Domenica 18 e lunedì 19 dicembre in scena “Novecento”: un racconto meraviglioso, una metafora emozionante, una grande sinfonia scenica. Ne parliamo con la regista, Clara Santacroce

01-clara-santacroce-renata-fuscoCAVA DE’ TIRRENI (SA). Sedicesimo Autunno cavese, l’annuale rassegna organizzata da Temprart -Teatro Arte Tempra di Clara Santacroce e Renata Fusco (insieme nella foto). Dopo gli splendidi esiti degli shakespeariani La dodicesima notte e Shakespeare in lab, ora è in programma un grande ritorno: Novecento, di Alessandro Baricco, la straordinaria storia di un uomo che è nato su una nave da crociera e da lì non scende mai, imparando a conoscere la vita dagli spicchi di mondo che passano per la nave e riuscendo ad esprimere le sue emozioni con la tastiera del pianoforte, con la quale ha un trascinante rapporto ematico. Ne fu fatto uno spettacolare reading agli inizi dell’avventura del gruppo Arte Tempra.

Nell’edizione di tanti anni fa, si trattava di una lettura spettacolo: gli attori non recitavano, ma a turno leggevano, con movimenti e a tratti si sublimavano in movenze di danza, che occupavano la parte anteriore della scena, alle cui spalle dominava un grande velo che evocava una nave, al cui interno si stagliava l’ombra di un pianista (Julian Mazzariello, agli inizi di una grande carriera), che accompagnava dal vivo l’azione e le parole e si produceva in emozionanti assolo, come richiede il testo. Tutt’altro spettacolo, invece è il nuovo Novecento.

Ne parliamo con la regista di ieri e di oggi, Clara Santacroce.

Sono cambiate tante, tante cose, rispetto al Novecento di quindici anni fa. Vero?

È vero. È tutto un altro spettacolo. In comune con il precedente, sono rimasti la scenografia fortemente evocativa, con il velo – nave che racchiude l’ombra del pianista, la fedeltà piena al testo, sul quale viene fatta solo qualche piccola ricucitura, ma senza cambiare nessuna parola,. E la musica dal vivo, che sarà affidata ad un prestigioso Maestro come Lucio Grimaldi, un signore dei tasti ricco di inventiva, nello stile del protagonista del romanzo, Novecento.

E gli attori?

Gli attori recitano narrando e narrano recitando e contestualmente fanno anche da spettatori, tutti.

Insomma, un’affabulazione corale di spettattori e narrattori?

A parte il gioco di parole, proprio così. La vicenda viene rievocata da un gruppo di persone che se la raccontano sotto forma di conversazione, non come novità, ma come ri-scoperta. Appare chiaro infatti che la conoscono già e che ne sono rimasti affascinati, tanto è vero che parlano con appassionato interesse e si inseriscono nel discorso con il tono di chi aggiunge sempre il piccolo particolare illuminante.

Sulla base dello stile Arte Tempra e di quanto finora anticipato, dobbiamo dedurre che si tratterà di uno spettacolo sinfonico e “plurisensoriale”?

Questa è la mia intenzione. La parola e la voce sono fondamentali, ma la protagonista vera sarà la musica, come suggerisce il testo di Baricco, come è nelle corde di Novecento, che sente e parla con i tasti. E non dimentichiamo il gioco delle luci, che, grazie anche alle moderne tecnologie, permette una vera e propria, benefica “farmacia di colori”.

Come tutti i capolavori, e Novecento possiamo tranquillamente considerarlo tale, una vicenda può avere vari livelli di lettura. Quali la regista Santacroce ha privilegiato nello spettacolo?

Innanzitutto, la musica, come già ho detto: è un linguaggio universale, uno di quelli che necessitano di meno mediazioni per l’acquisizione e l’impatto.

Nel nostro caso, c’è il valore aggiunto delle note di Ennio Morricone, che hanno nobilitato il film di Tornatore La leggenda del pianista sull’Oceano, tratto proprio da Novecento.

Certamente, ma posso anticipare che ne saranno evocati solo i temi principali. La “nostra” colonna sonora svaria su più terreni.

Altri livelli di lettura?

Senz’altro, l’immaginazione. Un’intuizione geniale di Baricco, quella di creare un personaggio che nasce e vive su una nave e conosce il mondo solo attraverso i racconti e gli sguardi delle migliaia di persone che nel corso degli anni salgono e scendono da essa. E non scende, perché il mondo è troppo grande per poterlo abbracciare con uno sguardo totale. Con l’immaginazione, si può cogliere anche l’infinito, come faceva Leopardi dietro quella siepe.

E allora, voleremo nell’infinito anche noi, dalla platea?

È quello che ci auguriamo tutti. Per “volare” insieme …


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