CAVA DE’ TIRRENI (SA). Gerardo Canora: una vita in prima fila, un libro di storia metelliana, un cittadino da non dimenticare
Un anziano che muore è un libro di storia che brucia: così recita un antico proverbio africano, buono e giusto, valido sempre, sia per la trasmissione orale di ieri che per quella tecnologica di oggi.
Da questo punto di vista la scomparsa di Gerardo Canora, avvenuta l’11 aprile scorso alla veneranda età di novantasei anni, è il bruciare non di un solo libro, ma di un’intera libreria, oltre a significare la “partenza” di una persona cara, che per la sua vitalità, per l’attenzione alla vita sociale, per il calore della sua presenza ha lasciato una scia di amicizia e di affetto che va ben oltre la sua vita.
Canora ha attraversato in prima fila un secolo di storia cittadina, cominciando dai tempi in cui è stato testimone diretto, oltre che delle ben note vicende del Ventennio (e partecipe, data l’età, alle varie attività littorie legate alla formazione fisica dei giovani), anche degli anni drammatici della Guerra.
E il suo tempo lo ha attraversato non dai margini, ma dal cuore delle istituzioni.
Era infatti impiegato comunale già nel 1942 e, ai tempi dello sbarco, offrì i suoi servizi alle Forze Armate alleate, per poi rientrare in Comune stesso nel 1945 nell’Ufficio Ragioneria.
Ricordo che, quando mi raccontò personalmente questo difficile e travagliato passaggio, si soffermò sulle reazioni delle persone al momento della caduta del Fascismo ed in particolare sulla frenesia di alcuni nel gettare stemmi e nascondere divise e oggetti compromettenti da parte di alcuni che sembravano incrollabili e appassionati attivisti. Mi sottolineò che il piacere per la fine della dittatura fu attutito da questo disvelamento delle ipocrisie umane, concludendo, al termine di un’ora di quasi ininterrotto ed affascinante caminetto, che poi aveva capito l’importanza dell’indulgenza senza ergersi a giudici inappellabili. “Anche Pietro rinnegò tre volte Gesù Cristo, ma poi Dio stesso l’ha voluto papa”, concluse con un accentuarsi del suo amabile sorriso. E aggiunse che lui personalmente, pur sentendosi vittima delle tante forzature del regime, si era sempre consolato con la forza dello stare insieme e poi, seguendo la bella idea manzoniana, con la discrezione del’essere “vergin di servo encomio e di codardo oltraggio”.
Questa bellezza dello stare insieme, della partecipazione alla vita di comunità, lui stesso, democratico e cristiano nel cuore e nella mente, ha continuato a viverla e finalmente ad esaltarla poi negli anni successivi, a cominciare dai tempi turbolenti che portarono alla supervittoria DC alle elezioni del ’48, tanto da essere citato da Mario Avagliano nel suo libro sull’argomento e da essere invitato in Comune a raccontare la sua esperienza il 23 febbraio del 2018, nel giorno della presentazione ufficiale, insieme con quell’altra pagina di storia cavese che è Gaetano Panza.
La sua apertura fraterna alla mano tesa gli permise poi di diventare Segretario Ragioniere dell’ECA, l’Ente Comunale di assistenza, che a sua volta coordinava l’attività di oltre cinquanta enti da esso amministrati. In questa veste ebbe l’incarico di gestire gli aiuti alle famiglie colpite dalla terribile alluvione del 1954, quando “le nostre montagne scesero nel mare”.
“Ho visto tanti casi di dolorosa povertà, ho negli occhi le scene dei sopravvissuti di Molina che faticosamente risalivano la china con i fagotti delle poche cose a loro rimaste… come si fa in questi casi a non avere la mano tesa già nel cuore?” Così più o meno raccontava, mentre negli occhi, pur nella sua compostezza di sempre, scendeva un velo leggero di umida lucidità.
