LA CASA DEL TIGLIO Poesie di un padre al figlio bambino, ultimo libro di liriche di Antonio Donadio

E’ in uscita in questi giorni, come già riportato in data 13 ottobre u.s. dall’ autorevole sito sulla Poesia del ‘900 , Italian poetry, l’ultimo libro di liriche del poeta Antonio Donadio nonché nostro prezioso curatore di Rubriche di Cultura Poetica. Libro che speriamo, come sempre per precedenti lavori di Donadio, poter presentare, quanto prima, anche qui a Cava.

LA CASA DEL TIGLIO, poesie di un padre al figlio bambino edito da puntoacapo Collezione Letteraria.

Lavoro tematico come si evince dal titolo, una paternità “come categoria dell’anima” come afferma Alessandra Paganardi nella sua ampia e raffinata prefazione di cui, dalla scheda redazionale, pubblichiamo una parte e una lirica:

[ ] La casa del tiglio è la cronaca di un sogno divenuto cura e di una cura fattasi sogno: quello di una paternità che va ben oltre l’aspetto biologico e supera persino quello meramente affettivo. In un’epoca di trattati, manuali, tecnicismi educativi e trasbordanti psicologismi, ecco un libro di poesia che sa presentare al lettore la genitorialità come categoria dell’anima. Una genitorialità che precede il figlio, eppure soltanto in esso matura e s’incarna: proprio come il poeta è certamente tale prima del testo, ma si esprime soltanto in esso e intristisce in sua assenza. [ ] . Non ha genere l’attesa, che si palesa all’apertura del libro in data (non casualmente) di maturo avvento, l’antivigilia di Natale: “Chiudi la porta / al giorno delle lunghe / ombre indiscrete / C’è nell’aria / un’attesa bambina / negli angoli di luce”. E non è inutile ricorda partire da questo inizio, quasi ogni verso sia imbevuto di una profonda religiosità laica, che con il rito ha in comune prima di tutto il mistero, la sacralità e persino il paradosso di quella “giovane cosa così più vecchia di me” che, prima del bambino come essere carnale, è la vita stessa.[ ] La casa del tiglio, in cui il piccolo Daniele vive la sua prima estate, richiama la “casa del nespolo” verghiana, alla quale tuttavia si contrappone come l’aurora al tramonto. Se Verga evoca il capolinea – per quanto arginato dai solidi valori della giovane coppia superstite – di tutto un mondo storico e sociale, Donadio prospetta una continuità generazionale che sa garantire la ricarica vitale: e lo fa proprio grazie alla relazione tra genitore e figlio, un rapporto nuovo, forse ancora non molto sperimentato, che mette continuamente in gioco il poeta e il bambino e che trova la sua perfetta espressione nel verso.[ ] A sublimare ulteriormente il dono interviene la separazione forzata, per motivi di lavoro, del poeta dalla famiglia (lontananza segnata assai fortemente dall’invisibile frattura trasversale tra nord e sud, i distanti luoghi di lavoro dei genitori). Ad ogni ritorno si percepisce la necessità di ricucire lo strappo, di medicare la distanza: come se il tempo passato insieme dovesse valere almeno due volte. In questo libro ogni oggetto, ogni minima traccia o linguaggio della natura (il verso degli animali, le foglie, il riflesso del sole, la neve e la nebbia) ha un forte connotato simbolico: si può forse parlare di “realismo simbolico” o di “simbolismo della concretezza”. Forse anche per questo la cifra poetica di Donadio non è mai, se non assai marginalmente, la narrazione. Coerentemente con l’aspetto sacrale di cui abbiamo parlato, questa poesia annuncia piccole epifanie quotidiane che ripetono il primitivo miracolo della vita incarnata, dell’origine. Il linguaggio è forse più vicino a quello largo e formulare dei salmi, con enjambement avvolgenti, chiuse maestose, versi talora ripetuti e con la presenza di una costante seconda persona singolare, che rinvia al dialogo. [ ] Quando la scrittura, come in questo caso, attinge così direttamente alla vita, somiglia più a un poema ininterrotto che a una serie di episodi staccati.[ ]”

 

Fuochi

E poi vedrai la notte

dalle mille ombre chiare

nuove come quest’anno

che impudico ancora si traveste

di promessa gioia

come un gioco non ancora

tuo. E ti sorriderò

stringendoti al nuovo giorno

e tu gioirai stupito

ai mille fuochi improvvisi.

Buon anno, amore

piccolo tenero fuoco

di un padre terra

senza più fuochi di cielo.

Capodanno 1993


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