Cava de’ Tirreni (SA). Inaugurata la nuova sede del Museo della Civiltà Contadina: una spettacolare ricostruzione d’ambiente.
Gran festa a Santa Lucia di Cava de’ Tirreni, la mattina di domenica 14 novembre, per l’inaugurazione del nuovo Museo della Civiltà Contadina, collocato dentro la struttura del nascente Centro Pastorale. Dopo la celebrazione dell’Eucaristia, presieduta dall’Arcivescovo Mons. Orazio Soricelli, tutti nel salone ancora vuoto del centro pastorale per festosi saluti e interventi non di rito: oltre a Mons. Soricelli, don Beniamico D’Arco, il Sindaco Vincenzo Servalli, la prof. Lucia Avigliano, l’Architetto progettista, Virginia Lodato (nel nome di Franco).
Era attesissimo, il neonato Museo, concepito oltre vent’anni fa, quando nella Santa Lucia ancora terremotata sembrava pura follia anche solo l’idea. Invece, come ha sottolineato don Beniamino D’Arco, Massimo Fattore di tutto il cammino, la proposta, fatta da Matteo Baldi, diventò il seme di un sogno che, avvalendosi della generosità e dell’entusiasmo di tutta la comunità luciana, è andato piano ma è andato sano, è arrivato lontano e guarda lontano, perché vuole parlare alle nuove e alle future generazioni della vita e dell’importanza dei nostri padri.
Sono questi gli elementi individuati un po’ da tutti gli intervenuti, prima della benedizione e del taglio del nastro. Quindi, passando per un cancelletto e un piccolo androne, finalmente è apparso davnti agli occhi l’emozionato ed emozionante ingresso nel Museo, che si mostra subito come uno spettacolare set cinematografico.
Ci si trova infatti di fronte ad una casa colonica in stile inizio Novecento, con un luminoso cortile d’altri tempi, al cui centro domina la scena un suggestivo albero autunnale. A sinistra, lo sguardo è subito attratto dalla classica ruota dello spago e a destra, su due piani, si sviluppa l’impianto della casa. In basso, la cantina, la dispensa, le sale con gli attrezzi di lavoro ben collocati al loro posto. Al primo piano, salendo per una scala esterna, l’abitazione: la cucina con il tavolo dove si consumavano i modici pasti; i giochi dei bambini, strummolo in testa; lo spazio per i lavori “femminili” di cucitura e tessitura; lo sciuttapanni con la vrasera… Poi,, la “sala del tempio”: la camera da letto, con l’inginocchiatoio, il bacile, la toletta, il rinalo e, per l’occasione, anche un pupetto a dondolare nella culla, mentre al centro troneggia il grande talamo dove si generavano figli in serie, per amore della famiglia ma anche per necessità di forza lavoro, nello stile dell’epoca. Sparse nelle varie sale, le piastrelle con le “storiche” poesie luciane del caro e compianto Franco Lodato, il “vate di Santa Lucia”, che oggi rivive attraverso di loro, attraverso il suo libro di poesie… e anche nella figlia Virginia, in voce, carne e spirito.
Mancano ancora le specifiche didascalie, che saranno presto inserite e integrate, oppure sostituite, da guide vocali automatiche presenti in ogni stanza, ma gli attrezzi, gli oggetti e gli utensili dei nostri padre già parlano da soli. E parleranno anche in futuro, perché ora hanno trovato finalmente la loro “Itaca della memoria”. E diranno tante cose, non solo sul modo di lavorare e produrre, ma anche sulle infinite gocce di sudore che hanno generato quegli ambienti, quegli oggetti, quei cibi. Erano tempi in cui il benessere massimo era sopravvivere senza patemi e basta. Quella che per noi era parente della povertà, per loro era già ricchezza. Comunque, per fortuna erano anche tempi in cui cominciava a muoversi qualche raggio di speranza, tabacco e sviluppo economico generale in testa…
Poi, venne il benessere di cui godiamo tuttora (speriamo che duri…) e che dobbiamo comunque considerare come un privilegio… ma questo Museo ci ricorda proprio che senza quelle gocce di sudore questo benessere non ci sarebbe stato…
Sosteniamo, allora, il nostro Museo. Godiamocelo. E facciamolo parlare. Lo merita: è un ponte tra le generazioni che consegna il passato al presente e crea le radici per il future. E poi, escluso quello dell’Abbazia benedettina, è il primo Museo che nasce in territorio cittadino. E ci sono tante premesse perché non sia l’ultimo, a cominciare da quello dedicato a Mamma Lucia…
Intanto, festeggiamo il nostro Museo luciano… E permettiamoci di sognare con “lui”, quel piccolo grande sogno che finalmente è diventato realtà…
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Nel presentare la nuova realtà del Museo, che apre prospettive importanti di apertura culturale e di immagine “turistica”, ci sembra giusto richiamare il cammino che è stato percorso dal momento che è partita la macchina organizzativa del progetto. Riportiamo perciò uno stralcio da una nota di Lucia Avigliano, scritta nell’estate del 2021, quando la prospettiva di un’apertura imminente della nuova sede è cominciata a diventare una realtà imminente. È una nota significativa anche per il richiamo che lei fa all’elemento umano, determinante per il successo finale dell’iniziativa.
