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Il giovedì della Festa di Monte Castello: la Messa dei pistoni e la mangiata più amata. Fotocronaca della mattinata più speciale e più tradizionale

CAVA DE’ TIRRENI (SA). Per i cittadini di Cava de’ Tirreni, da sempre, la giornata sparante, mangiante e socializzante sul Castello è “il” momento clou della Sagra, insieme con la processione serale del Vescovo per la benedizione sulla montagna, in ricordo di quella benedizione del 1656 che secondo la tradizione scongiurò l’avanzata della pestilenza che devastava la Città.

Per tutti i cavesi svegliarsi il giovedì mattina dell’ottava del Corpus Domini al rimbombo degli spari dei pistoni inondanti tutta la vallata è l’annuncio ufficiale e beneaugurante della festa più amata.

Per i protagonisti lassù, al Castello, è un assoluto piacere del cuore… e del corpo.

Quella grande croce che troneggia sulla vallata… Quel capannone sotto il quale il Vescovo celebra la rituale Messa delle otto mattutine davanti ad una folla coloratissima, con in testa le autorità ed i capitani dei gruppi in rigoroso costume da parata… Quei classici suoni del rito che grazie all’altoparlante echeggiano sul monte e rotolano con affettuosa gioiosità per tutta la valle… Quei pistoni in fila davanti alla Chiesetta in attesa di benedizione e già attrezzati per le cariche e gli spari di tutta la giornata… Quel pane della concordia, benedetto e poi distribuito tra i capitani dei gruppi, sotto l’abbraccio del Vescovo Mons. Orazio Soricelli, del Sindaco uscente Marco Galdi, in una delle sue ultime apparizioni pubbliche, del neo Presidente dell’Ente Montecastello, Mario Sparano…. Quel saluto benedicente che dà fine alla cerimonia religiosa ed inizio al rito laico degli spari ed a quello ancora più laico della colazione abboffante, ma saporitissima.

E quei tavoli imbanditi ed arricchiti da paste e fagioli, soppressate, milza, formaggi, fiumi di vino e tanta allegria. E quelle tradizioni di gruppo che sono veri e propri riti d’amore…

Le mitiche soppressate dal mezzo metro ai due metri e mezzo… tutte da guardare, prima ancora che da mangiare…

E poi, la pasta e fagioli del Gruppo che tuttora si riunisce in memoria degli storici trombonieri Andrea Armenante e Alfredo Paolillo, inseparabili in vita e nel ricordo, nella postazione est proprio sotto le mura: una pasta e fagioli ancora oggi preparata alle cinque del mattino dalla carissima signora Caterina D’Amato, moglie di Andrea, ultranovantenne ancora superaccessoriata di amore ed energia. La Super pentola della bontà, insieme con le classiche “melenzane Maradona” sott’olio, preparate secondo la ricetta della suocera Mariuccella ‘a semmentara, è trasportata con senso di affettuosissima e quasi religiosa missione dal figlio Antonio Armenante (uomo di pace, per un giorno conquistato dalla gioia dell’arma pistoniera, ma solo perché non ha proiettili…) e poi distribuita a tutti gli uomini di buon appetito, a cominciare naturalmente da quelli del gruppo, già di per sé benissimo attrezzato con le sue specialità, a cominciare dalla magnifica milza, forte della sua tenera morbidezza, preparata da Carolina, Nostra Signora delle Milze di Castello.

Il tutto, incorniciato sotto il sole limpido e caldo, ma non bollente, della prima estate tra le colline, con il verde che schizza da tutte le parti ed il mare di Vietri che occhieggia sullo sfondo, ai piedi della croce di san Liberatore.

Insomma, come non amare una tradizione del genere? E soprattutto, come non viverla, o non desiderare di viverla almeno una volta nella vita?

Rimane solo un rimpianto: ma perché nei giorni di Castello il castello è aperto e per il resto dell’anno ti saluta solo con un irridente cancello sempre chiuso? (da MV 2013)