CAVA DE’ TIRRENI (SA). Centouno candeline per Anna Di Stasi, la nonna che a cento anni ha sconfitto il Covid
I brividi della sua avventura nel racconto della nipote Stefania Lamberti.
Anna Di Stasi (maritata Lamberti) è nata nel gennaio del 1920, in piena pandemia, quando infuriava la spagnola. Le prime poppate le ha fatte con uno slalom tra i virus. Poi, nel settembre 1943, ha dovuto fare un nuovo e ancora più pericoloso slalom tra le bombe. Viveva infatti a Santa Lucia quando, al momento dello sbarco, gli Alleati riempirono la vallata di granate. Immaginando un attacco e vedendo troppo esposta la sua casa, Anna cercò rifugio con la figlia Lina Lamberti (poi diventata professoressa di Lingua) in una casa adiacente, a suo dire più riparata, ma lì erano già in molti e obiettarono che una bambina in quella situazione avrebbe lordato i materassi. Dovette andare altrove… e le bombe caddero proprio su quella casa, uccidendo una decina di persone.
Quindi, nell’autunno del 2020, dopo che a gennaio aveva festeggiato alla grande il suo secolo di vita (vedi foto con il Sindaco e i figli Mimmo, Maria Cristina e Lina, il genero Giovanni Trezza, la nuora Maria Pia Scapolatiello), tra il 2 novembre e il 4 dicembre ha dovuto fare lo slalom più difficile. Ancora una pandemia, quella purtroppo ancora incombente del Covid 19. E una “bomba” diretta del Virus su di lei…
Ma ancora una volta, nonostante l’età, ce l’ha fatta. Grazie alla sua capacità di mantenersi sempre in buona salute, grazie al suo indomito spirito di combattente che l’ha accompagnata per tutto il suo secolo, ma grazie anche e soprattutto all’intervento e all’assistenza degli angeli custodi della Croce Rossa, Presidente Valentino Catino e coordinatrice Gabriella Pisapia in testa, ed all’amorosa presenza e assistenza dei nipoti Stefania Lamberti (figlia di suo figlio Mimmo e di Maria Pia Scapolatiello) e Gino Trezza (figlio proprio della Lina, scampata alle bombe, e di Giovanni Trezza), che, superando la paura del contagio, da avanguardia in campo della sua numerosa famiglia.
Anna Di Stasi ha vinto la sua battaglia ed è diventata un caso, un mirabile esempio di resistenza al flagello pandemico. Ora, pimpante come prima, è tornata a casa, ha trascorso il Natale con i suoi e si accinge a varcare la soglia dei centouno anni, proprio il giorno dell’Epifania. Ma la Befana il dono glielo ha già portato con la guarigione. Quel dono si chiama Solidarietà, Sacrificio, Amore… Vita.
Abbracciandola idealmente e corredando l’abbraccio con una carezza dal sapore metelliano, ripercorriamo con la nipote Stefania la sua vincente e “brividosa” odissea.
Quando e come è cominciata questa “battaglia”?
Tutto cominciò agli inizi di novembre, con una febbricola leggera, di pochissimo superiore ai trentasette gradi, ma tale da insospettirci, anche perché era accompagnata da un leggero affanno e dalla constatazione che Nonna era stata a contatto con una persona poi risultata positiva. Di questi tempi, non si sa mai. Pensammo allora di farle fare un’analisi sierologica, giusto per avere un’idea.
Quindi le faceste fare il prelievo.
Quindi cominciarono i grandi problemi. Bisognava trovare un’infermiere che glielo facesse. Ma in tempi di Covid anche le incombenze più semplici diventano complicate per gli ammalati. Se non è facile trovare un infermiere disposto a venire a casa a fare il prelievo e a seguire il paziente, figuriamoci un badante oppure un idraulico o un altro tipo di artigiano…
Allora cosa decideste?
Dopo vari tentativi andati a vuoto, non trovammo nessuno disposto a venire in casa, così alcuni di noi familiari ci rassegnammo a fare da assistenti, ben consapevoli di correre rischi pesanti per noi e per le nostre famiglie. Ma nonna non poteva certo essere lasciata sola.
Tu sei stata la prima a dovertene occupare?
Sì, è toccato a me ed è stata la svolta decisiva e fortunata. Un caso, un’intuizione ed un gran colpo di fortuna. Non per la mia persona, ma perché, mentre mi stavo recando da lei, dopo aver lasciato la mia famiglia come un soldato che va in guerra, poco prima della casa di Nonna mi sono trovata davanti alla sede della Croce Rossa. Ho deciso di fare l’ultimo tentativo. Sono entrata lì dentro ed ho chiesto aiuto.
E l’hai subito ricevuto?
