CAVA DE’ TIRRENI (SA). La scomparsa di Aldo Masullo, un grande della Cultura nazionale, carissimo concittadino onorario dei cavesi

Tra le tante care persone che in questo sconvolgente tempo del coronavirus ci hanno lasciato ed alle quali non abbiamo potuto dare il giusto saluto, si è aggiunto nei giorni scorsi uno degli intellettuali più importanti della cultura italiana della seconda metà del Novecento, cioè il filosofo napoletano Aldo Masullo.

La sua scomparsa, avvenuta alla veneranda età di novantasette anni, riguarda direttamente noi cavesi, perché, non dimentichiamolo, sei anni fa abbiamo avuto l’onore di proclamarlo nostro concittadino onorario. E ne avevamo ben donde, perché Masullo tante volte negli ultimi anni è stato a Cava, ad illuminarci con la luce del suo pensiero, sempre lucidissimo, e col calore della sua amicizia.

A fare da gancio, il nostro Paolo Gravagnuolo, una delle luci più vivide della nostra Città, che da quando ha fondato il Centro Studi “G.Filangieri”, feconda fucina di pensiero e ricerca, ha stabilito con Masullo un ponte di comunicazione costante e ne ha fatto una delle sue stelle polari. Ma il rapporto veniva da lontano, da un’amicizia di famiglia radicata negli anni. E allora, in ringraziamento a Paolo per avercelo “donato” ed in omaggio a Masullo per essersi “donato” a noi, ci sembra cosa buona e giusta riportare qui un estratto delle dichiarazioni di Gravagnuolo, fatte a cuore caldo nelle ore immediatamente successive alla notizia della sua scomparsa e in parte già pubblicate sulla stampa locale.

Ecco il testo della dedica redatta di suo pugno da Aldo Masullo sul Libro d’oro del Centro Studi “Gaetano Filangieri” di Cava de’ Tirreni:

La cultura è la condizione di ogni speranza di rinascita. L’incontro con gli amici del Centro Studi “Filangieri” è un momento promettente di questa riapertura alla speranza. Sicuro della sua creazione, lascio il mio fervido augurio, Aldo Masullo.”

Era la prima di numerose volte in cui ci saremmo incontrati a Cava, anche se l’avevo conosciuto negli anni indimenticabili trascorsi a Napoli: oltre alle conferenze ascoltate spesso in prima fila in vari contesti di cultura, avevo trascorso un paio di mattinate nel soggiorno della sua luminosa casa in viale Michelangelo al Vomero.

Avevamo quasi l’identica distanza di età che mi separava da mio padre Alfredo, suo amico ed estimatore da lui a sua volta stimato. Anche con mio padre il rapporto era giocato sul duplice piano del Maestro-allievo, insieme a quello dell’amico.

Per la formazione di mio fratello Luigi, laureatosi in
Filosofia, era stato un punto di riferimento ineludibile.

Ha raggiunto la luce un grande uomo a poche ore dal 25 Aprile, che lui interpretava come una Festa non divisiva.

Forse avrà sorriso di questa coincidenza e avrebbe detto: “Non temete, non avevo intenzione di assumere su di me tutte le luci dei riflettori. Pensate piuttosto a resistere per dare di nuovo spazio alla fiducia nella vita e nei contatti umani”.

Arrivederci, mio carissimo amico.

Carissimo amico, certo, ma anche grande figura di riferimento dell’intera cultura nazionale. Oltre a numerosi scritti filosofici, oltre all’attività fecondissima come Direttore del Dipartimento di Studi Filosifici dell’Università di Napoli, è stato verso la fine del secolo scorso più volte senatore della repubblica e anche parlamentare europeo. E aggiungiamoci i suoi innumerevoli interventi su questioni filosofiche, etiche e di stretta attualità sia sui giornali e sulle riviste che in televisione e in pubbliche conferenze…

Insomma, un grande della Cultura e della comunicazione, che noi abbiamo avuto la fortuna di “goderci da vicino” in quegli anni di ponte fecondo con il Centro Filangieri.

