Alfonso Vitale, un uomo e un artista che lascia un vuoto incolmabile

A metà dicembre del 2019, nel far ritorno a Bergamo dopo alcuni giorni trascorsi nella “mia” Cava, come consuetudine, mi ero affettuosamente salutato con Alfonso con la mente alla primavera dell’anno dopo: quando, ancora una volta, saremmo stati insieme per la presentazione del mio ultimo libro di versi “Il senso vero della neve” che Alfonso aveva impreziosito con un Sua opera originale (ndr vedi foto). Ma poi…il maledetto Covid e questo fulmine che mi ha impietrito. Queste lacrime stanno urlando che non può essere vero che il carissimo amico Alfonso in solo pochi orribili attimi di un afoso luglio ci ha lasciati per sempre. Alfonso Vitale, il pittore come tutti, ma proprio tutti, lo conoscevano e non solo a Cava. Esuberante, sempre pronto al sorriso, a un’amichevole stretta di mano, … Quanto potrei dire, scrivere, di Lui, … ma, ahimè, la mano non ubbidisce vinta da mille emozioni e da un dolore vivo e penetrante. Proprio non ci riesco.

E penso allora che migliore ricordo non possa esserci che ascoltare Lui, Uomo e Artista, in questa mia intervista/presentazione all’ampio catalogo d’arte (Alfonso Vitale nel segno del colore tra disciplina e sperimentazione, Gutenberg Edizioni, 2014) a corredo della Mostra Antologica per i quaranta anni di pittura (1974- 2014) tenutasi a Cava presso il complesso Monumentale S. Maria del Rifugio.

Intervista ad Alfonso Vitale

Sera di ottobre. Un umido ottobre. A Cava non è per niente una novità. Nello studio di Alfonso Vitale in via 25 luglio, mi accoglie un’ampia vecchia poltrona un po’ sgangherata, ma meglio di niente. Intorno decine di tela di un mare di colori, ultimi suoi lavori. Con il 2014, prossimo a venire, saranno quarant’anni di pittura. Per iniziare questa informale chiacchierata, un tocco di buona banalità di sempre: Come passa il tempo………..

Tu molto spesso hai affermato che per te e in te, l’uomo e il tempo sono due costanti inscindibili …..

Io credo che solo vivendo il tempo, si diventi uomo. Ossia per essere uomo, bisogna vivere il tempo. Vivere il tempo significa non solo viverlo con intensità, ma addirittura intervenire, intervenire sulla sua durata, ………

Lo guardo con malcelato stupore. Sorride e continua.

Non prendermi per pazzo. So che non si può intervenire sulla durata del tempo in modo concreto, oggettivo, ma lo si può fare …dal di dentro, ognuno può intervenire sulla “durata del suo tempo….”

Ossia?

Ossia senza restarne mai schiavo sia quando il tempo è scandito da momenti brutti sia dai momenti belli, piacevoli . Specie in questi casi perché è molto facile attaccarsi possessivamente a stati di benessere , di piacere, disposti a qualunque cosa pur di conservare o almeno prolungare tutto ciò. E questo ti rende schiavo.

Credo di aver capito

E questa schiavitù ti allontana dal tempo reale; ti porta in una dimensione irreale in cui tu hai paura di confrontarti con nuove idee, hai paura dell’incerto, del non risaputo prima, hai paura e basta! Questo significa anche invecchiare pur essendo giovani.

E l’arte come può aiutarti? O meglio: l’arte ti ha aiutato in questa lotta?

L’arte può molto. L’ho capito sin da subito, appena ventenne.

Sul muro campeggia una vecchia tela con una scritta: “Uomo, più volte rompi l’equilibrio, più lo ristabilisci, e più sei giovane e più sei libero” Gliela indico …

Ti riferisci a quel periodo della tua vita?

Annuisce. Devi sapere che un giorno dei primi anni ’70, davanti ad una grande tela, accidentalmente squarciata, nel silenzio assoluto del mio studio, iniziai a ascoltare i miei pensieri interagendo con essi: segnando e macchiando quello spazio infinitamente bianco e vuoto. Non so quando tempo sia passato. Alla fine avevo davanti agli occhi quanto ancora si vede lì alla parte.

Pensi di aver toccato, fermato, almeno per un attimo, il tuo sfuggente tempo interiore… ?

Scrolla le spalle.

Penso di sì, o almeno lo spero… Ed è così ogni volta …

La tua pittura viene definita tout court pittura astratta, eppure nei tuoi quadri affiorano qua e là elementi figurativi che fanno storcere il naso ai puristi dell’informale e al tempo stesso non appagano gli amanti del figurativo…. Ci spieghi il perché, a volte, di questa scelta che per taluni è ibrida e forse incomprensibile?

Son felice di questa domanda. Cercherò di spiegarlo. Ogni volta che mi accingo a dipingere, la tela mi appare come un spazio bianco, vuoto ed immenso, più delle stesse dimensioni della tela stessa. E così sono preso dal desiderio di intervenire su di essa, ma al tempo stesso sono assalito dalla paura di intervenire: tracciando anche una semplice retta, una linea, perché con essa avrei disegnato l’archetipo stesso di un frammento, di una forma che “venendo fuori, prendendo vita”, assumerebbe una significazione ben precisa, identificabile da tutti e per sempre. Ma così facendo la “chiuderei” nella sua stessa figurazione, rendendola “schiava” del suo significato.

Ti poni, quindi, l’obiettivo di dare vita, respiro autonomo alle forme,forme aperte, che non siano più significante di qualcosa ma che diventino esse stesse significato, referente di se stesse, perdendo così anche la statica rappresentazione figurativa ?

