Cava de’ Tirreni (SA). Salvatore Fasano: l’angelo dei caduti
Testimonianze e curiosità di chi l’ha conosciuto hanno fatto rivivere al complesso di San Giovanni a Cava de’ Tirreni il Grande Ufficiale.
“Hai respirato un secolo di passioni e speranze, hai sorriso e seminato un bel giardino fiorito, hai abbracciato il sogno di maestro, hai operato nell’interesse comune e sei diventato l’angelo dei caduti”.
Questi versi di Franco Bruno Vitolo declamati poco fa durante la giornata in onore dei cento anni del Grande Ufficiale ai meriti della Repubblica Salvatore Fasano hanno rivelato l’essenza di un uomo mai dimenticato che il 17 aprile avrebbe compito cento anni.
Ad aprire la cerimonia sono stati gli scatti inediti che hanno raccontato i momenti più significativi della sua vita. Ed ecco la prima immagine poco prima che sua madre lo desse alla luce quindi le foto giovanili, l’impegno politico, il suo lavoro di maestro, la lettera aperta con cui chiedeva l’istituzione del Sacrario Militare e l’inaugurazione al cospetto di Mamma Lucia.
“Mio padre aveva un sogno: realizzare un mausoleo bifronte – sottolinea Daniele Fasano – Sarebbe stato unico in Italia. L’immaginava nella chiesa madre del cimitero di Cava. Chiamava “suoi ragazzi” i militari sepolti nel Sacrario Militare. Voleva che i giovani conoscessero le loro storie e che visitassero il Sacrario. Le ultime parole di papà sono state: ringrazia tutti coloro che ho conosciuto. Come famiglia stiamo pensando ad istituire una borsa di studio in sua memoria volta a premiare studenti che svolgano la migliore ricerca su toponomastica e guerra”.
Immensa la commozione in sala quando l’artista Emilio Socci ha donato il quadro che ritrae Salvatore Fasano. “L’ho immaginato sotto l’albero del sapere – annota Emilio Socci – perché da giovane si fermava sotto gli alberi per studiare. Alle sue spalle svetta la piazza cittadina ed in alto c’è un sole nero per rappresentare le mille difficoltà che ha dovuto affrontare durante la sua esistenza”.
“Abbiamo bisogno di tante persone come Salvatore Fasano – sottolinea il sindaco Vincenzo Servalli – ricordo che ogni volta che mi incontrava mi accarezzava”. “Zio Salvatore – dichiara Luciano D’Amato – è stato un grande uomo di pace”. “lo ricordo come uno dei cavesi di maggiore lustro – argomenta Antonio De Caro – l’ho conosciuto negli anni ’70 quando collaboravo con il Giornale di Napoli. Ho ammirato sempre la sua umanità. Tante volte mi invitava a dargli del tu ma io non ci sono mai riuscito”. “Mi ha accompagnata per 30 anni, era un padre, un amico, un professore – chiarisce Beatrice Sparano – È la continuità con Mamma Lucia. È l’altra faccia di un’unica medaglia. Il sogno di Mamma Lucia di ideare un mausoleo è proseguito con Salvatore Fasano”.
“I miei genitori erano i suoi colleghi – dichiara Maria Alfano – l’ho conosciuto da piccola. Raccolgo l’idea di far visitare ai miei studenti il Sacrario”. “Era minuzioso e certosino – continua Carlo De Martino – non lasciava mai nulla al caso”. “Educatori si nasce, non si diventa – dice Ester Senatore – La storia di Salvatore dovrebbe essere raccontata nelle scuole perché ha speso bene la sua vita”. “Era entusiasta della vita – continua Luigi Gravagnuolo – non si arrabbiava mai. Daniele ne ha ereditato la generosità”.
“Era garbato e tenace – sottolinea Raffaele Fiorillo – ha dato i nomi alle strade”. “La sua dote maggiore? La precisione – svela Rita Taglè – Quando arrivava in biblioteca lo sentivamo da lontano. Ha ripreso tre registri sul Segretariato del Popolo”. “Amava la storia – ricorda Isabella Siani – Mi dettava le lettere per i consolati e le ambasciate straniere”.
“Lo zio mi ha insegnato molto” – aggiunge Luigi Fasano. “Ha speso la sua vita per il prossimo – chiarisce Silvia Guarino – aveva la stessa età di mio padre. Era un uomo del grande fare e del poco mostrare”.
“È stato per me un immenso maestro di vita – dichiara Vincenzo Lamberti – mi sono sentito come un suo figlio o un nipote”. “Umanità e cultura – aggiunge Michele Di Lorenzo – l’hanno sempre caratterizzato. Bisognerebbe ricordarlo intitolandogli una strada”.
“La più grande eredità che ci ha lasciato – conclude Armando Lamberti – È la memoria del suo cuore perché la memoria è il suo primo paradiso”.
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