Ogni volta che avevamo piacere di ascoltarlo, rimanevamo sempre tutti incantati ed ammirati dalla lineare chiarezza con cui egli infiorava concetti ed idee ad alto tasso di profondità, dalla passione con la quale difendeva e propugnava i più alti valori collegati alla dignità, alla fratellanza, alla democrazia ed all’intelligenza umana. Nonostante l’età particolarmente avanzata, parlava in piedi, dritto come il suo intelletto, a volte anche per quasi un’ora e senza mai perdere né far perdere il filo del discorso. Come dimenticare, ad esempio, quando venne al Social Tennis Club, sempre invitato dal Centro “Filangieri”, a parlare di Giordano Bruno, maestro di anarchia, in rapporto al suo ultimo libro, incentrato su quel filosofo nolano che era una delle stelle polari del suo pensiero ed uno dei simboli più alti della dignità umana violata? Come dimenticare la “bellezza” del ragionamento di attualizzazione che egli ci fece in quell’occasione?

Per capire Bruno, ci disse, dobbiamo capire il suo tempo così come egli lo pensa e lo descrive, ma dobbiamo renderci conto che comunque nell’incontrare i pensieri del tempo di Bruno noi ragioniamo secondo i pensieri del nostro tempo e quindi l’esercizio di comprensione deve risultare coscientemente dal confronto tra i suoi pensieri del suo tempo e i nostri pensieri del nostro tempo. La chiave di volta che ci prospettò fu il concetto di crisi radicale: quella del tempo di Bruno, in cui stava nascendo la modernità, e quella del nostro tempo, in cui la modernità sta estinguendo la sua spinta in avanti. Nei momenti di crisi il pensare autonomamente, non conformisticamente e neppure in modo politicamente corretto, anche a forte rischio personale, è una chiave culturale vitale. Bruno lo ha fatto, noi stiamo nelle condizioni di farlo, perciò Bruno è compagno di tutti noi. Ma lo è anche nella sua esaltazione della dignità del singolo attraverso l’intelletto, di cui ognuno di noi è portatore sano. Per questo siamo tutti potenzialmente liberi, ma la nostra libertà non avrebbe senso se non nella Comunicazione e nelle irrinunciabili Relazioni sociale, in cui è necessario che continuiamo ad essere liberi, pur all’interno dei ponti che ci legano a tutti gli altri. Valga al riguardo la regola delle Tre C: Convitto, Communione, Concordia.

Chiare, in questi concetti, le profetiche anticipazioni delle dottrine illuministiche, coinvolgente soprattutto il legame, nel nostro pensiero del nostro tempo, con la necessità dei diritti umani…

Bellissimo! E, di fronte a lui mentre parlava, noi, a bocca e a mente aperta…

Ha parlato fino alla fine, il nostro Masullo. Ha parlato anche di questi svanganti tempi del coronavirus, in un’intervista telematica del 26 marzo scorso su “Napoli notte”, in cui, oltre ad esprimere il disorientamento di tutti ed a denunciare i tentennamenti di chi ci guida, preannunciò il dramma economico sociale che oggi stiamo cominciando a vivere in tutta la sua sconvolgente pericolosità: La preoccupazione è forte…. Le tempeste economiche possono essere più distruttive della guerra stessa, rendere feroci le vite dei popoli… Il contagio irrompe su una situazione già critica. Gli ultimi anni hanno segnato una rottura, sono venuti meno vecchi capisaldi sociali, anche rapporti politici. Soprattutto l’Occidente è da tempo in una crisi dove alla rottura dei vecchi modi di essere non corrisponde neanche un controllo del nuovo: fra il “come eravamo” e il “come saremo” è una navigazione a vista. Dobbiamo pensare a come riprenderci, ma una prefigurazione attendibile non si può fare. Ecco perché si parla di “cigno nero” o tempesta perfetta. Il virus rischia di trasformare le rotture col passato in una unica grande mazzata per l’umanità.”…

Erano già una mazzata quelle parole, che ci facevano ancora più male perché si aggiungevano alle ferite taglienti di ogni giorno inferte dal virus. Sono ancor più una mazzata oggi. E sta a noi ammortizzare le mazzate ricevute e renderle meno dolorose.

A contribuire in tal senso, non più la parola diretta, ma certamente il pensiero e i valori del nostro grande filosofo.

Caro Aldo, cercheremo di essere degni delle tue parole. Grazie di tutto… e che ti sia lieve la terra …


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