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Franco Bruno Vitolo | 13 Aprile, 2016
Nuove intitolazioni di luoghi pubblici: una strada a San Cesareo per Pasquale Capone, eroe di guerra, e una villetta per Giorgio Lisi, docente, giornalista, umanista
CAVA DE’ TIRRENI (SA). Dopo i tributi toponomastici resi a Benedetto Gravagnuolo (il viale che costeggia il Trincerone), a Gaetano Avigliano (la piazza della stazione ferroviaria), a Maria Casaburi (una strada nuova di San Cesareo), è andata in porto laterza puntata della serie di cerimonie, convegni e scoprimento delle lapidi in attuazione delle delibere stabilite fin dal novembre 2014, nell’ultimo periodo della sindacatura di Marco Galdi, dalla Commissione Toponomastica, guidata dall’architetto Alberto Barone.
“In scena” Giorgio Lisi e Pasquale Capone: un insegnante umanista e giornalista e un eroe di guerra, due cavesi non “doc”, ma come se lo fossero, due cittadini capaci nel corso della loro vita di guardare ben oltre il loro ombelico, due personaggi che hanno saputo lasciare un segno fecondo,
La commemorazione, ricca di ricordi batticuore e di finestre sulla storia cittadina e nazionale, è avvenuta sabato 2 aprile 2016 nella bellissima Sala di Rappresentanza del Comune. Al prof. Giorgio Lisi è stata intestata la villetta nello slargo tra via Ragone e via Sala, vicina alla sua abitazione; al Maggiore dell’Esercito Pasquale Caponeuna strada nuova nella zona residenziale di San Cesareo, vicina alla sua casa di Castagneto ed al luogo dove egli fu giustiziato dai Tedeschi.
Pasquale Capone (Salerno 1896 – Cava de’ Tirreni 1943), dopo aver partecipato alla Prima Guerra Mondiale come ufficiale di complemento, partecipò come capitano di artiglieria alla Seconda Guerra Mondiale, combattendo in Africa. Per malattia fu rimpatriato e collocato in aspettativa col grado di Maggiore, nel 1941. Si ritirò nella sua casa di Castagneto a Cava e qui nel 1943, dopo lo sbarco degli Alleati, avvenne l’episodio che lo ha consacrato alla storia e gli ha fatto guadagnare la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Avendo infatti visto dalle finestre dell’abitazione un gruppo di civili arrestati da un drappello tedesco e, prevedendo che si stesse preparando un’esecuzione di massa, scompaginò la situazione non esitando ad aprire il fuoco, con armi proprie, contro i soldati nemici. Questi reagirono e attaccarono la casa, uccidendo il padre di Capone, che lo aveva aiutato nell’attacco, e, davanti agli occhi atterriti del figlioletto, trascinarono fuori il Maggiore passandolo per le armi.
Giorgio Lisi (Locorotondo 1914 – Cava de’ Tirreni 1979), nato in Puglia e laureatosi in Lettere a Napoli, durante la fase finale della Seconda Guerra Mondiale si rifugiò con la famiglia a Cava da Napoli e qui rimase fino alla prematura scomparsa, avvenuta all’improvviso solo due anni dopo quella della consorte Adalgisa: una morte forse inconsciamente cercata e indotta dal dolore insopportabile della perdita del “cemento amato” della sua vita e dei suoi sei figli. Fu appassionato educatore (insegnante di materie letterarie presso il Liceo “Marco Galdi” ed in precedenza presso i Licei di Nocera Inferiore e Amalfi), sagace giornalista (corrispondente dei quotidiani Roma e Napoli notte, collaboratore incisivo e stimolante dei periodici Il Pungolo e Il Castello, conduttore di una trasmissione di attualità su Radio Cava Centrale), elegante poeta (varie sue liriche furono pubblicate da Il Castello), attivo motore della vita culturale, sociale e politica cavese (consigliere comunale, coinvolgente conferenziere, studioso appassionato di Dante, coideatore della Lectura Dantis Metelliana, cofondatore del Social Tennis). Ha lasciato interessanti saggi letterari, tra cui ricordiamo: 1876 – La Sinistra al potere, Tasso e Galilei, Il “Sacrificio” di Ulisse, Introduzione allo studio del Verismo, Benedetto Croce nel centenario della nascita.
Numerose le personalità intervenute sia alla cerimonia in Comune sia allo scoprimento della targa.
L’Avvocato Giovanni Del Vecchio, Consigliere Comunale Delegato alla Cultura, che ha ufficialmente rappresentato il Sindaco Vincenzo Servalli, ha manifestato il suo compiacimento per la presenza nella storia cittadina di due personalità portatrici di valori alti e formativi e si è fatto espressione del giusto e affettuoso orgoglio della comunità cittadina di oggi per la qualità ed il prestigio di due cavesi acquisiti ed ammirati.
Sulla stessa linea si è posto l’ex Sindaco Marco Galdi, sotto la cui Amministrazione è stato concesso l’alto onore e che con affettuosa soddisfazione ha rimarcato il valore della scelta e l’importanza civica di una linea valoriale di continuità abbracciata dal suo successore.