Sì, ed è stata una vera e propria grazia. La Dea Fortuna ha voluto che in quel momento ci fosse il Presidente, Valentino Catino, il quale ha offerto immediata e massima attenzione, professionale e umana, e si è subito preparato per accompagnarmi a casa della Nonna.
Ma … ci siete andati così, a mani nude, senza precauzioni?
Assolutamente no! Abbiamo dovuto indossare le tute di copertura assoluta. Sembravamo proprio dei marziani! E non dovevamo proprio essere rassicuranti, perché la nonna quando ci ha visti si è assai impressionata e spaventata per la visione, perché odia le mascherate e le mascherine e perché intuiva quello che stava succedendo.
E allora avete fatto finalmente il tampone …
Sì, un tampone rapido, che purtroppo ha confermato tutti i sospetti. Il giorno dopo le è stato fatto anche il tampone molecolare, che ha appurato la positività. E allora, su suggerimento di Valentino e con le indicazioni telefoniche del medico di famiglia, abbiamo cominciato immediatamente la terapia Covid.
Chi materialmente seguiva da vicino le operazioni?
Abbiamo costituito una piccola squadra, che oltre Valentino e gli altri angeli della Croce Rossa comprendeva me e mio cugino Gino Trezza come parenti stretti. Ci siamo occupati di tutte le necessità, ovviamente con il sostegno delle ormai amiche “tute da marziani”.
Come è stato il decorso della malattia?
La prima settimana è continuata la febbricola ai livelli iniziali, ma poi la situazione stava precipitando, a partire dalla seconda settimana. Saturazione scesa a novanta, febbre salita fino a trentotto e mezzo, preoccupante pallore in volto, affanno montante, prostrazione fisica crescente. L’unica cosa che ci confortava era l’autonomia del respiro. Ma la paura e la preoccupazione erano tante.
E lei, come reagiva?
Con la forza e la capacità di sopportazione di sempre. E… trattenendo il respiro, non solo coi polmoni. Così come lo trattenevamo noi familiari, tutti idealmente presenti vicino a lei.
Non avete pensato di portarla in ospedale?
Per il protocollo degli ammalati di Covid, finché il respiro è autonomo, la terapia può essere domiciliare. Ma il periodo era quello del grande balzo in avanti della pandemia anche da noi in Campania. Gli ospedali erano saturi… e poi avevamo non infondati dubbi che in caso di necessità non sarebbe stato facile, soprattutto per una persona dell’età di Nonna, trovare posto in terapia intensiva.
Con molta delicatezza, stai dicendo che avete toccato con mano la durezza della situazione e le difficoltà nascenti dalle inadeguatezze delle strutture ufficiali…
Proprio così, purtroppo. E non era solo un fattore di numeri, ma un grande dramma umano. Io stessa, nei lunghi periodi che trascorrevo alla Croce Rossa, ho avuto modo di ascoltare le telefonate di persone disperate per la difficoltà di ricevere assistenza oppure di trovare il posto per un ricovero. Mi vengono i brividi anche solo a pensarci…
Durante il decorso della malattia di nonna, non vi venivano brividi di paura, oltre che per le condizioni di lei, anche per voi stessi?
Quando sei un soldato e sei nel pieno di un combattimento, sai già che non esisterà un solo momento a rischio zero e non hai nemmeno il tempo mentale per pensare alle paure ed ai brividi.
Perché non ci sono o perché è tutto un brivido sottile diffuso minuto per minuto?
La seconda che hai detto. Ma riuscivamo a farcene condizionare il meno possibile, anche perché ci sentivamo accompagnati e protetti da angeli custodi che sapevano il fatto loro, come è stato dimostrato dl fatto che i volontari della Croce Rossa non hanno subito contagi al loro interno.Ed io, con tanti classici “pizzichi sulla pancia”, dovevo affrontare anche la lontananza da mio figlio e dai miei cari.
Tornando a nonna, quanto è durata la fase acuta della malattia?
Trentatré giorni, dal 2 novembre al 4 dicembre. Negli ultimi tempi la febbre è scesa, le forze sono ritornate, il colore del volto pure. Poi, attraverso l’USCA, i test di verifica. E sono arrivati un grande sospiro di sollievo e la grande liberazione.
Una gioia per tutti e per voi due “combattenti sul campo” il segno di una straordinaria battaglia di vita…
Che non si cancellerà mai… come non si cancellerà mai la gratitudine per Valentino, Gabriella e tutti gli altri angeli della Croce Rossa. Senza quel fortunato incontro del primo giorno, si sarebbe perso del tempo prezioso e… non credo che Nonna, per quanto forte e combattente pure lei, ce l’avrebbe fatta…Ma non si può descrivere l’emozione del “ritorno a casa” da vincitori…
Nel dire così, la voce di Stefania si incrina e lo sguardo si perde nel ricordo… e nel battito del cuore. E rimane in silenzio. Un silenzio che è parola d’Amore, parola della Vita.
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