Ahimè, torna il Coronavirus: torna la voce del poeta

Lo stato di disperazione rassegnata, ch’è l’ultimo passo dell’uomo sensibile, ed il finale sepolcro della sua sensibilità de’ suoi piaceri, e delle sue pene, è tanto mortale alla sensibilità, ed alla poesia …..
e però gli è necessario il poetare nell’atto stesso della sventura…”

Giacomo Leopardi
(da Lo Zibaldone pagg. 2159 -2161).

Ahimè, pensavo proprio, anzi me l’auguravo fortemente, che non si dovesse ritornare a parlare del tremendo Cornovavirus! Ed invece….. ecco che la situazione epidemica non solo in Italia, ma nel resto del mondo, torna ad essere molto più che preoccupante! Speriamo almeno che non si torni al clima
della triste dolorosa nostra passata primavera! Giorni di massima afflizione (qui a Bergamo, dove risiedo, i morti si contavano a centinaia ogni giorno) che mi portarono a questi versi molto dolorosi scritti il 21 di marzo (versi che mi auguravo di non pubblicare mai) dove disperatamente ma inutilmente s’invoca una sana, rigeneratrice primavera. Angoscioso dubbio per un poeta: forse che perfino la Poesia, in questa lunga notte, è voce impotente dinnanzi a tale “disperazione rassegnata”?

Forse non sono un uomo e non so
cosa poter rispondere alla nuvolaglia
nera che mi affianca per via sul mare
dalle terrificanti ombre. Dirò che attendo
che attendo primavera da sempre e che nulla
nulla potrà negarmi la voce che s’alza ogni notte
dal mare come lucido bianco acciaio
sperduto in attesa di smentirsi e di brillare
ancora come da tempo come da sempre
fa il mare all’arrivo della primavera.

Saprò restare lungamente, dormire come chi per lungo
viaggio si abbandona esausto e ricco di promessi sogni.
Niente più niente da chiedere a questa lunga notte,
niente di niente. Come la Poesia.

Antonio Donadio
Bergamo (al tempo di Covid-19), 21.3.2020


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