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Franco Bruno Vitolo | 31 Marzo, 2022
Salerno. In Provincia e in TV “Nel nome dell’amore”, di Vittorio Pesca: un inno alla Vita, contro l’uomo Caino
È andata più volte in onda nei giorni scorsi sull’emittente Telediocesi la ripresa integrale della presentazione del volume di poesie “Nel nome dell’amore”, decima opera del poeta e scrittore salernitano, di origini cilentane, Vittorio Pesca, per l’occasione illustrata dalla prestigiosa artista Alida De Silva. La manifestazione, svoltasi nella Sala Bottiglieri della Provincia di Salerno, è stata promossa dal Centro Artisti Salernitani, presieduto da Elena Ostrica, presentata da Michele Sessa e dal sottoscritto scrivente e allietata dalle musiche del violinista Felice D’Amico e del pianista Vittorio Bonanno. Oltre alle persone citate, sono intervenuti, a vario titolo di lettura e/o commento, Gina e Marco Pesca, Pina Sozio, Patrizia De Mascellis, Florinda Battiloro, Rosanna e Teresa Rotolo, Antonio e Gerardina Russolillo.
In questo volume c’è l’anima collante dell’intera produzione di Pesca. Nelle sue precedenti raccolte di versi o di prose, pur scegliendo quasi sempre specifici fili conduttori, come le radici di Piano Vetrale, l’esperienza di migrazione, il tempo, la famiglia, i sentimenti, la religione, la pace, li faceva gravitare sempre, in un modo o nell’altro, intorno ad un Sole ben preciso, cioè l’Amore. Perciò questa è la madre di tutte le raccolte, perché, pur conservando le classiche tematiche peschiane, è dedicata esplicitamente proprio all’Amore, ora per descriverlo, ora per cantarlo, ora per deplorarne la mancanza, ora per rimpiangerne la perdita.
Per lui l’Amore è aria, respiro, sapore, colore, è il cordone ombelicale della vita: è occhio dell’anima, chiave del cuore dell’essere umano in dolore. È la cosa più bella e graziosa al mondo, come egli la definisce con quello spirito di francescana semplicità e limpida sensibilità che fa parte del suo DNA.
I suoi versi, come sempre carichi di espressiva immediatezza, partono dal cuore, vengono filtrati dall’esperienza e tornano al cuore con la stessa genuinità con cui erano partiti., perché egli sente nel profondo la magia della vita, che gli addolcisce la rugiada del cuore, con la quale egli tende costantemente ad abbeverarsi.
Per lui comunque l’Amore non è statica contemplazione degli affetti o della bellezza o della natura, ma deve trasformarsi in inesauribile motore di vita, la cui messa in moto il poeta l’affida a quattro fonti cardinali di energia.
La prima è il rapporto con la propria persona: chi ha la forza di amare riesce ad avere fiducia in se stesso, a non avere mai paura per affrontare la vita.
La seconda è il rapporto con le radici della propria identità: per lui, come da sempre,queste si identificano con la famiglia, la terra natia di Piano Vetrale, con i due amatissimi genitori-maestri di vita, con la natura in generale e la campagna in particolare, con i valori che gli hanno trasmesso.
Basti citare al riguardo due delle tante bellissime illustrazioni di Alida De Silva, che ancora una volta ha confermato maestria assoluta del disegno e fantasia, delicatezza e sensibilità nel tocco, tali da generare delle vere e proprie poesie a colori. Ci riferiamo innanzitutto alla copertina, dove simbolo d’amore è Mamma Teresa, con lo sguardo serio della custode e la postura amorevole dell’affetto materno, esaltato dalla presenza di una colomba. Sullo sfondo, campeggia l’albero nodoso e fiorito, segno delle radici e della loro forza. Ed è naturale accoppiare a questa l’immagine emozionata di Papà Luigi, rappresentato con il volto di Vittorio da grande, mentre, affiancato al caro albero di famiglia, con aria amorevole trasmette i suoi insegnamenti a Vittorio bambino, che si abbevera alle sue parole.
