il disvelamento, nella Chiesa della Congrega, del dittico dell’Immacolata Colombacandida della nostra liberazione, del pittore e scultore Vincenzo Avagliano, originario di Cava de’ Tirreni, ma da anni sangiorgese di residenza e di adozione, oltre che accolito dell’Arciconfraternita.
Il 27 novembre, giorno dell’inaugurazione, per felice coincidenza, secondo il culto mariano è anche il giorno dell’apparizione nel 1832 della Vergine a Parigi alla vincenziana Caterina Labouré, apparizione al termine della quale donò una medaglia che, oltre che segno divino, fu subito considerata miracolosa perché due anni dopo, secondo la tradizione, fece guarire molti cittadini colpiti dal colera durante la terribile pestilenza che tanto danno causò alla capitale francese.
L’8 dicembre, nella tradizione cattolica, è il giorno dell’Immacolata Concezione di Maria, che, contrariamente a quanto pensano alcuni fedeli non sempre ben informati sulla propria religione, non ricorda il concepimento di Gesù Cristo da parte di Maria “da vergine”, ma il concepimento di Maria stessa da parte di Sant’Anna senza la macchia del peccato originale. Non a caso, l’8 dicembre cade giusto nove mesi prima dell’8 settembre, Festa della Madonna. Detto per inciso, il concepimento verginale di Gesù viene celebrato il 25 marzo (Annunciazione), nove mesi esatti prima di Natale…
Nel suo aereo dittico, realizzato su tela con tecnica mista e tenuto teso da un telaio rigido, Vincenzo Avagliano, con un volo ardito ma teologicamente pertinente, ha rappresentato l’Immacolata con lo slancio di tante bianche colombe dinamicamente, e a volte per linee contrastanti, convergente verso l’alto.
La colomba, sempre secondo la visione cristiano-cattolica, è l’immagine visibile dello Spirito Santo, terza persona della Trinità, vale a dire l’humus profondo dell’Amore cristiano, il ponte più alto tra l’uomo e il cielo, il segno mistico della saggezza e del fervore emozionale, l’irrinunciabile linfa della liberazione dell’anima dal peccato.
La colomba, come tale, è anche una protagonista dei testi sacri e della storia cristiana: è lei che porta a Noè il ramoscello d’ulivo che annuncia la fine del Grande Diluvio e rilancia la Pace tra Dio e gli uomini (da qui il simbolo internazionale odierno della Colomba della Pace).
È la colomba che vola sul capo di Gesù il giorno del Battesimo nel fiume Giordano. Ed è sempre la colomba il simbolo preferito dell’angelico candore contrapposto alle malefiche arti del demonio.
La figura di Maria potrebbe sembrare marginale rispetto a simboli e valenze così forti. Eppure, Avagliano, nel suo volo d’immaginazione, ha colto non ciò che divide la Madonna dalla colomba, ma ciò che unisce le due figure, e che è invece ancora più sostanzioso.
Non è forse Maria figura di Pace e di Amore universale, madre di tutti gli uomini e come tale della loro fratellanza (non dimentichiamo la proclamazione che ne fece Gesù sulla croce)?
E non è Maria, evangelica “colomba senza fiele”, che dovrà schiacciare il capo al serpente tentatore dell’Eden, il simbolo universale del demonio e quindi del male?
E, come la colomba è nell’immaginario comune simbolo di purezza e innocenza, non è forse Maria la figura stessa dell’innocenza e della purezza?
Come la colomba-Spirito Santo è portatrice di luce in volo verso Dio, non è forse Maria, in tutte le forme iconografiche e letterarie, il tramite più forte tra la persona umana e la persona divina?
Tutto questo Vincenzo Avagliano è riuscito a trasmetterlo con un linguaggio semplice e comunicativo, grazie al dinamismo delle forme, quasi fuoriuscenti dal piano di disegno, cariche di intense connotazioni emozionali e devozionali, ed alla “parola chiara del colore”, caratterizzato dal netto contrasto tra il color terra degli elementi umani e quello azzurro del paradisiaco alto dei cieli.
Il risultato è un’opera in cui si sposano elettricamente la tecnica e l’intuizione formando un insieme lineare e composito.
È un’opera dalla plasticità scultorea, viva, gravida di fuoco interiore, in linea con l’evoluzione personale di Avagliano, in cammino crescente verso le forme più alte della spiritualità, ed anche con quella artistica, mai disgiunta dalla ricerca e dal travaglio interiore, che ha portato a risultati notevoli, in particolare nel campo della scultura, dove le figure elaborate dalla sua mano riescono dinamicamente a bucare la scena e ad occupare lo spazio (non dimentichiamo, tra gli altri, l’emozionante Cristo morto presentato a Giffoni valle Piana, il bellissimo portale della Banca Popolare a Cava de’ Tirreni, il monumento ai caduti di tutte le guerre a Santa Lucia,).
Come osserva Antonio Donadio, in luiil segno è propositivo e riesce a cogliere la misteriosa vitalità dell’oggetto in sé.
Per tutto quanto detto, riteniamo che l’Immacolata colomba sia un’opera destinata non solo a rimanere fisicamente, ma anche ad essere conosciuta e “vissuta” dalle future generazioni.
L’arte in essa si sposa con l’anima e, quando avviene un connubio del genere tra tecnica e intuizione, l’onda è lunga e gli spruzzi vanno lontano. E ben riescono a valicare il confine limitato della vita individuale…
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