E’ quello a cui aspiro: la mia pittura non deve mirare alla staticità, a “così e per sempre” come inevitabilmente accadrebbe in un’ opera figurativa e allora, istintivamente, la rompo, la frantumo, la tratteggio tra spazi pieni e vuoti che ridanno movimento, emozione, vita. Allora mi assalgono emozioni forti incontrollabili: i colori si affiancano, si amalgamano, si contrappongono, esplodono in grosse macchie, in grossi spazi. Vanno su e giù cercando contrasto, armonia, equilibrio. Alla fine, credimi, sono esausto.

Quale il tuo rapporto con il territorio, la tua città?

Bello, ma non facile. Si sa che il posto più difficile al mondo dove vivere per un artista è proprio il luogo dove sei nato. Non solo per un pittore, ma anche per un musicista, un poeta….

Interrompo

A volte si vien visti quasi come dei fuori di testa….

Ma in definitiva sono soddisfatto. Ho avuto abbastanza consensi e qualificati, ma anche severe recensioni, diciamo, “accademiche” da chi crede di poter pontificare: la mia parola vale più di un’altra, anzi è l’unica importante e vera.

Questo, lo sai, non si può evitare. C’è sempre chi crede di capire più e meglio di altri…

Si, però io dico che se la critica è positiva, va benissimo, ma se si critica per criticare….quasi per partito preso… non è né giusto né intelligente specie per chi critica.

Devi convenire, però, che anche tra gli artisti c’è chi non è che un mediocre pittore e si crede un Pollok!

Dai, cambiamo discorso….

Come avvenne la nascita de “il cortile- centro d’arte e cultura”, in quei primi anni 70? (*)

Per le nostre ore lontane dalle aule universitarie delle nostre rispettive facoltà, pensammo che fosse necessario confrontarci, ascoltare ed essere ascoltati, noi tra noi e con gli altri fuori da noi. Ma non distanti da noi. Volevamo stringerci attorno ad un sogno.

Un sogno con al centro l’arte. L’arte che parte differenziando e differenziando unisce…

Ci voleva un luogo per riunirsi e fu trovato in un importante palazzo nobiliare del centro. Un valido aiuto, ci venne da uno dei proprietari, lo scultore prof. Franco Lorito, più grande di noi per età, ma giovane dentro come e più di noi. Insostituibile esempio di uomo e di artista. E fu cosi che intorno a me e Massimo De Lista, direttori de “il cortile” si strinsero alcuni giovani artisti tra cui il carissimo amico lo scultore Vincenzo Avagliano. E non solo cavesi.

Cosa si faceva al “Cortile”?

Sorride. Si faceva tardi, a volte molto tardi. Si parlava, ci si confrontava, si sognavano personali e mostre con nomi importanti. Che vennero: Schifani, Mirò, Fiume, Brindisi,… perfino alcune pubblicazioni d’arte,…. ma queste cose tu le sai bene. Un doveroso grazie ancora a te e un ringraziamento caloroso al critico prof. Mario Maiorino, che spesso firmava autorevoli testi critici delle nostre Mostre.

E mentre avevi preso ad insegnare, vennero le tue prime mostre, i primi importanti riconoscimenti ………. Quale i momenti più belli, più esaltanti?

Senza dubbio l’emozione per la mia prima personale al Club Universitario Cavese, poi, ovviamente il Premio Mondadori e l’esperienza didattica/artistica vissuta ad Helsinki …

E ora ti accingi a festeggiare i quarant’anni di pittura con questa Mostra Antologica…quarant’anni di vita, del tuo del nostro tempo….

Ritento, ma non cade nel tranello.

Il tempo? Quale tempo….? Devo ripeterti quanto detto prima?

Lascio lo studio. Ha iniziato a piovere. Non ho l’ombrello. Passo per Corso Principe Amedeo, dinanzi all’abitazione dove ho vissuto per tantissimi anni. E’ buio. Le luci fioche mi rimandano indietro nel tempo (o forse saranno state le nostre chiacchiere di poco fa). Mi butto sotto i portici, come facevo allora: il passo è spedito. Forse incontrerò Mimmi Apicella che mi venderà l’ultimo numero de” Il Castello” o Padre Melloni con cui mi fermerò a discorrere su Dante. Ecco, nella penombra dell’ androne del palazzo, in perenne attesa, il “nostro Cortile”….

Cava dei primi anni ’70. Piccola città dal glorioso passato che ancora riviveva in rivoli culturali, più o meno interessanti. Allora nella nostra città si stampavano, e si leggevano, due, tre periodici: “ Il Castello” dell’Avv. Mimì Apicella, ”Il Pungolo” del notaio Filippo D’0ursi e poi “Il Lavoro Tirreno” del giovanissimo Lucio Barone più altre occasionali pubblicazioni. L’immortale struscio serale dettava i tempi dei giovani e meno giovani, ma l’ozio non era pane appagante per chi avesse voluto “alzare la testa” dalle vetuste arcate. Nessun teatro ufficiale, ahimè, a Cava, eppure c’era – e c’è ancora!- un appassionato compagnia teatrale “Il Piccolo teatro al Borgo” diretto da Mimmo Venditti; il cineforum, presso il Convento di San Francesco con l’annessa Galleria d’arte “Frate Sole” dell’ottimo indimenticato padre Malandrino. Non unica: in via Atenolfi, “Il Portico” del futuro editore prof. Tommaso Avagliano e del maestro Sabato Calvanese. E poi, la prime radio private, più di una, e ben due emittenti televisive “Tele Cava “ e Canale 44” dalla vita brevissima per colpa di un maledetto fulmine.

Cava, sera di un piovoso ottobre del 2013 Antonio Donadio


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