… Quando nel 1997, dopo il terremoto del 1980, fu riaperta al culto la Chiesa parrocchiale di Santa Lucia, fu inaugurato la sede originaria di questo Museo, che è rimasto situato fino al 2021 nel sottotetto della Casa Canonica annessa alla chiesa.
Esso è nato da un’idea e dal continuo interessamento di persone che hanno dedicato il loro tempo e le loro forze alla paziente ricerca e alla raccolta di oggetti e testimonianze, anche fotografiche, della vita e dell’economia di una comunità che si fondava sull’artigianato e sulla cura dei campi.
La lavorazione della corda con la caratteristica “ruota”, la coltivazione del tabacco, attività che impegnavano l’intera famiglia (anche i bambini!) sono ampiamente documentate.
Nel progetto della sede definitiva, che è in via di attuazione, momenti di vita di un tempo saranno resi vivi e animati sotto gli occhi del visitatore, che potrà qui ritrovare le radici e vedere finalmente valorizzato quel patrimonio di cultura che è proprio della nostra gente. Come realizzato nella manifestazione Passeggiando per Santa Lucia, saranno ricreati ambienti domestici e attività lavorative in fase pratica dimostrativa. Il visitatore si troverà di fronte a veri e propri monumenti del lavoro e della vita quotidiana, come si svolgeva nelle nostre campagne (‘u vavillo, il bastone per battere il grano o anche la lana; ‘u vrasiere, pedana di legno all’interno della quale si inseriva il braciere; ‘u civiere, attrezzo di legno per trasportare il letame; ‘u bajalardo, contenitore di legno rettangolare per pigiare l’uva; ‘u sacconte, materasso povero gonfio di “sfoglie”).
Recupero e valorizzazione sono i criteri che hanno animato gli ideatori di questa ricca raccolta, alla quale ha contribuito tutta la popolazione di Santa Lucia. Fra i tanti voglio qui ricordare Franco Lodato, “Papà Cardillo”, come lo ha chiamato Franco Bruno Vitolo nei versi di presentazione al libro sul Museo Museo Arti e Mestieri Civiltà contadina (scritto con Ciro Mannara, Pasquale Di Domenico, Marianna Ferrigno, Franco Bruno Vitolo e la sottoscritta scrivente), uscito nel 2017 quando Franco era appena volato al cielo, dopo essere stato uno dei realizzatori del museo.
Primo fra tutti, Ciro Mannara, da sempre grande cultore e custode delle tradizioni e dell’identità locale e cittadina, merita il giusto riconoscimento per aver ideato e portato avanti il progetto-museo. Insieme a Ciro Mannara, la cui magnanimità è ben nota a tutti i cavesi, e con tanti altri amici, carichi di entusiasmo e buona volontà, Franco Lodato è stato tra gli ideatori del Museo e ha dedicato a questa iniziativa tutto il suo impegno e la sua passione. Il suo declamare i versi che gli sgorgavano dal cuore (e che decorano su apposite piastrelle in ceramica le vie di Santa Lucia e la stessa struttura museale) era parte integrante della visita al Museo. Quando anni fa sono venuta con i bambini del CAI in Erba a visitare questa miniera di oggetti e di ricordi, Franco era lì a guidarci e a recitare i suoi versi commoventi. Ho voluto ricordare Franco Lodato, perché egli ci ha avvicinato al lavoro della gente onesta e con garbo e tanto amore ci ha guidato in avvincenti percorsi della memoria.
E quando la nuova struttura accoglierà la nostra visita, Franco sarà ancora lì, sempre vivo nel nostro ricordo, a guidarci per i luoghi dei nostri padri …
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