Attraverso un breve e significativo messaggio, presentato dal figlio Dott. Daniele, il prof. Salvatore Fasano, storico Presidente della Commissione Toponomastica che per un ventennio ha dato nomi e volti alle strade e ai luoghi pubblici cittadini, nell’esprimere il proprio compiacimento per la realizzazione della cerimonia, ha giustamente ricordato che essa giunge al termine di un lungo cammino, essendo stata formulata la prima proposta di intitolazione relativa a Pasquale Capone circa venti anni fa, e che entrambi figurano tra le proposte inserite nel libro “Le strade di Cava – Toponomastica storica”, realizzato da lui stesso insieme con altri quattro coautori.
Alberto Barone, Presidente della Commissione Toponomastica uscente (che, detto per inciso, è stata magnificamente supportata dalla segretaria Marisa Zenna), dopo aver evidenziato con sintetica e comunicativa chiarezza la linea della Commissione aperta a personaggi significativi, moderni e di vario settore ed appartenenza, ha tracciato un esauriente profilo biografico dei due personaggi, sottolineando il valore della scelta. Nel caso di oggi, entrambi i personaggi non sono cavesi di nascita, eppure la città si riconosce in loro e nelle loro azioni.
Di Pasquale Capone, Alberto Barone ha detto che egli “ha donato alla nostra città la forza di un gesto che, se definissi eroico sarebbe riduttivo: gli eroi appartengono al mondo dei miti, elementi immaginari di congiunzione tra il monde degli uomini e quello degli dei.
Mi piace pensare a Pasquale Capone come uomo vero e reale: il coraggioso non è il temerario, lo sconsiderato, l’avventato, piuttosto colui che si impegna, lotta e combatte con la forza delle proprie convinzioni e dei valori in cui crede. La sua è una vicenda umana che va ben oltre i limiti temporali e che invece conferma la propria tragica attualità. Da una parte la ferocia della violenza espressa con il fragore delle armi, o nascosta nel corpo di un kamikaze, nel dramma di un gommone alla deriva, nella profanazione dei luoghi d’arte e di natura; dall’altra il sacrificio che per il solo fatto di essere accaduto, opponendosi alla logica del male lo riscatta ripristinando quei valori sacri ed inviolabili della libertà e della vita umana, intorno ai quali una comunità si riconosce e costruisce sé stessa.
Di Giorgio Lisi, ha ricordato la pungente sagacia giornalistica, l’alto profilo culturale, l’incisività della presenza didattica, la sensibilità poetica ed umana, il senso di partecipazione viva ed attiva alla vita della Città sia a livello istituzionale sia nell’humus della piazza e della vita quotidiana. E non ha mancato di ricordare affettuosamente la figlia Armida, Direttrice dell’Università della Terza Età cittadina, presentatrice dell’originaria domanda di intitolazione e scomparsa giusto un mese prima della cerimonia, e di salutare la nipote, arch. Adalgisa Sammarco, che ha rinfrescato e sollecitato la richiesta nel corso del 2014.
Lo storico di Cava Massimo Buchicchio, dopo aver ripercorso i momenti drammatici di quei giorni non solo nel nostro territorio ma in tutta Italia, ha descritto quasi al rallentatore l’arresto dei civili, la sparatoria di Capone e la successiva esecuzione, con il dichiarato intento di inserire l’episodio nel più vasto contesto storico nazionale e di valorizzarlo non come un semplice “fatto di guerra”, ma come uno dei primi nobili e lodevoli esempi della Resistenza contro il nazifascismo, che poi porterà alla Liberazione ed alla nascita della nuova Italia, democratica e repubblicana.
Il senso del dovere, la forza della reazione, il coraggio dell’azione, lo spirito “per sempre” della divisa: questi i valori umani e militari di alto profilo emersi in parole chiare ed incisive nel successivo intervento, tenuto dal Tenente Colonnello GennaroTroise, che ha rappresentato e “raccontato” la Caserma di Persano dell’VIII Reggimento di Artiglieria, dedicata proprio all’eroico Maggiore Pasquale Capone, ex Artigliere.
Dopo un significativo saluto del Vice Presidente della Provincia, Sabato Tenore, a testimonianza della portata della manifestazione, è stato il turno dello scrivente, Franco Bruno Vitolo, che ha fatto anche da conduttore dell’intera manifestazione. Tratteggiando la figura del prof. Giorgio Lisi dalla doppia ottica giornalistica e familiare (il fratello Carmine era il genero del professore), è risalito al rapporto incancellabile con la sua terra ed alle lontane radici contadine. Queste sono state del resto ricordate anche in una toccante poesia di Lisi letta in apertura di giornata, in cui egli rievoca le scarpe rotte e la cartella di legno che lo accompagnavano agli inizi del suo cammino di studi, realizzato in seminario, come allora si confaceva ai giovani capaci ma non in grado di sostenersi da soli.