La sua era stata un’esperienza umana ed amministrativa di quelle che non si dimenticano, una cassaforte a disposizione della collettività. Una cassaforte che egli poi ha potuto riaprire nel corso di un’altra tremenda crisi, quella legata al terremoto dell’80, ai tempi in cui nacque in Italia la Protezione Civile, presieduta da Giuseppe Zamberletti, di cui proprio Gerardo Canora fu il referente diretto nella nostra vallata, essendo stato nel frattempo nominato Caporipartizione dei servizi sociali, culturali e del tempo libero, carica ricoperta fino al pensionamento nel 1989. E possiamo immaginare quante altre perle lui abbia allora
immagazzinato e poi utilizzato grazie a quella preziosa collaborazione a stretto contatto con le istituzioni nazionali…
Ma questa di cui abbiamo parlato era solo una Sezione, quella più professionale, della “libreria” di cui Canora era portatore sano…
Non dimentichiamo infatti che egli nel 1962 è stato fondatore e fino al 1984 Presidente della Sezione metelliana del CSI (Centro Sportivo Italiano), carica che poi lasciò per entrare nel Collegio dei probi viri nazionale a Roma. Egli ha rappresentato quindi un principio attivo per la crescita fisica e la formazione etica di una gran bella fascia di giovani cavesi, tra i quali il sottoscritto, allora rampollo della squadra di tennis tavolo cittadina. Con la sua presenza attenta intrisa di rassicurante discrezione e con il suo carattere cordiale, calmo e disponibile, rappresentava per tutti noi un paterno punto di riferimento e nello stesso tempo il rassicurante sorriso delle istituzioni. E dire che non era facile la gestione del pionieristico CSI, per i pochi mezzi a disposizione e le insidie di una sede arrangiata come l’ex carcere in Corso Umberto I. Ma era già bello esserci, ed essere guidati da uno che ci sapeva fare e che, come raccontava divertito, si era progressivamente saputo allargare proprio in quella sede arrangiata, affidatagli dal Sindaco Abbro con l’impegno di una sola stanza e di pronta restituzione, ma anche con l’ammiccante e sorridente viatico sottinteso del “fai come ti pare, mi fido di te…”
E in ambito sportivo, come possiamo dimenticare quanti eventi , quante partite, egli ha raccontato nelle sue cronache giornalistiche su La Voce di Salerno o sul Mattino o sulla Gazzetta rosa?
Dello sport, oltre all’attenzione da spettatore, egli aveva profondamente introiettato la logica dell’importanza di scendere comunque in campo. Per questo, anche superati gli ottanta anni, non si è fermato nella sua dimensione di cittadino attivo.
Lo sanno bene gli amici del Sacrario Militare, di cui è stato Vicepresidente accanto a quell’altra grande pagina di storia che è Salvatore Fasano.
Lo sanno bene gli amici del Comitato speciale per l’Ospedale di Cava, per la cui salvezza si è messo con loro in prima linea.
Soprattutto, lo sanno bene gli Amici della Terza Età Antico Borgo, di cui quasi fino alla fine della sua vita è stato l’amato presidente, affiancando il figlio Angelo, degno continuatore della sua opera. Ne ricordo bene la felice emozione quando lo presentava sul palco, dopo una manifestazione ufficiale: era il padre diletto del quale si era compiaciuto, i cui valori, insegnati in famiglia a lui e alla sorella Giovanna, era ben lieto di far camminare e trasmettere.
Lo sa bene il Sindaco Marco Galdi, che nel 2012 ha giustamente deciso di assegnargli il titolo di Benemerito in riconoscimento del contributo costante da lui sempre dato alla vita della Città.
Gerardo Canora se ne è andato in silenzio e nell’amara solitudine dei tempi di pandemia. Se ne è andato con la tacita tristezza di una stella cadente, lui che era nato proprio il 10 agosto, lui che avrebbe meritato ben altro tributo.
Ma ci sarà tempo, speriamo, per rimediare. E magari contestualmente si potrà anche istituire il Libro della memoria, da lui tante volte auspicato, con i ricordi dei nonni raccolti dai nipoti, a costruire un gran ponte di identità attraverso le generazioni. Sarebbe un modo significativo di fissare stabilmente tutta la luce della sua “stella cadente”. Ma forse per quello la sua figura di padre, marito, cittadino, professionista è già sufficiente per garantirgli un posto in prima fila nel nostro Paradiso più vicino e concreto, il verde Paradiso della memoria.
Ciao, caro Gerardo e, a nome di tutti noi cavesi, grazie di tutto!
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