Una “fresca” poesia di Giorgio Soavi in questa torrida estate
Non so quanti lettori ricordino il poeta Giorgio Soavi, forse pochissimi. Poeta, che secondo me, vale la pena riscoprire: sorprendentemente moderno nel linguaggio e nei contenuti.
Attraverso l’uso di esplicite citazioni di versi notissimi di alcuni Grandi del passato, egli, per dirla con le parole di Giuliano Gramigna, “profitta con arguzia, centrando quasi sempre il colpo, di innesti alti che sono vere e proprie citazioni, appena beffarde” mescolandole a situazioni di vita quotidiana infarcite di termini di uso comune come rubinetti, penne biro, telefoni, tv.
Senza mai scadere nel banale, Soavi riveste questi oggetti di una dignità autonoma non filtrata d’icastiche rappresentazioni simboliste.
La poesia che ho scelto riporta in apertura il primo verso del celeberrimo idillio leopardiano “L’infinito”, (ricordiamo che quest’anno ricorre il bicentenario della sua composizione), ma già dal secondo verso, si assiste a un salto tematico e lessicale che si riveste di un’originale “beffarda” connotazione poetica.
Sempre caro mi fu
l’animale peloso,
segugio di casa
e fuori, se,
chinato nel suo angolo
mangia con un rumore
che, per amor tuo,
vorrei tanto imitare,
gli occhi soddisfatti,
il naso nero e fresco
il suo riposo, a terra.
E che riposo.
Sta fra i tuoi piedi
come chi sogna
di aver scavato il buco
e affonda il viso fra le tue
dita sepolte nelle scarpe.
Giorgio Soavi
(da Poesie per noi due. Ventidue illustrazioni di Renato Guttuso, Rizzoli 1980)
In questa poesia Soavi con sottile grazia mista a una sorta di sfrontata spavalderia, si augura di poter essere lui “l’animale peloso”, ovvero il suo cane, invidiato per quegli “occhi soddisfatti” per quel “suo riposo a terra”. Se ne sta tra i piedi dell’amata moglie Lidia, “come chi sogna/di aver scavato il buco” (velato riferimento al sogno montaliano di “cercare una maglia rotta nella rete” ) e fiero affonda il viso fra le” dita sepolte nelle scarpe”.
E’ un’immagine lieve, tenue, che suggerisce un momento di pausa nel ritmo convulso del giorno; un momento di serenità laddove l’appagamento del cane è spiato e rivestito di una trasposizione poetica da parte dell’uomo che da semplice spettatore sa, tuttavia, di essere partecipe di quel “salutare” clima familiare.
Un idillico momento d’aria fresca che Giorgio Soavi ci regala in un torrido pomeriggio d’agosto.
Giorgio Soavi, nato a Broni (Pavia) nel 1923 e morto a Milano nel 2008, è stato poeta, scrittore, saggista, giornalista. Collaboratore e amico di Indro Montanelli, si narra che fu lui a suggerire a quest’ultimo il titolo del quotidiano “Il Giornale” mentre Montanelli pensava a un altro nome: “ La Posta”.
La moglie Lidia, cui è dedicato il libro da cui è tratta la poesia in oggetto, era figlia di Adriano Olivetti.
Tra i libri di poesia citiamo: L’America tutta d’un fiato, Mondadori 1959; La moglie che dorme, Mondadori 1963; Che amore e’, Garzanti 1988; Nella tua carnagione, ES 2005 Tra i romanzi: Le spalle coperte, Neri Pozza 1951; Sirena, Longanesi 1966; Memorie di un miliardario, Milano 1975; Un amore a Capri, Rizzoli 1981; Il Conte, Longanesi 1983, dedicato al suocero Adriano Olivetti.
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