Il relatore ha quindi ripercorso la sua storia umana e sociale, rimarcando, oltre alle informazioni sopracitate, qualche aspetto particolare. Ad esempio, l’attualità sempre viva dei suoi quaderni di doglianza mensili sul Pungolo, l’onestà intellettuale del suo pensiero politico, dato che, pur da convinto sostenitore della Destra, fu sempre rispettoso dei “politicamente diversi” e non esitò a dare il suo voto altrove quando ne apprezzava il voto o l’opportunità. E le tre P del suo essere docente: la Persona da rispettare nell’alunno, la Passione da vivere e trasmettere rispetto agli argomenti studiati, l’autonomia della Personalità, da conservare rispetto a chiunque, a cominciare dall’autorità, fosse anche il Preside… Infine ha tracciato un profilo del suo amare la famiglia, vivere per la famiglia, farsi famiglia: severo e presente, austero e autorevole, non sempre accessibile, ma sempre garanzia di affettuosità. E innamorato di sua moglie, al punto da non sopportare più di viverne senza e da averla “raggiunta” molto presto per un malore naturale ma forse “desiderato”. Sarebbe stato felice di essere come i mitici Filemone e Bauci, i due anziani coniugi che chiesero agli dei la grazia di andarsene insieme…
L’avv. Luciano D’Amato, uno degli ultimi allievi di Lisi, ha innalzato un affettuoso canto di gratitudine, a nome anche dei suoi compagni oggi tutti affermati professionisti, con un intervento intenso, sincero e partecipato, oltre che arricchito dall’ostentazione di un libro autografato, datogli in dono dal prof. Giorgio in persona con una benaugurante dedica di viatico verso un luminoso avvenire.
Sulle prime ci sembrò accigliato, burbero, distaccato. Direi quasi che nel mio immaginario incarnasse uno dei personaggi danteschi che tentava di illustrare nel loro spessore, nel loro significato a noi sedicenni, ricchi di grandi idee, speranze ma anche di ormoni tardoestivi…. Era forse un po’ stanco di una lunga carriera, ma diede, ritengo, ancora una volta il meglio di sé.
La sua passione per Alighieri traspariva intensamente, soprattutto nelle sue dissertazioni circa i motivi riportati in ogni singolo canto. E nella mia mente è rimasta impressa, con un ricordo nitido, la sua analisi dell’ invettiva della Capraia e della Gorgona. Quando tornai a casa, ne parlai, ancora affascinato, con i miei genitori. Mia madre, che è di origini lucchesi, ricordava bene fatti e cose, e, visto come ero stato colpito, mi disse: “Bravo certamente chi l’ ha scritto ma ancor più bravo chi te l’ha fatto apparire così bello…”
Per rendere il giusto onore ad un concittadino così prestigioso, è venuta direttamente dalla sua natia Locorotondo una delegazione ufficiale, guidata dall’Ass. Michele De Giuseppe, che, con sorridente e affettuosa bonomia, oltre a promettere altre azioni in loco di recupero della figura di Lisi, ha comunicato l’orgoglio di tutta la sua comunità ed ha fatto riferimento alla pugliesità identitaria, che non fa perdere mai ad un concittadino il rapporto con la sua terra e le sue origini.
Una pugliesità, di cui Giorgio Lisi andava fiero e che riusciva magnificamente a coniugare con la cavesità, in un mix di valori solidi e rigore morale che ha lasciato una profonda traccia, soprattutto nella sua numerosa famiglia, che ancora oggi “odora di babbo, di nonno, di Giorgio”. Lo si è visto anche nel momento finale del convegno, quando sul telone bianco dello schermo in sala, commentate con calore dalla nipote Adalgisa, si sono susseguite le foto personali e quelle di uomo pubblico, in famiglia, con gli alunni, con personalità come Eugenio Abbro, Daniele Caiazza, Domenica Apicella, l’Abate della Badia, Domenico Rea, Giuseppe Prezzolini. Un emozionato percorso, al quale hanno partecipato con gli occhi e col cuore anche le figlie Marussia, Brunella e Floriana, i tanti nipoti, compreso il delizioso new entry Michelino, e gli altri parenti ed amici, di cui alcuni venuti anche da fuori Regione. E, a modo loro,”hanno partecipato” anche Armida e Franco, scomparsi negli ultimi tre mesi, assenze presenti in un’occasione dolcemente desiderata per anni. E con loro Nino… e Arturo… e non solo…
Un momento caldo e ricco, come del resto è stato quello delle immagini rievocative di Pasquale Capone, commentate dalla nipote Paola e, medaglia d’oro in bella mostra, dal nipote suo omonimo, figlio proprio di quel ragazzino che assistette impotente alla tragedia dell’arresto del padre prima dell’esecuzione. Una vita segnata da quell’episodio, non digeribile facilmente ma tale da lasciare una luminosa scia di valore civico e morale.
Alla fine, tutti insieme allo scoprimento delle lapidi, dove l’aria si è impregnata del calore degli applausi e dell’emozione dei ricordi, trasformandosi in un ideale e generale abbraccio tra i presenti.
È bello per tutti, sapere che tali persone ci sono state …
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