La terza fonte di energia è il rapporto con gli altri e col mondo. Senza Amore non si può costruire e vivere la Pace, che fa parte del cuore, del perdono dell’altro e del tuo nemico peggiore. Senza la Pace nel cuore nasce l’uomo Caino, si scatena l’egoismo perenne in questo mondo, si perde la bussola del cuore. E scattano le guerre, le distruzioni, la devastazione dell’ambiente, le morti di quei teneri e innocenti batuffoli di vita che sono i bambini…
La quarta fonte è la tensione verso il cielo, verso il Signore e qusnto di divino ci circonda ed è in noi. Il poeta innalza costantemente un inno alla forza potente di Nostro Signore, che per lui è sorgente imprescindibile di calore, di gioia e di amore; è la nostra vita, la nostra morte e in suo nome la vita è sacra e come sacra deve essere vissuta,
Pesca crea un movimento che parte dall’io per giungere fino a Dio, attraverso un cammino colorato che si chiama Vita, a cui egli non manca di innalzare inni anche attraverso l’emozione del colore: ora l’autunno rosa, azzurro e oro, ora l’Amore del verde, ora il connubio tra natura e persona (Amo la rosa, la sua bocca rossa, le sue labbra di sposa”… ) e così via.
Tanto colore, insomma… e non a caso colore fa rima con amore… e il colore dell’amore è la garanzia più grande per dipingere un mondo migliore…
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redazione | 25 Gennaio, 2014
CAVA DE’ TIRRENI (SA). La conquista dell’Arte tra sogni e realtà. Presentato al Marte il libro “Volevo diventare Picasso”, di Luca Scornaienchi
Si può rinunciare alle sirene di Milano, Londra, Berlino, e cercare di costruire qualcosa in casa propria? Forse sì, ma…andiamo con ordine.
Venerdì 10 gennaio, ore 19,30: al Marte di Cava de’ Tirreni presentazione del libro Volevo diventare Picasso, di Luca Scornaienchi.
Partecipano all’incontro, come relatori, il giovane artista Andreas Zampella, il prof. Giuseppe De Nardo, scrittore emerito di storie di Dylan Dog, e l’esperta d’arte Carla Rossetti. Legge brani del libro Niccolò Farina.
È presente un pubblico numeroso e attento, disponibile al dibattito.
Il libro è il racconto, ora lieve ora ironico, ora amaro, degli incontri di Luca nell’attività che si è scelto: organizzatore di eventi culturali e di manifestazioni di vario genere, per e con il patrocinio della Provincia di Cosenza.
Pittore per vocazione, cultore appassionato di musica e fumetti, Luca ha voluto caparbiamente restare nella sua terra, ha riunito intono a sé un ristretto gruppo di amici e con tenace fantasia è riuscito negli anni a traghettare a Cosenza musicisti, cantanti, artisti, disegnatori e scrittori, inserendo la loro venuta in un contesto di manifestazioni legate da un lato alla genialità degli ospiti e dall’altro alla realtà di Cosenza, dove confluiscono i due fiumi che hanno portato via il tesoro di Alarico.
Luca racconta degli sforzi fatti per evitare ingerenze malavitose e compromessi di ogni specie, della scelta di puntare solo su fondi europei per le diverse attività, della lotta contro il tempo per garantire la fattibilità dei progetti e con empatia e ironia insieme rievoca volentieri episodi che riguardano gli artisti.
È proprio sull’arte che si accende il dibattito: Andreas, che condivide la scelta di Luca di cercare di non staccarsi dalle proprie radici, parla dell’irrinunciabilità della vocazione artistica; il professor De Nardo parla della fatica dello scrivere.
Molti gli interventi degli spettatori, applaudite le risposte del protagonista.
La calda simpatia con cui il pubblico circonda alla fine il giovane scrittore è la misura di una serata ben riuscita.
(Alfredo Della Corte)
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