CAVA DE’ TIRRENI (SA). Con “La Fortuna si diverte” conclusa la bella stagione teatrale

Ma il divertimento continuerà … con la coppia Piccolo Teatro al Borgo-Arcoscenico. 


La strana coppia ha partorito una stagione bella e piena di salute e da coppia di fatto si sta avviando verso una forma di matrimonio civile. Possiamo dirlo in lieta consapevolezza, con piena avvertenza e deliberato consenso.

In effetti, sono molte le risultanze positive di questo connubio tuttp metelliano tra la Compagnia storica del Piccolo Teatro al Borgo diretta da Mimmo Venditti e la freschezza emergente dei giovani di Arcoscenico, diretta da Luigi Sinacori regista e “sceneggiattore”, in solido ménage a tre con gli amici di sempre Mariano Mastuccino e Gianluca Pisapia e con il sostegno di un gruppo in costante e brillante crescita.

Due programmi in un unico cartellone, cinque spettacoli a testa in alternanza, una casa comune organizzativa gestita spesso con concorde sinergia, una soddisfacente osmosi reciproca di spettatori prima fedeli ad una sola delle compagnie.

Fattori positivi di natura tecnica, ma i più positivi sono certamente il reciproco incontro culturale e la pionieristica apertura di credito fatta da un gruppo la cui immagine e prestigio è consolidata da oltre mille spettacoli in Italia e anche oltre frontiera. Ci hanno messo la faccia, Venditti e i suoi amici.

Alla fine, la faccia non solo non l’hanno perduta, ma è diventata più bella, senza trucco, perché la qualità dei lavori proposti da arcoscenico, di cui alcuni assolutamente originali, è stata sempre all’altezza della situazione, ripagando l’impegno e la disponibilità.

Lo ha più volte sottolineato lo stesso Venditti negli usuali interventi a sipario chiuso, avvenuti dopo tutti gli spettacoli e diventati spesso dei veri e propri siparietti, chiarificatori e pungenti.

Ad esempio, ha evidenziato l’emozione scenica e umana che sono stati capaci di dargli gli “Arcoscenici” inizialmente attraverso frammenti de La Voce rotta di Napoli, poi rappresentando con encomiabile maturità e forza empatica in Hope il tremendo dramma dei migranti e la desolata solitudine esistenziale in stile beckettino.

Venditti ha anche ricordato il personale divertimento nel vedere in prova e poi sul palco scene “arcosceniche” impregnate di quella comicità che non si produce mai a comando, ma grazie al talento ed ai giusti tempi di battuta e di movimento: ad esempio, la creazione dei primi soldi “falsi” nella tipografia de La banda degli onesti di totoiana memoria, o gli sketch paradossali in stile cabaret con uno scatenato Sinacori al femminile.

O anche, dulcis in fundo, i grotteschi smarrimenti di Un figlio a sorpresa tra personaggi in cerca dell’autore di un bambino, verginità che prendono per il naso, morenti ben viventi e malizie di amori in cooperativa, o ancora politici furbeggianti, sacerdoti priapeggianti, pettegolezzi desolanti.

Il tutto in un approccio di commedia umana che, insieme con le altezze di Hope, fa capire come, nel dramma e nella comicità, Sinacori, Mastuccino, Pisapia e i loro ruspanti amici stiano veleggiando verso quella dimensione dello spettacolo che non è autoreferenziale o strumentale, ma vuole essere un piccolo, ma ampio specchio di noi stessi.

Per questi indizi, e considerando anche la partecipazione agli spettacoli alla Mediateca Marte per ricordare la persecuzione razziale e celebrare la giornata della memoria, crediamo che questo sia stato per la giovane compagnia il momento del salto di qualità, da una dimensione solo ruspante allo spaccato di identità sociale e vibrazione umana che il teatro sa creare.

Ed è importante e significativo che tale salto sia venuto non da una rielaborazione passiva di testi altrui, ma soprattutto dall’ elaborazione attiva di testi scritti di propria mano. Insomma, una nobile artigianalità che è il passo più elastico ed energetico verso l’artistica professionalità.

Chiaramente, in questo discorso abbiamo finora privilegiato il ruolo degli arcoscenici e la loro importante novità nel panorama cittadino in più ampia prospettiva territoriale, ma non possiamo e non dobbiamo dimenticare la qualità scenica e professionale garantita da anni dal Piccolo Teatro e pienamente confermata anche dal cartellone di quest’anno.

Come sempre, Venditti e i suoi “ragazzi”, quelli storici degli ultimi decenni e i nuovi, promettenti acquisiti degli ultimi tempi, hanno privilegiato le corde comiche del teatro napoletano, ma sempre con un occhio privilegiato verso Eduardo e la sua capacità di andare a fondo e di far ridere pur nel dramma, o meglio ancora di far capire i drammi umani e sociali che vengono solo velati da una risata a volte acre e catartica.

A questa serie appartengono Napoli milionaria, eclatante capolavoro, il classico Natale in Casa Cupiello, rappresentato secondo l’originale versione in due atti, e l’eccitante Non ti pago, ricco di risate dal forte sapore pirandelliano per il disvelamento di brucianti fiamme d’inferno familiare.

Questi tre spettacoli, punta della stagione vendittiana e storici cavalloni di battaglia, sono stati corredati dalla deliziosa rilettura-divertissement della scarpettiana Miseria e Nobiltà e dalla chiusura in bellezza con La fortuna si diverte, tratta da un testo di Federico Tosti poi trasformato da Eduardo in Sogno di una notte di mezza sbornia.

A ritmo serratissimo, ottimamente orchestrato, una squadra affiatata e coinvolgente ha saputo fare da bella corona in contraltare e in controluce al dramma dell’uomo a cui un sogno malandrino ha regalato la chiave di una clamorosa vincita al lotto ma anche la data della sua morte. Un personaggio e una commedia a cui Re Mimmo, per il quale il palcoscenico è da sempre una flebo di giovanile freschezza e catartica malincomicità, ha permesso come sempre di “bucare” la scena e avvolgere gli spettatori in due ore di saporita distrazione.

Se la fortuna si è divertita, e anche il pubblico, e non solo per uno, ma per tutti e dieci gli spettacoli, non è stato merito del caso ma di scelte ben precise, di quell’elastico tra passato, presente e futuro che il connubio Venditti-Sinacori ha tessuto quest’anno e che, non dimentichiamolo, ha ricevuto tra l’altro un significativo e importante riconoscimento pubblico con l’assegnazione del premio Ponte Giovane da parte dell’Associazione Giornalisti “L. Barone”.

È un ponte che già permette di passare con facilità da una riva all’altra, ma soprattutto è un ponte in cui i lavori in corso devono essere proseguiti, per le opportune rifiniture e abbellimenti. Della serie “vi siete messi insieme consolidate il matrimonio”… E chissà che il rito finale di consacrazione non venga celebrato in una vera sala teatrale tutta metelliana… Non è vero, ma ci vogliamo credere …


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